Dura un’ora il faccia a faccia fra Mario Draghi e Enrico Letta a palazzo Chigi. Ufficialmente l’incontro è stato chiesto dal segretario Pd per anticipare al presidente del Consiglio le prossime proposte dem all’avvio della «fase due» del governo, quella della «ricostruzione», ora che il Piano di rilancio e resilienza è stato varato e inviato a Bruxelles. Il Pd apprezza «la tempistica e i contenuti» del Pnrr e si dichiara pronto ai prossimi passi.

Ma la fase uno del governo non è stata una passeggiata di salute. Il confronto è anche l’occasione per esprimere «l’insoddisfazione» e la «preoccupazione» del Pd per quello che viene definito il «metodo Salvini»: lo stare «dentro e fuori» dal «perimetro delle decisioni di governo». Non è successo solo sulla vicenda del coprifuoco. Nella maggioranza non ci può essere chi porta la croce delle decisioni impopolari e chi soffia sul malcontento. Letta chiede «rispetto dell’impegno comune a sostegno dell’esecutivo»; e al premier di assumere «correttivi». Le proposte del Pd per la «fase due» partono dall’idea di un grande patto sociale sul modello Ciampi nel 1993. Ma bisogna vedere se Salvini vuole essere della partita. La «maggioranza Ursula», quella del centrosinistra con Forza Italia, per ora stenta a nascere.

Nel concreto in aula arriverà un pacchetto di proposte operative su tre temi-cardine: innanzitutto il lavoro, risultato in cima alle preoccupazioni degli iscritti (si è visto nelle risposte al vademecum distribuito nei circoli), da favorire con la detassazione per le nuove attività imprenditoriali e la decontribuzione sulle nuove assunzioni. Un «piano vacanza italiana» sul turismo; e una serie di impegni per i giovani su casa e occupazione. Ancora per loro un piano per il sostegno psicologico a partire dagli emendamenti al dl sostegni.

Ddl Zan, Iv apre alla Lega

Ma il passaggio più delicato del confronto fra i due riguarda il clima nella maggioranza di governo. Dallo ius soli alle ong, alle riaperture, i leader di Pd e Lega si sono pizzicati sin dal primo giorno. Ma ora il conflitto rischia di fare un salto di qualità: la Lega e Forza Italia propongono una commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia. Letta ha anticipato al premier la sua posizione: una proposta del genere è «grave e inaccettabile» finché è in corso la pandemia. Il Pd sarebbe disposto a votarla solo a emergenza conclusa, come peraltro è prassi nella costituzione di commissioni di questo tipo. Per il Pd dovrà essere bicamerale. E la sua «indagine» dovrà partire dalle regioni, anzi dalla Lombardia. La condizione è un dito in un occhio del centrodestra, ma per il Pd è considerata scontata visto che è in quel territorio che si sono verificate le inefficienze più gravi.

Lega e FI hanno proposto la commissione in Senato, per compensare il proprio no alla sfiducia contro il ministro Speranza voluta da Fratelli d’Italia. Lo stesso Silvio Berlusconi ha telefonato a Salvini per assicurare l’appoggio azzurro alla commissione. Il leghista comunque ostenta tranquillità: «Non capisco questa ossessione quotidiana di Letta e del Pd, io non ce l’ho, mi spiace per lui. Non capisco cosa mi contesti, il “metodo Salvini” è fondato sulla concretezza», dice ai cronisti uscendo dal Senato. «Se il Pd vuol fare meno della Lega mi dispiace per lui, noi siamo qua per rimanerci e ottenere dei risultati». A proposito di risultati, Salvini fiuta qualche possibilità per il tentativo di affossare la legge Zan.

Non grazie al testo che oggi la Lega depositerà al Senato, e che si aggiunge agli altri cinque all’ordine del giorno della commissione Giustizia (convocata per domani). Ma perché arriva un aiutino da Italia viva. Matteo Renzi si prepara a rompere il fronte della fermezza sul testo. Lo lascia capire Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità. «Nessun passo indietro», è il proclama. Ma, aggiunge, «non ci si può permettere di spaccare il paese soprattutto su temi che riguardano la dignità della persona. Siamo impegnati a trovare una sintesi». E ancora: «Posizioni ferme di non dialogo non aiutano alla composizione delle posizioni». L’elogio del dialogo è manna dal cielo per le destre. Perché è chiaramente una trappola: l’eventuale modifica della legge costringerà il testo al ritorno alla Camera per la terza lettura.

I tempi si allungherebbero, e aumenterebbero le possibilità di far finire il testo su un binario morto. È un cambio di posizione per Italia viva. Letta punta molto sul ddl Zan. Iv è determinante al Senato. Renzi ha legato il suo nome alle unioni civili (sono state approvate nel 2016 sotto il suo governo). C’è chi racconta che ora non voglia regalare un successo sui diritti a Letta. Per saltare le paludi della commissione Giustizia, dove il presidente Andrea Ostellari annuncia tempi lunghi e Salvini minaccia «moltissime audizioni», i Cinque stelle raccolgono le firme per passare al voto dell’aula. «Il solo chiederlo indica volontà eversiva», avverte il forzista Lucio Malan.

Ultime ore per la capitale

Guai in vista dunque per il segretario. Anche a Roma evapora la possibilità di un candidato forte. Sta per scadere il limite per le candidature alle primarie di Roma. Domani il tavolo del centrosinistra della capitale si riunirà per approvare il regolamento con il numero delle firme necessarie per presentare i nomi. Alla riunione ci saranno gli ambasciatori dell’ex ministro Roberto Gualtieri che prepara il lancio della sua corsa per i prossimi giorni. L’apparato del partito si dispone a sostenerlo. Eppure in città è ripartito l’eterno tramestio su una possibile disponibilità di Nicola Zingaretti. Il presidente della regione Lazio è considerato anche dal Nazareno il favoritissimo per la sfida del Campidoglio, per niente facile per il centrosinistra, anche ora che Guido Bertolaso ha escluso di correre per le destre. Zingaretti ha sempre negato l’intenzione di lasciare la regione. Il dossier amministrative è ancora spalancato nelle mani dell’ex ministro Francesco Boccia, e della segreteria nazionale. Sono le ultime ore, poi la decisione definitiva.

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