In un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile Enrico Giovannini traccia il punto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza oggi al vaglio del Parlamento.

Alla domanda se non sia troppo ambizioso il programma varato da Draghi il ministro ribadisce la necessità di effettuare anche riforme strutturali per attrarre investimenti nazionali e internazionali: «Le due cose — risorse finanziarie e riforme — non possono essere scisse, sono due gambe che devono muoversi insieme» spiega Giovannini e rassicura che all’interno del Consiglio dei ministri hanno considerato tutti i rallentamenti e i rischi che potrebbero sorgere. «All’interno del Pnrr ci sono schede molto precise che indicano tutti i passaggi, voluti e controllati dalla Commissione europea. Sono fondamentali. In questi due mesi non abbiamo semplicemente scritto il Piano, abbiamo anche individuato i rischi legati all’attuazione del Piano stesso».

Per accelerare l’apertura dei cantieri sarà approvato anche un nuovo codice degli appalti: «Ma intanto verranno introdotte molte semplificazioni e accelerazioni dei procedimenti. Il codice comunque riguarda solo l’ultima fase, quella della gara e della consegna dell’opera. Per le prime due fasi, progettazione e autorizzazione, dobbiamo puntare sulla velocizzazione ma non a discapito della sicurezza o della valutazione di impatto ambientale».

Tutte le opere devono essere fruibili entro il 2026 altrimenti i fondi europei non verranno erogati dalla Commissione. Ed è questa la maggiore sfida che spetta al governo. Non c’è ancora un numero preciso dei cantieri che verranno aperti, «quel che è certo è che dal settore delle costruzioni verrà un impatto molto significativo sull’occupazione» dice il ministro delle Infrastrutture.

Il rischio è quello di varare un piano che aumenti il debito pubblico a dismisura per le prossime generazioni, fino a farlo diventare un fardello sulle loro spalle. «Ci giochiamo il futuro con la nostra credibilità – spiega Giovannini – e un paese capace, grazie alle riforme, di diventare più equo, più sostenibile, più resiliente, cioè un paese che investe su se stesso, è un paese che non può non attrarre gli investimenti privati. Questa è la sfida che possiamo affrontare con le riforme di sistema».

Rispetto al piano varato dal Conte bis sono stati effettuati vari cambiamenti dal suo dicastero e ne enuncia alcun: il rinnovamento della flotta navale anche per la tratta dello Stretto di Messina con aliscafi e navi più ecologiche; il rinnovamento dei treni Intercity al Sud e delle infrastrutture per le zone vicine ai porti; l’ammodernamento della distribuzione idrica, la sperimentazione dell’idrogeno per il trasporto e, infine, una mobilità più sostenibile per le isole.

© Riproduzione riservata