Vietate le domande sul fascismo ai militanti di Fratelli d’Italia e giornalisti registrati di nascosto. È successo ad alcuni giornalisti stranieri durante almeno due comizi di Giorgia Meloni, che sta prestando particolare attenzione ai rapporti con le testate estere per accreditarsi come volto credibile.

Il primo caso si è verificato ad Ancona il 23 agosto, all’apertura della campagna elettorale. All’evento erano presenti moltissimi giornalisti, anche della stampa straniera, che a margine del comizio hanno parlato con il pubblico per raccogliere le opinioni di persone comuni e militanti.

Ancona e L’Aquila

«Mi sono avvicinata a un gruppo di donne, ma mi hanno detto che erano di un gruppo di Fratelli d’Italia e prima di parlare con me si sono consultate con l’organizzazione», racconta Virginia Kirst, giornalista tedesca che collabora con la Welt.

Quando il gruppo è tornato, la giornalista ha potuto fare le sue domande, ma vicino a lei si è messo un ragazzo. «Pensavo volesse ascoltare, poi mi sono resa conto che mi stava registrando con il cellulare». Kirst ha chiesto cosa stesse facendo e si è opposta alla registrazione nascosta. Continuando il suo giro per la piazza, ha iniziato a parlare con altri spettatori che non erano militanti del partito.

«Mentre facevo qualche domanda a una coppia di imprenditori, mi sono resa conto di avere intorno altri due ragazzi di FdI. Ho avuto l’impressione che si dessero il cambio, perché avevo sempre qualcuno troppo vicino. Poi mi sono resa conto che mi stavano ancora registrando e a quel punto ho iniziato a litigare». I giovani le hanno detto che erano liberi di farlo e volevano controllare che lei poi non scrivesse cose false, tagliando le risposte.

«Mi sono lamentata con l’addetto stampa e lui mi ha detto che si trattava del gruppo giovani e che lui non era riuscito a impedire questo comportamento», ha detto Kirst, che ha definito l’atteggiamento «non solo sbagliato, ma anche intimidatorio». Lo stesso è accaduto anche ad altri due giornalisti stranieri in piazza, che hanno chiesto di rimanere anonimi. I giovani che li seguivano, hanno raccontato, indossavano magliette con scritto “Meloni presidente” e facevano parte del gruppo di volontari.

Foto Gabriele Moroni/LaPresse

Un altro episodio è avvenuto in piazza all’Aquila, il 7 settembre, sempre in occasione di un comizio di Meloni. Il giornalista del network tedesco Ard Jorg Seisselberg ha chiesto di poter intervistare alcuni volontari che stavano montando i gazebo. L’addetto stampa del movimento giovanile gli ha chiesto quali domande volesse fare.

«Gli ho detto che avrei chiesto che cosa apprezzano di Meloni e che avrei fatto anche una domanda sul fascismo, che è un tema che interessa sia il dibattito italiano che quello estero. Lui mi ha risposto che la domanda sul fascismo non si poteva fare e che potevo fare tutte le domande che volevo, ma solo sull’attualità». Seisselberg allora ha rinunciato a intervistare i volontari.

La risposta

Rispetto a quel che è successo ad Ancona, l’addetto stampa di Gioventù nazionale, Alessandro Imperiali, che non era presente in piazza, dice che «non risultano questi comportamenti. Se è successo è un problema, non erano ragazzi della nostra organizzazione. Seguire e registrare i giornalisti non è rispettoso, oltre che essere una cosa stupida».

Imperiali conferma invece lo scambio sul fascismo con il giornalista tedesco all’Aquila, ma dice: «Noi rilasciamo sempre dichiarazioni. Io ho detto che poteva fare le domande che voleva, ma che se l’intervista era incentrata sul fascismo allora era una strumentalizzazione dell’impegno di tanti ragazzi».

Seisselberg, invece, conferma di aver ricevuto il divieto all’intervista per la domanda sul fascismo. Tutt’altro tono ha usato invece Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione del partito: «I nostri ragazzi possono rispondere a quel che vogliono. Non mi stupisce che si siano stancati di domande sul fascismo e vogliano parlare del loro futuro».

Quanto ad Ancona, riassume: «Dei privati cittadini con addosso una maglietta che regaliamo ai gazebo hanno deciso di registrare un giornalista. Non vedo dove stia il problema, anche se avrebbero dovuto avvertire». Nessuna intimidazione, dunque: «Io non ne vedo. Anche perché non penso che i giornalisti avessero nulla da nascondere».

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