Il giorno dopo la bocciatura del referendum sull’eutanasia, il parlamento prova a ridarsi un tono spingendo in avanti, con un sì deciso, la legge sulle “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”. Un sì a larghissima maggioranza, nonostante o forse grazie al voto segreto chiesto da Fratelli d’Italia sui due emendamenti soppressivi di Lega e Forza Italia. Le due forze politiche di maggioranza, pur avendo modificato pesantemente il testo in commissione trattando con Pd e Cinque stelle, per prima cosa hanno provato ad affossarlo. Sconfitte con 126 sì alla soppressione del primo articolo, e cioè all’abbattimento della legge, contro 262 no. Quasi metà della camera era assente, ma i presenti sono bastati per chiudere il primo tempo della partita.

Ma non è un voto che può sanare la ferita della bocciatura del referendum sulla depenalizzazione dell’omicidio del consenziente. «Oggi sul fine vita inizia una discussione su un testo di legge base peggiorativo della situazione attuale, che restringerà le possibilità di accesso all’uso del suicidio», ha detto Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e fra i promotori del quesito.

Lo ha detto durante una conferenza stampa in cui ha rilanciato i suoi dubbi contro la bocciatura del referendum e soprattutto ha accusato il presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato di dire «il falso». 

Cappato ha quindi bocciato il testo della legge che ieri ha iniziato il suo iter a Montecitorio. Anche prima che a fermarlo sia l’aula: visti i numeri ballerini, il no della Lega, di Fratelli d’Italia e di Forza Italia e la libertà di voto lasciata da Italia viva. E se i pericoli non arrivano dalla Camera, arriveranno probabilmente al Senato, dove in molti credono che farà «la fine della legge Zan».

Legge-bandiera

Chi ha raccolto un milione e duecentomila firme sul quesito referendario non è per niente d’accordo con il testo della legge che ha messo insieme il Pd con i Cinque stelle e qualche scampolo di centrodestra, primi firmatari il cattolico dem Alfredo Bazoli e il grillino Nicola Provenza. Una legge che adesso il Pd impugna come una bandiera. Per diverse ragioni. La prima, ma non confessabile, è il sollievo di uno scampato pericolo: se la Consulta non avesse abbattuto il referendum sull’eutanasia, i dem si sarebbero certamente spaccati.

Certo, c’è la «sentenza Cappato/dj Fabo» della Consulta, la 242 del 2019 che chiede al parlamento di legiferare e a cui il parlamento ha obbligo di dar seguito. Ma è una sentenza di tre anni fa. La legge, o meglio il parlamento, ha sonnecchiato per tutta la travagliata legislatura di larghe intese a geometria variabile. Poi dopo l’estate ha improvvisamente ingranato la quarta in commissione. Miracolo dovuto al famoso «stimolo» del referendum: più propriamente al “pericolo” che un quesito molto popolare mettesse ancora più in evidenza le omissioni delle camere.

Per la legge la persona che vuole accedere al suicidio assistito deve essere affetta da una patologia «irreversibile o a prognosi infausta oppure portatrice di una condizione clinica irreversibile, che cagionino sofferenze fisiche e psicologiche che trova assolutamente intollerabili», nonché «essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale». E questo, spiega Riccardo Magi, «già discrimina alcuni malati oncologici, verificheremo se questa discriminazione è costituzionale».

Deve essere «stata preventivamente coinvolta in un percorso di cure palliative», formula fumosa frutto di una mediazione con le destre (mediazione a perdere visto che comunque voteranno no). Il testo, per come esce dalla commissione, non affronta il tema dell’obiezione di coscienza dei medici, che potrebbe di fatto non garantire la possibilità di accedere al diritto, come già accade con l’interruzione di gravidanza. E, sempre secondo Magi, firmatario di una ventina di emendamenti, «non detta tempi certi dalla domanda di accedere al fine vita assistito, al passaggio fra i due medici che devono certificare la condizione del paziente, al parere del Comitato per l’etica clinica territorialmente competente»

Ora il Pd, che non avrebbe potuto dire sì al referendum bocciato, ha fretta di dire che sta comunque dalla parte dei diritti civili, anche in tema di fine vita. In mattinata Enrico Letta ha twittato: «Oggi arriva in aula il testo sul suicidio assistito. Copre il vuoto normativo che sta generando tante situazioni drammatiche. Il testo consente di recuperare tutte le indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale del 2019. È un dovere legiferare in questo campo». Gli ha risposto Matteo Salvini: «Io la penso come il Santo padre. Io sono per la vita e la Lega oggi in Parlamento si comporterà di conseguenza, voterà per la vita». La destra ha scaricato sul testo duecento emendamenti.

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