Marche, sfida Meloni-Schlein nell’Ohio d’Italia. Ricci: «La premier? Come il sindaco Lauro»

Infrastrutture, zona economica speciale sfoderata ad hoc, organismi nuovi di zecca, l’elenco di promesse del governo Meloni per le Marche si allunga ora dopo ora. «Con la Zes e le altre marchette elettorali Meloni e Acquaroli sembrano il sindaco di Napoli, Achille Lauro, che dava una scarpa prima del voto e l’altra dopo», dice a Domani il candidato del campo largo alle regionali nelle Marche, Matteo Ricci. Lo stile meloniano è del resto collaudato: invece di una faticosa campagna elettorale porta a porta, meglio una campagna “euro su euro” con promesse di generosi investimenti sul territorio da parte del governo. Era accaduto in Abruzzo, con Marco Marsilio, si sta ripetendo in versione potenziata nelle Marche dove il 28-29 settembre sono in programma le elezioni regionali per spingere alla riconferma del presidente uscente, il meloniano di ferro Francesco Acquaroli. La sfida è cruciale per Giorgia Meloni e per i suoi Fratelli d’Italia: vietato sbagliare. Tanto che la premier, dal palco di Ancona, ha sventagliato la solita propaganda sui risultati economici e sull’unità della coalizione: «La sinistra non azzecca previsioni da qualche decennio, ad esempio dicendo che il governo Meloni sarebbe caduto dopo qualche mese. Ora siamo il quarto governo più longevo su 68 governi». Tra smorfie e toni scimmiottati, hanno fatto capolino due grandi classici della retorica patriota: «Non sono ricattabile» e il vittimismo «nessuna come la sottoscritta è oggetto di discorsi di odio». Casa per casa: Ricci a caccia degli astenuti Voto nazionale La temperatura alta è sintomo di una competizione politicamente importante. Le Marche valgono molto di più di una semplice regione. Sono diventate il baricentro della politica italiana, il cosiddetto Ohio d’Italia, in grado di spostare gli equilibri per i prossimi mesi, anche perché è l’unico voto realmente in bilico della tornata delle regionali di autunno. Se vince il centrosinistra con Ricci scatterà un mini sorpasso rispetto allo scenario di partenza. Se Francesco Acquaroli dovesse strappare la riconferma, il centrodestra potrà rivendicare la tenuta. Dunque, a dieci giorni dal voto il clima è già quello dello sprint degli ultimi metri. Due palchi, uno ad Ancona a sostegno di Acquaroli, l’altro a Pesaro per spingere Ricci, a sfidarsi a distanza con i leader nazionali presenti in massa. Con la segreteria del Pd, Elly Schlein, che ha attaccato: «Dopo 5 anni di Meloni e Acquaroli hanno fatto solo promesse vuote, come se in questi 5 anni non fossero stati loro a governare le Marche». In mezzo, dunque, non ci sono solo le questioni locali nel confronto. La battaglia si è giocata su altri sfronti: la manovra economica, la geopolitica, con la strage di Gaza che non può essere ignorata, la riforma della giustizia, e l’omicidio di Charlie Kirk, per cui Matteo Salvini dal palco di Ancona ha chiesto un minuto di raccoglimento in chiusura del suo intervento, mentre Ricci ha annunciato che in caso di vittoria proporrà subito l’odg per il riconoscimento dello stato di Palestina. Nelle Marche la sanità è vicina al collasso, ma Meloni parla d’altro Pioggia di soldi Ma la soluzione per vincere è la moneta. E il governo non sta andando per il sottile: usa tutta la forza persuasiva del potere per provare a drenare consensi nella sfida contro il candidato del centrosinistra Ricci. Insomma, la strategia è diretta: se viene scelto Acquaroli c’è la consapevolezza di avere palazzo Chigi alle spalle almeno fino al 2027. La Zes, in questo senso, rappresenta la stella polare. «Serve per far risorgere la nostra economia», ha ammesso Acquaroli durante il comizio. Suscitando la reazione di Ricci: «Basta andare a Roma a prendere ordini, a dire sì signora, si deve andare a Roma a difendere i marchigiani». E non c’è solo la Zes per le Marche. Altrettanto clamoroso è lo stanziamento, riferito da Repubblica, di 60 milioni di euro per due diversi progetti: il completamento di un ospedale ad Ancona e il finanziamento del collegamento stradale Macerata-Villa Potenza. La delibera, già vagliata dal Dipartimento per le politiche di coesione e il Sud, potrebbe ottenere il via libera da Cipess pochi giorni prima delle elezioni nelle Marche. A chiudere il cerchio c’è l’esame in commissione Ambiente alla Camera per l’istituzione del parco nazionale del Conero, oggi riconosciuto solo parco regionale. Sarebbe una spinta in termini di immagine e anche di risorse economiche: con una dotazione di 2,2 milioni di euro all’anno, a partire dal 2027. La proposta è condivisa con le opposizioni, ma ha trovato un’accelerazione proprio in prossimità della scadenza elettorale. Prima il leader, poi i territori. Così primeggiano i cacicchi