«Il governo Meloni non è populista, ma è cinico. E finora non ha fatto riforme». E c’è grande delusione verso chi nella Lega, come «Giorgetti e Zaia che hanno accettato la linea di Salvini per opportunismo». Mentre la destra post missina «è sempre la stessa». Oggi «solo Forza Italia può essere un baluardo contro i populismi».

Elio Vito, ex capogruppo alla Camera di Forza Italia ed ex ministri per i Rapporti con il parlamento, esprime un giudizio tranchant sull’esecutivo e su quello che è stato il suo partito dal 1994 fino al 2022. Stamattina presenterà in anteprima a Montecitorio il suo libro Quel che so di loro (in uscita l’11 aprile) con tre ex presidenti della Camera come relatori: Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Luciano Violante.

«Li ringrazio molto», dice in questa intervista che prende spunto dai fatti raccontati nel libro, dai radicali di Pannella fino alla parabola di Silvio Berlusconi. Con una precisazione che tiene a fare: «Non è vero che abbiamo votato che Ruby era la nipote di Mubarak. Quello era la narrazione del populismo e ha indebolito il parlamento, non Berlusconi». Ma i temi si agganciano all’attualità.

Come è cambiato il parlamento dagli esordi negli anni Novanta fino all’ultima esperienza?
«C’è stato un cambiamento in peggio per responsabilità dei partiti. Prima si lavorava molto di più, c’erano meno decreti e voti di fiducia rispetto a ora. Oggi è stata abolita la terza lettura, che prima erano molto frequenti. Parallelamente c’è stato il degrado dei partiti».

Ma questo svilimento del parlamento è stato innescato anche da Silvio Berlusconi che lei ha sostenuto per gran parte della sua carriera…
«Il berlusconismo ha contribuito a questa situazione, è vero. Aveva fondato un partito-azienda dal nulla, puntando sulla sua leadership. E gli altri partiti gli sono andati dietro: la personalizzazione della politica ha coinvolto quasi tutti i partiti. Hanno inseguito questo tratto di populismo di Berlusconi».

Anche Fratelli d’Italia è figlia del berlusconismo?
«La destra è sempre rimasta la stessa. Non ho visto un’evoluzione dal Msi ad An fino a Fratelli d’Italia. C’è una continuità che rivendicano ed è rappresentata dal simbolo della fiamma. Sono gli unici a mostrare orgogliosamente il loro passato. Anche la Lega di Salvini è molto diversa dalla Lega di Bossi. Ricordo che Fini aveva fatto delle aperture, penso ai diritti, ed è stato escluso dai suoi. Non lo hanno più accettato. Loro vogliono essere sempre gli stessi».
E Forza Italia che è stata la sua casa per anni?
«All’inizio era possibile che un radicale come me potesse diventare capogruppo e ministro. Nell’ultima legislatura non è stato più possibile nonostante abbia fatto solo due rotture: sul sostegno al ddl Zan e sulla presenza in piazza San Giovanni con la Cgil dopo l’assalto di Forza Nuova alla sede del sindacato. Queste iniziative sarebbero state una ricchezza agli esordi».

Invece qual è il ruolo di Forza Italia nel governo Meloni?
«Prima di tutto non è più un partito-azienda, ora è quasi un partito normale. Le uscite della famiglia Berlusconi lasciano indifferenti. Allo stesso tempo Forza Italia rivendica il nome di Berlusconi nel simbolo. Poi c’è un cambiamento nei rapporti con gli alleati. Berlusconi voleva dare la leadership del centrodestra a Salvini. Ma Forza Italia è oggi subalterno a FdI».
C’è una vera possibilità di rottura con la Lega?
«Tajani dice tutti i giorni cose contro i quaquaraquà e contro gli sfasciacarrozze, ma poi ci governa. Dovrebbe andare fino in fondo. In generale vedo tanto l’opportunismo».

Nel libro traccia un parallelo tra il populismo dei 5 stelle e quello di Renzi. Il governo Meloni è populista?
«No, c’è cinismo e non c’è una classe dirigente. E noto, in generale, una certa dose di intolleranza. Vale ancora di più per Forza Italia. Non si tollerano le posizioni divergenti».
L’alleanza reggerà alle tensioni che emergono ogni giorno?
«A me sembra fuffa. Ma la politica non può essere solo opportunismo. Noto che Forza Italia è l’unico partito del Ppe alleato con un partito che è nei Patrioti. In Germania Merz non si allea con l’Afd. Alla fine, sono uniti dal collante del potere ed è la fine della politica».

Intanto in Europa le ali estreme della destra vengono escluse a colpi di sentenze, qual è lo sbocco?
«Il momento è cupo. C’è la tendenza a un partito-Stato. È evidente che le democrazie occidentali europee stanno vivendo una fase di difficoltà. Ma noto un’effervescenza di movimenti e associazioni. Le donne del 25 novembre contro i femminicidi, i pride per i diritti, gli ecologisti, le organizzazioni umanitarie, le associazioni cattoliche sono degli anticorpi. Ma la fatica è quella dei partiti a formare un’offerta politica».
Non vede un’alternativa al governo?
«Non la vedo, né tra i progetti liberali né tra gli altri partiti. Forza Italia potrebbe essere un baluardo contro i populismi. Ma non può fare l’alleanza con Salvini e la destra in Europa se vuole ricoprire questo ruolo. Certo Berlusconi aveva individuato in Salvini un leader, ma avrebbe dovuto seguire un percorso diverso da quello fatto. Doveva entrare nel Ppe. E qui c’è la delusione verso persone che ho conosciuto, Giorgetti, Calderoli, Zaia. Solo per opportunismo accettano questa Lega».

A metà della legislatura, ormai, quale giudizio ha sul governo?
«Grandi risultati non ne ha ottenuti, grandi riforme non ne ha fatte. Meloni è brava a fare propaganda su temi securitari, introducendo nuovi reati. Se la prende con i rave e gli ecologisti. Sventola questa storia dei cpr in Albania, ma molti accordi sono incompatibili con i diritti umani».

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