La mossa era prevista, ma adesso salvo nuove decisioni della Commissione europea è certo: Eni, ha riportato Reuters, aprirà i conti in rubli la settimana prossima, in tempo per i pagamenti di fine mese. La compagnia, contattata da Domani, non ha voluto commentare.

Il Cane a sei zampe avvierà la prossima settimana le procedure amministrative per aprire un conto in rubli presso Gazprombank per pagare il gas russo. La mossa verrà attuata con certezza a meno che le autorità europee non chiariscano che la decisione sia in contrasto con le sanzioni introdotte a seguito della guerra in Ucraina.

A quanto risulta a Domani, anche se Eni ha già un conto presso Gazprombank dovrà aprire un nuovo doppio conto. Nel primo verserà in euro, nel secondo verrà fatta la conversione in rubli. La necessità di aprire i conti che porta avanti Eni, spiega una fonte tecnica, è quella di garantire che i contratti con la compagnia russa del metano Gazprom vengano rispettati, ma anche con i clienti. Infatti Gazprom chiuderebbe i rubinetti se non arrivassero con puntualità.

Eni e Draghi

Il gruppo italiano fino a ora non si è mosso per essere certo di non incappare in sanzioni europee. Il portavoce della presidente Ursula von der Leyen negli scorsi giorni aveva detto che pagare in rubli sarebbe stata una chiara violazione delle sanzioni, nonostante una circolare della Commissione avesse specificato il contrario. Allo stato attuale, senza ulteriori atti formali della Commissione, Eni avvierà le procedure o rischierà di violare i contratti che regolano le forniture russe, secondo una fonte citata da Reuters. Eni è tenuta a regolare le forniture mensili di Gazprom intorno al 20 maggio.

Il presidente del consiglio Mario Draghi, dopo aver incontrato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ha parlato di «zona grigia» ma ripetuto che allo stato attuale i pagamenti saranno effettuati e ricordato che già altre compagnie hanno seguito il nuovo sistema di pagamenti introdotto dal presidente russo Vladimir Putin lo scorso marzo. Finora gli unici paesi che si sono rifiutati sono stati Polonia e Bulgaria, e a entrambi Mosca ha staccato il gas.

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