“I miei hanno sempre pagato le tasse, mio padre era dipendente della mutua, mia madre una super fifona, figurarsi evadere. Non so davvero dirle perché portassero fuori i loro risparmi. Comunque era un conto non operativo da decine di anni. Penso almeno dalla metà degli anni Ottanta”. Il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, ha risposto così a Repubblica in una lunga intervista pubblicata oggi.

La versione del governatore lombardo, tuttavia, è contraddetta dai documenti bancari allegati al fascicolo della voluntary disclosure, lo scudo fiscale per il rientro dei capitali all’estero.

I documenti rivelano che nel 1997 la madre del governatore, Maria Giovanna Brunella, ha aperto il primo conto estero numero 247-683404 e ha affidato al figlio la procura, cioè la delega a operare su quel deposito.

La data è importante: nel 1997 il leghista era da due anni sindaco di Induno Olona, la madre una dentista di 74 anni. Perché, quindi, Fontana ha detto a Repubblica che il conto nei paradisi fiscali dei suoi genitori non era operativo almeno dalla metà degli anni Ottanta se nei documenti ufficiali risulta l’apertura del conto alle soglie del terzo millennio? Soltanto il presidente Fontana potrebbe spiegare questa contraddizione. Ma alle nostre domande inviate tramite l’ufficio stampa non ha risposto.

C’è di più. Nel 2005 il patrimonio presente sul conto aperto otto anni prima, è stato trasferito in un secondo deposito collegato al trust Montmellon valley, con sede a Nassau, la capitale delle Bahamas. Di questo nuovo conto intestato sempre alla madre, Fontana era indicato come erede beneficiario. L’analisi dei flussi finanziari trasferiti da un conto estero all'altro dimostra il contrario di quello che ha dichiarato Fontana a Repubblica: “Non era operativo da almeno gli anni Ottanta”.

Tra il 2009 e il 2013, infatti, c’è vita sul conto che erediterà Fontana. Nel 2009 la cifra depositata è di 4.565.839 milioni, l’anno successivo cresce di 129mila euro. Nel 2011, invece, il deposito è di 4.162.911 milioni: decresce, quindi, di oltre mezzo milione di euro. L’anno successivo viene rimpolpato con 442mila euro. Alla fine del 2013 sul conto giacciono 4.734.478 milioni, quasi 200mila euro in più rispetto al 2009. Cifre comunque inferiori ai 5,3 milioni ereditati da Fontana e regolarizzati nel 2015 con la voluntary disclosure. Rispetto al 2013 mancano 600mila euro rispetto a quelli indicati nella relazione sull’adesione volontaria allo scudo fiscale. Un altro mistero che solo il governatore può chiarire.

Durante questa altalena di movimentazioni bancarie all’estero, Fontana era sindaco di Varese e sua madre, l’intestataria del trust, una ex dentista di novant’anni. Più che un conto morto, “non operativo”, come ha sostenuto Fontana nella sua difesa con Repubblica, sembra al contrario molto vitale. Possibile che l’allora primo cittadino di Varese fosse all’oscuro delle mosse finanziarie della madre novantenne. Oppure ne era a conoscenza? Anche su questa questione Fontana ha preferito non rispondere alle nostre domande.

I documenti bancari restituiscono anche altri dettagli coperti finora dalla riservatezza che avvolge le procedure di adesione volontaria allo scudo fiscale. Procedura che ripulisce i tesoretti dell’evasione fiscale accumulati nei trust, che funzionano da cassaforte finanziaria, sparsi nelle isole dei Caraibi.

Per quanto Fontana sostenga che non si tratta di profitti da evasione, l’Agenzia delle entrate nel fascicolo della procedura di voluntary avviata nel 2015, dopo la morte della madre, ha scritto: “Le violazioni oggetto di emersione sono state commesse nel 2009, 2010, 2011, 2012, 2013”. E aggiunge il motivo della violazione: “Mancato assolvimento degli obblighi di monitoraggio fiscale”.

Le carte ufficiali non mentono. Fontana, avvocato esperto, dovrebbe saperlo.

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