Il Pd del Lazio ha convocato per sabato a mezzogiorno «cittadini, associazioni e istituzioni» nell’isola di Ventotene, «luogo simbolo della nascita dell’idea di un’Europa unita e democratica». E il segretario regionale Daniele Leodori ha invitato Giorgia Meloni «a partecipare a un momento di riflessione collettiva sui valori europei». Non sarà archiviato, insomma, «l’oltraggio» (copy Pd) della premier al Manifesto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni (giovedì, di nuovo, destra e opposizioni si sono affrontate al Senato). Parola di Federico Fornaro, il deputato – studioso di storia e biografo di Giacomo Matteotti – che mercoledì in aula ha intimato alla premier di «inginocchiarsi» davanti ai tre padri della patria.

Fornaro, la premier dice di essere rimasta «sconvolta» dalla vostra reazione su Spinelli. E vi accusa di essere «nostalgici» e «illiberali». Siete caduti nella sua trappola?

No. Meloni ha in mente un’operazione di riscrittura della storia italiana. E l’attacco al Manifesto di Ventotene era un attacco alla matrice antifascista della Costituzione. Non potevamo non reagire. Anzi, le dico: reagiremo sempre.

Ma che male c’è a citare le frasi con gli intenti socialisti del Manifesto?

Rispondo con Roberto Benigni: a leggere letteralmente la Bibbia, dovremmo metterla in un cassetto e non riaprirla mai. Ogni documento è figlio del momento storico in cui è scritto. Il cuore del Manifesto non è la rivoluzione socialista, ma l’idea che dal disastro della Seconda guerra mondiale si potesse uscire costruendo le condizioni per mettere all’angolo i nazionalismi all’origine della lunga guerra civile europea iniziata nel 1914 e finita nel 1945. Chi non coglie che è un manifesto di libertà e democrazia non ha capito cosa legge.

Per la destra l’attacco agli antifascisti è ormai un “format” che usa ogni volta che non vuole parlare dei guai del governo. E voi «insorgete».

Il tentativo di riscrittura della storia del fascismo è vecchio. Nel 2003 Silvio Berlusconi disse che le persone mandate al confino da Benito Mussolini stavano «in bei posti di villeggiatura». Certo revisionismo prova a dividere il fascismo in due fasi, prima e dopo le leggi razziali, per dire che fino al 1938 Mussolini ha fatto anche cose buone. Serve a una destra che i conti con quell’eredità non li ha fatti fino in fondo. Lo dimostra la fiamma: è nel simbolo del Msi dal 1946, poi in quello di An e ora in quello di FdI. E ogni volta che qualcuno propone di toglierla, come segno di rottura simbolica con quel passato, la risposta è no. Tutti hanno fatto i conti con la loro storia, sono stati consegnati agli storici la falce e martello, il sole nascente, lo scudo crociato, ma la fiamma no. Questo impedisce alla destra di essere una destra liberale ed europea. Mercoledì in aula Meloni si è comportata da leader nazionalpopulista.

Ma è stata abile a far parlare d’altro.

Dovevamo non rispondere all’oltraggio di tre giganti della storia nazionale, macchiettizzati come tre bolscevichi? Non potevamo non reagire «parlamentarmente», mi passi la citazione di Matteotti. Poi Elly Schlein ha denunciato le divisioni della destra sull’Europa e sulle politiche di difesa.

L’antifascismo non porta voti, almeno secondo i sondaggisti.

A giudicare dai messaggi che ho ricevuto non ne sarei così sicuro. In tanti mi hanno scritto che si sono sentiti rappresentati dalla mia reazione in aula, e che si sono commossi come me. Quest’Italia c’è. Ma la questione non è lo scontro fascismo-antifascismo: è il tentativo della destra, che non affonda le sue radici nella Costituzione repubblicana, di far scivolare il paese da un modello liberaldemocratico con pesi e contrappesi e divisione dei poteri, verso un modello di democrazia illiberale, dove chi vince prende tutto.

C’è un edificio del parlamento europeo dedicato ad Altiero Spinelli. Meloni ha attaccato simbolicamente anche le istituzione europee?

Sì, la destra nazionalpopulista ha fra i suoi nemici storici l’Europa e i suoi tratti: no al multilateralismo, sì ai muri. Nel tentativo antistorico di difendersi dalle rivoluzioni in atto: globalizzazione, rivoluzione digitale e i cambiamenti climatici. A cui si può dare una risposta, ma solo nella dimensione continentale.

Sergio Mattarella rende omaggio ai confinati di Ventotene. L’attacco di Meloni è, indirettamente, anche a lui?

I consiglieri di Meloni ne erano consapevoli, è stato un modo per attaccare la Costituzione antifascista senza pronunciare il nome di Mattarella.

Le opposizioni sono insorte all’unisono, ma non basta né la Carta né l’antifascismo a metterle insieme. Ormai anche l’Ue è un tema divisivo.

Ricordo che la coalizione di destra si è presentata unita partendo da due partiti che erano nel governo Draghi e uno all’opposizione. Non sottovaluto il problema della coalizione, ma non vorrei che ci impiccassimo sempre. A destra sono più laici: fanno una competizione interna accesa, come Matteo Salvini contro Meloni, salvo poi trovare le intese. Il centrosinistra troverà una proposta alternativa per il paese, ed è certo che sarà una proposta che passa per la difesa attiva della democrazia.

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