La delibera non è stata ancora pubblicata sul sito dell’autorithy, ma Domani ha scoperto che sarà Fabio Mattei a sedere sulla poltrona da segretario generale del Garante della Privacy. Giudice del Tar del Lazio, Mattei è stato scelto all'unanimità dal collegio dell'organismo. Ma di fatto è stato imposto dal presidente Pasquale Stanzione, che lo ha voluto ad ogni costo.

Mattei prenderà il posto del veterano della privacy Giuseppe Busia, che il premier (e amico) Giuseppe Conte qualche settimana fa ha fortemente voluto a capo dell'Anac, l'autorità anticorruzione un tempo regno di Raffaele Cantone.

Nel domino delle nomine, il nome di Mattei come segretario generale è spuntato a sorpresa. Nessuno dei membro del collegio lo conosceva, e pure il curriculum del magistrato amministrativo, nato a Roma nel 1968, non ha entusiasmato i membri del consiglio, che speravano che Stanzione (giurista salernitano voluto dal Pd a capo del Garante) proponesse candidati con competenze specifiche nella protezione dei dati personali, core business dell'ente indipendente.

L'avvocato Mattei, ex funzionario al'Università Sapienza, poi funzionario amministrativo al ministero dell'Ambiente e vincitore, nel 2001, del concorso per i Tribunali amministrativi regionali, è stato invece consigliere giuridico dell'allora ministro delle politiche comunitarie Giorgio La Malfa, e poi – ai tempi di Altero Matteoli – consigliere giuridico al ministero dei Trasporti. Mattei, negli ultimi anni, è poi diventato un pezzo grosso dell'associazionismo: grazie alle ottime entrature e al credito personale che può vantare nelle varie correnti dentro il direttivo, il giudice dal 2017 è il numero uno dell'Associazione nazionale dei magistrati amministrativi (Anma).

La poltrone da segretario generale del Garante della privacy è di quelle che fanno leccare i baffi: Busia prendeva 240mila euro l'anno più rimborsi spese, e Stanzione spera che anche il suo pupillo possa ottenere dello stesso stipendio. Non è detto che gli altri membri del collegio ( Ginevra Cerrina Feroni, Agostino Ghiglia, Guido Scorza) siano d'accordo: l'ipotesi è quello di dare una sforbiciata alla retribuzione.

Per risparmiare denari, innanzitutto. Ma pure perché la scelta di Mattei (che di recente ha pubblicamente attaccato i governatori della Sicilia Nello Musumeci e quello della Liguria Giovanni Toti che a loro volta avevano criticato alcune sentenze dei Tar locali: «Il vero problema non sono I Tar, ma le leggi di pessima qualità, ed è colpa della politica», ha detto) non è stata concertata.

Inizialmente, infatti, Stanzione aveva ipotizzato ai colleghi (verbalmente, per il segretario generale non è prevista alcun processo di selezione formale: la nomina è a chiamata) una lista di tre nomi da cui scegliere il nuovo segretario. Oltre a Mattei, in lizza c'era Anna Corrado, un magistrato assai stimato da Filippo Patroni Griffi e finito anni fa - a causa del suo matrimonio con Salvatore Mezzacapo, ex membro del Consiglio della giustizia amministrativa e oggi presidente al Tar del Lazio – sulle cronache dei giornali per aver vinto il cosiddetto “concorso delle mogli”. E Angelo Vitale, un avvocato dello stato con buoni rapporti con Gabriella Palmieri Sandulli, l'Avvocato generale in carica, e oggi a capo dell'ufficio legislativo del ministero dell'Innovazione.

Alla fine, però, il presidente ha fatto intendere ai colleghi che la sua preferenza era, senza se e senza ma, per il giudice Mattei. Che secondo più di una fonte aveva conosciuto quando Stanzione – tra il 2005 e il 2009 – sedeva nel Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. I tre membri del collegio hanno alla fine approvato all'unanimità, anche perché dire no al giudice significava di fatto sfiduciare – quasi all'inizio di un lungo settennato – il presidente.

«Speriamo che Mattei sia l'uomo giusto al posto giusto», spiegano ora alla Privacy. «Dovrà occuparsi di dossier delicati come i rischi potenziali del nuovo standard del 5G, o dell'uso dell'app Immuni». Ma se qualcuno è già fiducioso, altri dipendenti rileggono recenti polemiche di Mattei con la politica («tutti gli schieramenti da anni demonizzano il ruolo dei Tar...ai politici spetta il compito di fare bene la loro funzione, cittadini e imprese hanno diritto» di andare al Tar «di fronte a errori o abusi: sic et simpliciter!») e vecchi articoli del Corriere. Come quello di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella che nel 2008 scrivevano in merito al “concorso delle mogli” e dei suoi protagonisti: «Enrico Mattei, fratello del magistrato del Tar Fabio Mattei» spiegavano i cronisti «dopo essere stato inizialmente scartato è stato ammesso agli orali grazie alla sentenza del Tar Lombardia firmata da Pier Maria Piacentini, il quale non molto tempo prima aveva avuto dal già citato organo di autogoverno (il Consiglio di presidenza, delegato a nominare la commissione d'esame, ndr) l'autorizzazione ad assumere un incarico molto ben remunerato». Nulla di ostativo, tanto che Enrico oggi è felicemente al Tar dell'Umbria, e di recente ha pure sentenziato su concorsi pubblici degli ospedali della regione.

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