Mentre la politica si interroga sull’opportunità di sciogliere Forza nuova per decreto applicando la legge Scelba, gli inquirenti si stanno muovendo anche in un’altra direzione. In particolare, escludendo il connotato politico che sta polarizzando il dibattito pubblico su cosa sia fascista e cosa no, ma che a livello giuridico è complicato da provare.

Le indagini, infatti, si starebbero concentrando su un’ipotesi di reato che produce lo stesso risultato – lo smantellamento, almeno formale, del movimento di estrema destra – ma sulla base della legge Mancino.

La legge Mancino

Approvata nel 1993, prende il nome dell’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino e punisce singoli atti di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso e l’agevolazione di gruppi e movimenti che hanno tra i loro scopi le medesime finalità. Prescinde quindi dal riferimento al colore politico dell'associazione, ma si concentra sul colpire i reati d’odio.

La legge punisce la persona che commette il reato, ma è applicabile anche ai gruppi, perché prevede lo scioglimento di quelli che diffondono odio razziale o commettono atti di istigazione all’odio. A differenza della legge Scelba, che ha come elemento soggettivo l’esistenza di un gruppo di almeno cinque persone che perseguono «finalità antidemocratiche proprie del partito fascista», e quindi usando la violenza come metodo politico, chiedendo di eliminare le libertà costituzionali e svolgendo propaganda razzista e antidemocratica. Le due leggi, infatti, sono legate da un rapporto di sussidiarietà: la legge Mancino si applica solo nel caso in cui manchino gli elementi specifici per incardinare l’ipotesi di reato nelle previsioni della legge Scelba.

Il percorso investigativo, quindi, è diverso: non guarda a Forza Nuova come gruppo, ma all’insieme di singoli atti dei suoi militanti, che compiono reati d’odio. Questi reati vanno accertati e condannati con sentenza passata in giudicato, poi è necessario dimostrare che chi li ha commessi appartiene a Forza Nuova e in forza di questo scatta la possibilità di scioglimento. Un potere che, però, non spetta direttamente al tribunale ma a un decreto del ministero dell’Interno, previa deliberazione del consiglio dei ministri.

Per questa ragione, le indagini puntano a raccogliere e mettere in fila tutte le azioni durante le quali i militanti di Forza Nuova hanno istigato all’odio ai sensi della legge Mancino. Una volta raccolti diventerebbero lo strumento in mano agli inquirenti per giustificare lo scioglimento di Forza Nuova.

Un pericolo, questo, che è sempre stato avvertito come molto più concreto rispetto a quello rappresentato dalla legge Scelba: dal 1997, infatti, sugli striscioni di Forza Nuova durante gli atti dimostrativi campeggia la richiesta di abrogazione della legge Mancino.

L’abrogazione della legge Mancino è anche una delle battaglie storiche di Matteo Salvini: nel 2014 l’allora Lega Nord aveva iniziato a raccogliere le firme ma senza riuscire ad arrivare alle 500 mila sottoscrizioni per presentare i referendum.

Gli altri casi

Dal 1993 ad oggi, la legge Mancino ha permesso lo scioglimento di tre sigle, tutte di estrema destra: nello stesso anno in cui è entrata in vigore è stato dissolto il Movimento Politico Occidentale, un'organizzazione di estrema destra fondata nel 1984, il cui leader era Maurizio Boccacci, uno dei reduci di Avanguardia Nazionale scolta con la legge Scelba.

Nel 2000, invece, è stato sciolto il Fronte Nazionale, movimento razzista fondato nel 1990 dall’ex membro di Ordine Nuovo Franco Freda. Corsi e ricorsi storici, nel processo a difendere Freda fu l’avvocato Carlo Taormina, oggi impegnato come difensore di Roberto Fiore e Giuliano Castellino di Forza Nuova.

 

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