Non solo il teatro Carlo Felice di Genova con la nomina a sovrintendente di Michele Galli indicata, per ammissione del comunicato ufficiale, dal ministero della Cultura, e il controllo dell’Arena di Verona, da sempre un suo feudo.

Da Venezia a Bologna, il controllo del sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, sulle fondazioni lirico sinfoniche è diventato capillare. A dispetto della richiesta di condivisione delle scelte avanzate dagli alleati, in primis Lega. È il metodo-Mazzi, che dilaga.

La mossa su Galli, alla prima esperienza in quel ruolo di comando, ha innescato lo scontro. Ma l’irritazione leghista non ha fermato la strategia di Mazzi.

Nel mirino del sottosegretario sono già finite sovrintendenze di grande prestigio. Punta a metterle sotto la propria ala protettiva, rivendicando con Giorgia Meloni il successo di aver piazzato nomi associabili a Fratelli d’Italia.

Anche se il ministro Alessandro Giuli viene informato solo a cose fatte. Tanto che, ai suoi interlocutori, l’ex direttore del Maxxi ha spiegato di volersi interessare in prima persona.

Poco male. Negli uffici ministeriali, Mazzi ha costruito un’ottima intesa con il capo della segreteria tecnica del Collegio romano, Emanuele Merlino, rimasto al proprio posto dopo il cambio di guardia tra Sangiuliano e Giuli e che gestisce i dossier più delicati.

Merlino non è uno qualunque: è la cinghia di trasmissione con palazzo Chigi, avendo come interlocutore il sottosegretario e consigliere principe di Meloni, Giovanbattista Fazzolari (che invece guarda Giuli con diffidenza). Il tutto con il benestare del presidente del Senato, Ignazio La Russa, amico di vecchia data del sottosegretario veronese.

Una delle conseguenze del maggior peso acquisito da Mazzi è il raffreddamento verso Fratelli d’Italia di Beatrice Venezi, a lungo la direttrice d’orchestra più amata dalla fiamma.

Dopo il mancato rinnovo della consulenza al ministero, con l’arrivo di Giuli, Venezi è finita indietro nelle gerarchie. Oggi è molto cercata dalla Lega con cui ha stabilito un buon feeling.

Macciardi a Napoli

L’obiettivo principale di Mazzi è focalizzato sul teatro San Carlo di Napoli, un boccone bello grosso. Il sottosegretario ha pronto il nome di Fulvio Macciardi, in uscita dal teatro Comunale di Bologna. È stata avviata l’interlocuzione con il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, per convincerlo della bontà della candidatura.

Mazzi se la gioca con scaltrezza: Macciardi vanta una lunga esperienza con amministrazioni di centrosinistra. A Bologna è stato con Virginio Merola, ex sindaco e ora deputato del Pd, e poi con Matteo Lepore.

Solo che l’opzione non è così bipartisan come viene raccontato. Macciardi si è infatti avvicinato a Mazzi. Uno dei trait d’union è Alessandro Ariosi, manager fondatore della società Ariosi management che gestisce attori e cantanti nell’ambito della lirica.

Ariosi e Mazzi vengono dunque dalla stessa realtà: la Ariosi management ha sempre rifornito di artisti l’Arena di Verona, dove il sottosegretario ha sempre avuto una forte influenza (è stato amministratore di Arena srl, che gestiva gli eventi extra-lirica nell’anfiteatro veronese). C’è per questo chi, anche a destra, ha consigliato a Manfredi di aprire un confronto, evitando blitz sul San Carlo.

Mazzi vuole imporre il suo metodo e portare sotto l’egida di FdI il teatro Petruzzelli di Bari. Una delle opzioni è Domenico Muti, figlio di Riccardo Muti e manager del mondo della cultura, ma non viene disdegnato Alberto Triola, sovrintendente della fondazione Arturo Toscanini di Parma, apprezzato anche a sinistra.

Circola un’ipotesi terza: quella di Luigi Fuiano, direttore esecutivo al Petruzzelli e figlio di un importante sindacalista della Cgil del mondo dello spettacolo. Fuiano è vicino a Michele Emiliano, governatore pugliese del Pd, ma apprezzato pure da Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute di FdI. Difficile che Mazzi faccia concessioni fuori dai nomi che vuole. La pressione sul sindaco di Bari, Vito Leccese, è alta. Il sottosegretario alla Cultura vuole completare il mosaico al Petruzzelli con l’incarico di direttrice artistica a Gianna Fratta, direttrice artistica del teatro di Taormina.

A sponsorizzarla in quella casella è stata l’assessora al Turismo della regione Sicilia, Elvira Amata (FdI). C’è pure la benedizione di Forza Italia, attraverso il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto.

L’unica resistenza, «superabile vista la quantità di sostenitori» secondo fonti del Mic, arriva dalla vita privata: Fratta è compagna di vita al rocker Piero Pelù, da sempre critico verso il governo.

Teatro capitale

L’alternativa sarebbe di assegnare a Fratta la direzione artistica del teatro Massimo di Palermo. La concorrenza è agguerrita: l’altro candidato è Alvise Casellati, direttore d’orchestra e figlio dell’attuale ministra delle riforme, Elisabetta Alberti Casellati. La regia dell’operazione è in questo caso del governatore forzista, Renato Schifani, che ha incassato la conferma di Marco Betta come sovrintendente.

Ma il piano sulle fondazioni lirico sinfoniche, “orchestrato” da Mazzi, deve fare i conti con la realtà. La Lega di Matteo Salvini non è più disposta ad accettare operazioni non condivise. E Giuli deve farsi da garante di un patto di coalizione all’insegna di un rinnovato rispetto reciproco.

Del resto non tutto va come vuole Mazzi. L’assalto era stato preparato pure a Roma per il teatro dell’Opera. Il sottosegretario ha però trovato l’argine del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che sulla cultura lascia poco spazio a concessioni.

Il Campidoglio vuole confermare Francesco Giambrone nel ruolo di sovrintendente sfruttando la forza dei numeri nel cda e dell’apprezzamento bipartisan su Giambrone.

Il sottosegretario, nell’attesa di concludere le nomine future, ha comunque portato a casa alcune sovrintendenze cruciali. Su tutte quella della Fenice di Venezia con Nicola Colabianchi. Era una delle pedine decisive da inserire nel puzzle. Mazzi ha piazzato poi un altro nome di proprio gradimento al Massimo di Bologna, in sostituzione di Macciardi: Elisabetta Riva è stato il nome tirato fuori dal cilindro, trovando l’intesa con il sindaco Lepore. Pescata addirittura dall’Argentina.

Solo che, pure in questo caso, il dialogo c’è stato con l’amministrazione e non all’interno del governo. Un classico ormai, che ha logorato il rapporto a destra.

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