Il centrodestra punta sulle cure palliative, per la Consulta sono una alternativa rifiutabile. La prossima settimana previsto un testo unitario che scatena la rabbia delle opposizioni. Il nodo del Comitato etico nazionale
Per ora un accordo chiuso sul testo non c’è, ma il nodo di una legge sul fine vita è diventata una priorità per il governo. Con due punti fermi. Il primo, quello di arrivare a un testo entro il 17 luglio, data già fissata dal calendario del Senato per discutere il tema, a partire dai cinque disegni di legge già presentati, tra cui uno del centrodestra a prima firma dell’azzurro Pierantonio Zanettin e una, a prima firma del dem Alfredo Bazoli, sottoscritta dalle istituzioni.
L’intenzione dell’esecutivo è quello di presentare un testo – c’è chi lo immagina blindato – unitario. Il secondo paletto fissato è quello di tenere fermi gli elementi introdotti dalla sentenza costituzionale Cappato, cui aggiungere però le cure palliative. «Il suicidio assistito non esiste», ha detto Antonio Tajani uscendo dal vertice di due giorni fa e incassando il giudizio positivo della Cei sulle cure palliative. Altro per il momento è impossibile da dare per certo.
Al vaglio c’è però anche l’intenzione – sempre proposta da Zanettin – di istituire un Comitato etico nazionale che decida sui singoli casi, i cui membri dovrebbero essere indicati con Decreto del presidente del Consiglio, allontanando così questa funzione dal Servizio sanitario, cui spetterebbe comunque l’organizzazione delle cure palliative. Proprio questo è uno dei punti fondamentali da chiarire: le cure palliative obbligatorie hanno un costo per cui sarà necessario prevedere una voce di spesa.
Per ora dalla maggioranza ci si limita a dire che «una discussione è stata avviata» e dovrebbe trovare un punto di caduta già la settimana prossima con un tentativo di bozza.
Il Comitato ristretto delle commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato, infatti, dovrebbe esaminare un testo proposto dal centrodestra. Del resto, il tempo non è molto e la questione rischia di essere divisiva, con la quota più cattolica e conservatrice (uno dei cui rappresentanti è il sottosegretario Alfredo Mantovano) decisa a restringere il più possibile la finestra delle possibilità previste dalla Consulta e quella più laica e aperta al confronto.
Il caso Pieroni
C’è poi un altro tema, che spiega anche l’accelerazione del governo. Proprio ieri è arrivata la notizia che Daniele Pieroni, scrittore di 64 anni affetto dal morbo di Parkinson dal 2008 e costretto a vivere attaccato a un macchinario per 21 ore al giorno, il 17 maggio scorso ha fatto ricorso alla legge sul suicidio assistito approvata dalla regione Toscana a febbraio 2025.
La legge ha tradotto in pratica, nel sistema sanitario locale, le previsioni dalla sentenza Cappato fissando le procedure secondo i parametri indicati dalla Corte, con tempi e modalità certi per l'accesso al suicidio medicalmente assistito.
Ovvero: la conclusione della procedura per la verifica dei requisiti del malato da parte della commissione multidisciplinare permanente entro 20 giorni dal ricevimento dell'istanza; in caso di esito positivo, le modalità di attuazione del suicidio assistito entro 10 giorni e il supporto tecnico per assumere il farmaco entro 7 giorni. Tutto gratuitamente a carico della sanità regionale.
Così Pieroni «ha potuto scegliere di porre fine alla propria vita, a casa propria in provincia di Siena, beneficiando della sentenza Cappato del 2019 e della legge regionale», ha fatto sapere l’associazione Coscioni. «Il farmaco letale, fa sapere ancora l'associazione, è stato preparato a casa dell'uomo che, assistito volontariamente da due dottoresse e da un medico legale dell'Asl, oltre che dai familiari, se lo è autosomministrato», ha aggiunto in una nota. Quello di Pieroni è il primo caso di «morte volontaria assistita» grazie ad una legge regionale.
Proprio questo solleva però una questione giuridica: dopo la sentenza Cappato, singole regioni hanno preso l’iniziativa di approvare leggi regionali che le diano applicazione nel proprio sistema sanitario e la Toscana è stata la prima. Il governo Meloni, però, la ha impugnata davanti alla Consulta e il giudizio è pendente. Fino a quando i giudici costituzionali non si esprimeranno, la legge rimarrà in vigore, tuttavia sorge il tema della disparità di trattamento dei malati da regione a regione. «La regione Toscana ha avuto il coraggio politico di garantire un diritto già sancito dalla Corte», ha commentato il deputato di Più Europa Riccardo Magi.
Sul punto e come ha argomentato anche nell’impugnazione alla Consulta, il governo è convinto che sul fine vita non possa esserci una competenza regionale. «La legge toscana è stato un atto eversivo», ha commentato il vicecapogruppo di FdI alla Camera, Alfredo Antoniozzi.
Tuttavia, rimane un dato di fatto che dalla sentenza Cappato del 2019 il parlamento sia rimasto inerte. Tanto che anche la regione Veneto governata dalla Lega, nel 2024, si era attivata per approvare anche con l’accordo del governatore Luca Zaia una legge regionale specifica, bocciata però per un solo voto (quello di una consigliera del Pd, che si è astenuta).
Su un solo punto, oggi, maggioranza e opposizione convergono: la necessità di una legge. Pd, M5S e tutte le forze di centrosinistra chiedono però che il testo sia condiviso e discusso in parlamento. Il centrodestra invece ha spostato il dossier a livello governativo e l’accelerazione impressa in questi giorni fa prevedere che la discussione d’aula verrà sacrificata.
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