Non si nomina neppure nel titolo. Il suicidio medicalmente assistito scompare nel testo dei relatori Pierantonio Zanettin (FI, per la commissione Giustizia) e Ignazio Zullo (FdI, per la Affari sociali). Al suo posto, un’espressione neutra: «Disposizioni esecutive della sentenza n. 242 del 2019».

Nella giornata in cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni viene ricevuta in Vaticano da papa Leone XIV per la sua prima udienza ufficiale e a sei anni dalla sentenza della Corte costituzionale che ha chiesto al parlamento di legiferare sul tema del fine vita: la maggioranza adotta un testo base che rischia di restringere ancora il perimetro tracciato dalla Consulta.

Dal diritto alla scriminante

Un testo che non apre a un diritto, si limita a una scriminante: come ha spiegato il senatore Zanettin «come ha detto la Corte, si scrimina chi in determinate situazioni, aiuta a suicidarsi». Per l’opposizione si disegna un modello molto circoscritto e sottoposto a un controllo centrale e serrato, con forti limitazioni all’accesso, alla tempistica e soprattutto, separato dal Servizio sanitario nazionale.

Il primo articolo sancisce che «il diritto alla vita è diritto fondamentale della persona in quanto presupposto di tutti i diritti riconosciuti dall’ordinamento. La Repubblica assicura la tutela della vita di ogni persona, senza distinzioni in relazione all’età o alle condizioni di salute o ad ogni altra condizione personale e sociale». Scompare il riferimento alla tutela «dal concepimento alla morte naturale» presente nella prima bozza e contestato per la sua possibile valenza antiabortista dalla senatrice di Alleanza verdi e Sinistra Ilaria Cucchi: «Ma il testo resta un pasticcio», dice. «Dopo mesi e mesi di audizioni, di confronti in Comitato ristretto, nulla è cambiato. Il testo non risponde affatto a quanto chiesto dalla Corte. Si vuole fare una legge per non applicarla».

Ancora l’articolo 1 stabilisce la nullità di atti civili e amministrativi contrari alla tutela della vita: un passaggio pensato per evitare la nascita di strutture private non regolamentate, le cosiddette “cliniche della morte”.

Il secondo articolo introduce una modifica all’articolo 580 del codice penale (istigazione o aiuto al suicidio), prevedendo la non punibilità per chi agevola «l’esecuzione del proposito formatosi in modo libero, autonomo e consapevole» di un soggetto maggiorenne, purché affetto da «patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili» e capace di intendere e volere.

Due i requisiti aggiuntivi: l’inserimento in cure palliative e il mantenimento in vita tramite trattamenti sostitutivi, una formula più restrittiva rispetto a quella indicata dalla Consulta che restringe la platea degli aventi diritto.

Le cure palliative

L’articolo 3 introduce una riforma della legge sulle cure palliative. Le Regioni dovranno garantirne, entro il 2028, l’accesso. Le risorse non spese verranno restituite allo Stato e non potranno essere usate per altre finalità. È previsto un osservatorio presso Agenas: le Regioni dovranno presentare un piano, altrimenti il Governo potrà nominare un commissario.

Scompare il riferimento al “comitato etico”, ma resta un comitato nazionale, composto da sette membri con profili medico-legali e nominati con decreto del presidente del Consiglio. Qui è il senatore Alfredo Bazoli (Pd) a criticare la modalità: «Come possono solo sette persone esaminare tutti i casi? Decidono solo sulla base della lettura delle carte senza neanche fare un colloquio con la persona che chiede l’aiuto al suicidio».

Il comitato avrà sessanta giorni per esprimersi, prorogabili di altri trenta. In caso di rifiuto, il paziente potrà ripresentare la richiesta solo dopo sei mesi (termine ridotto rispetto ai quattro anni della prima bozza), a condizione che nel frattempo siano sopraggiunti i requisiti richiesti.

L’articolo 4 stabilisce che «il personale in servizio, le strumentazioni e i farmaci di cui dispone a qualsiasi titolo il sistema sanitario nazionale non possono essere impiegati» per agevolare il fine vita nei termini stabiliti dalla Consulta. «Chi è in ospedale potrà ricevere il trattamento lì – ha detto Zanettin – ma da parte di un medico che lo eroghi a titolo personale».

«Non è chiaro chi dovrà vigilare sull’applicazione di questa legge se si esclude il sistema sanitario pubblico», dice Cucchi. E anche Bazoli solleva dubbi: «Chi sorveglia le modalità in cui al paziente vengono somministrati i medicinali per l’aiuto al suicidio, garantendo la dignità della persona, garantendo che non ci sia inutile sofferenza? Manca tutta la parte successiva: una volta che il comitato ha detto di sì, cosa deve fare questa persona?».

«Francamente, così, è poco digeribile» ha aggiunto il senatore dem che tuttavia lascia aperta una possibilità per il dialogo. Per Mariolina Castellone (M5s) il testo «presenta tante criticità». La fase emendativa è aperta, il termine per presentare le richieste di modifiche è fissato per martedì 8 luglio alle ore 11. «Siamo pronti a portare a termine il nostro lavoro per la scadenza del 17 luglio», ha spiegato Zullo, facendo riferimento alla data prevista per l'approdo del ddl al Senato. I senatori delle opposizioni che hanno già votato contro l'adozione del testo promettono battaglia. Sembrano soddisfatti, invece, dopo mesi di pressioni i gruppi anti-scelta. Alla vigilia della presentazione del testo, nella chat Pro Vita era comparso un appello: «Il 17 luglio approva in Senato il testo sul Fine Vita. E noi di Pro Vita & Famiglia siamo già in prima linea per dire NO alla #mortediStato». Poi il messaggio è stato cancellato. Un silenzio che suona come un segnale: la mobilitazione non serve più, il testo ha già accolto le richieste della lobby.

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