A un mese dal primo turno delle elezioni amministrative, le giunte delle cinque principali città andate al voto sono ormai pronte. Roberto Gualtieri a Roma, Beppe Sala a Milano, Stefano Lo Russo a Torino, Gaetano Manfredi a Napoli e Matteo Lepore a Bologna hanno messo in piedi le proprie squadre, cercando di accontentare tutte le liste che li hanno sostenuti. Diversi i neosindaci che hanno scelto di tenere per sé diverse deleghe di peso, decisione non sempre apprezzata dalle nuove giunte.

Resta invece in sospeso la giunta della Calabria, l’unica regione andata al voto un mese fa e dove la vittoriosa coalizione di centrodestra si sta ancora barcamenando tra lentezze burocratiche e trattative politiche.

Roma

Roberto Gualtieri alla prima seduta della sua giunta (LaPresse)

Il nuovo sindaco della capitale, Roberto Gualtieri, ha impiegato poco più di due settimane per formare la sua giunta. Composta da sei maschi e sei femmine, è un organismo in cui gli incarichi chiave sono affidati a uomini e donne del Pd (in particolare provenienti dall’area vicina al presidente di regione Nicola Zingaretti).

Ma a testimoniare la salute non proprio eccellente del partito cittadino, diversi posti rilevanti sono andati a esponenti della folta coalizione che ha sostenuto Gualtieri. Il sindaco stesso, inoltre, ha deciso di mantenere sotto suo diretto controllo diverse deleghe chiave.

Com’era inevitabile, le due deleghe più importanti sono andate a due veterani del Pd. L’ex presidente del primo municipio Sabrina Alfonsi si occuperà di ambiente e rifiuti, forse il singolo assessorato più delicato dell’intera città.

Eugenio Patané, ex consigliere regionale in Lazio, dove ha presieduti la commissione mobilità, si occuperà invece di trasporti. Forse meno importante, ma altrettanto centrale, è la delega all’urbanistica, che andrà a Maurizio Veloccia, ex vicecapo di gabinetto della regione Lazio.

Ci sono poi diverse figure tecniche di area Pd o comunque con profili che molto vicini a quello di Gualtieri. La più importante è Silvia Scozzese, che sarà vicesindaca e avrà la delega al bilancio, un incarico che aveva già ricoperto nella giunta di Ignazio Marino. Scozzese è una dirigente ministeriale, così come Ornella Segnalini, assessora ai Lavori pubblici. Gualtieri ha poi chiamato l’ex senatore di Articolo 1 Miguel Gotor alla cultura, uno storico come lui.

Il Pd occupa le posizioni più centrali nella giunta, seguito dai tecnici di fiducia di Gualtieri. Al terzo posto nella classifica di rilevanza ci sono gli esponenti della lista civica Gualtieri sindaco, che ha sostenuto Gualtieri guardando verso destra.

Da questa lista proviene l’ex presidente dei giovani industriali romani, Monica Lucarelli, scelta come assessora alle Attività Produttive e alle Pari Opportunità. L’incarico potenzialmente più interessante è quello di Alessandro Onorato, il discusso coordinatore della lista, che avrà la delega ai grandi eventi, il che lo porterà ad occuparsi del giubileo del 2025.

Le tre liste di sinistra e di sinistra cattolica hanno ricevuto una posizione ognuna. Claudia Pratelli, numero due della lista Roma futura di Giovanni Caudo sarà assessora alla Scuola, stesso incarico che ricopriva nel terzo municipio.

Andrea Catarci, ex presidente dell’ottavo municipio e coordinatore della lista Sinistra civica ecologista andrà al Decentramento, partecipazione e servizi al territorio. Barbara Funari, della lista Demos vicina alla Comunità di Sant’Egidio, sarà alle politiche sociale. Infine, Tobia Zevi, ex candidato alle primarie per sindaco, sarà assessore al Patrimonio e politiche abitative.

Milano

Beppe Sala alla presentazione della sua lista civica (Foto LaPresse - Claudio Furlan)

Vicenda opposta quella di Milano. Se a Gualtieri ci sono volute due settimane per mettere d’accordo le anime del suo partito, quelle della sua coalizione e per trovare i tecnici di sua fiducia, Beppe Sala ha impiegato solo quattro giorni.

Come quella di Roma, anche la sua giunta è formata da sei maschi e sei femmine. Il Pd la fa ancor più da padrone, potendo contare sulla metà degli assessori. Il Partito democratico milanese può permettersi questa centralità soprattutto a per via dell’assenza di forze significative a sinistra del partito, che sono invece sono numerose nella capitale.

Sala è un sindaco dotato di parecchia forza rispetto alla coalizione che lo sostiene. Lo ha dimostrato mantenendo solo tre assessori dalla sua giunta precedenti, tutti scelti dal Pd. Il più noto è Pierfrancesco Maran, il popolare assessore che alle ultime elezioni è stato il consigliere comunale più votato in Italia. Maran ha ottenuto la delega alla Casa.

Sala ha poi scelto due assessori provenienti dalla sua lista civica. Tra loro c’è Martina Riva, assessora allo Sport, Turismo e Politiche giovanilie. Riva ha 28 anni e insieme a Gaia Romani, 25enne del Pd e assessora ai Servizi civici, è la più giovane della giunta.

Altri due assessori provengono dalle liste centriste e verdi che hanno sostenuto Sala, come Alessia Cappello, coordinatrice cittadina di Italia Viva e candidata nella lista Riformisti. Infine, i due tecnici sono Tommaso Sacchi, l’ex assessore alla Cultura di Firenze, e Giancarlo Tancredi, un dirigente del comune di Milano.

Torino

Stefano Lorusso (LaPresse)

Nel capoluogo sabaudo, la formazione della giunta per il neosindaco del Pd Stefano Lo Russo è stata piuttosto semplice: nessun complicato equilibrio da trovare, visto che la parte del leone nell’alleanza che l’ha portato a palazzo Civico l’ha fatta il Partito democratico.

Lo Russo ha quindi potuto accontentare quasi tutte le ambizioni del suo partito, riempiendo la sua giunta di uomini e donne vicini di estrazione dem vicina ai due uomini forti del partito in Piemonte, Sergio Chiamparino e Piero Fassino, che hanno anche spalleggiato la candidatura di Lo Russo, invisa ai dirigenti romani. Le prove tangibili sono le deleghe andate a Chiara Foglietta, già consigliera comunale nella passata legislatura, Gianna Pentenero, assessora regionale nella giunta Chiamparino, e Mimmo Carretta, segretario metropolitano del partito, dall’inizio sostenitore di Lo Russo.

Uniche eccezioni nella provenienza dei neoassessori, oltre ai rappresentanti della civica Lo Russo sindaco, Sinistra ecologista, Moderati e Torino Domani, la tecnica Rosanna Purchia assegnata alla Cultura, commissaria straordinaria al Teatro Regio di Torino, e Paolo Mazzoleni, nuovo assessore all’urbanistica, ex presidente dell’ordine degli architetti di Milano.

Proprio i due tecnici hanno sollevato qualche dubbio: il fatto che Purchia abbia avuto solo la delega alla Cultura ha provocato una ridistribuzione iniqua degli incarichi solitamente abbinati sugli altri assessori, mentre la storica rivalità tra Torino e Milano ha fatto dubitare della scelta di Mazzoleni per una delega così strettamente legata alla conoscenza del territorio.

Ormai fuori dai giochi sono i Cinque stelle, che mandano in Consiglio comunale tre candidati: improbabile che ci sia a questo punto un apparentamento con la giunta dem, ma c’è chi prevede qualche nomina non invisa quando si parlerà di partecipate.

Napoli

LaPresse LaPresse

La situazione è stata meno facile per Gaetano Manfredi, candidato condiviso di Pd e Movimento 5 stelle a Napoli. D’altra parte il candidato era sostenuto da ben tredici liste, e accontentare tutti gli azionisti della campagna elettorale non è stato facile.

Il Pd nella scelta dei nomi da piazzare in giunta, oltretutto, ha dovuto tenere in considerazione il peso delle correnti interne: per esempio quella che fa capo al presidente della Regione Vincenzo De Luca, di cui fanno parte la vicesindaca Mia Filippone, ex preside di due licei della città, con delega all’Istruzione e alla Famiglia e Chiara Marciani, già assessora nella prima giunta regionale di De Luca, che sarà responsabile delle Politiche giovanili e del lavoro

Il Pd napoletano aveva invece cercato invano un posto per Marco Sarracino, capo del partito a livello metropolitano: al suo posto è entrato in giunta Paolo Mancuso, presidente cittadino ed ex procuratore di Nola. Veterana della politica locale in area dem è anche Teresa Armato, ex giornalista del Mattino con un lungo curriculum di cariche istituzionali, tra cui quella di senatrice.

Da Roma è arrivata invece l’indicazione del nuovo assessore al Bilancio, Pier Paolo Baretta, veneziano, ex sottosegretario all’Economia, che dovrà cercare una soluzione alla difficile situazione dei conti cittadini.

Nonostante Giuseppe Conte sia stato tra i primi a intestarsi la vittoria del neosindaco, il Movimento 5 stelle raccoglie un bottino piuttosto magro nella spartizione delle deleghe: gli unici a rappresentare il dieci per cento dei consensi raccolti dai Cinque stelle nell’esecutivo cittadino sono Emanuela Ferrante, vicina alla consigliera regionale Valeria Ciarambino, che ottiene lo Sport e le pari opportunità e Luca Trapanese, attivista della prima ora, alle Politiche sociali.

Arrivano addirittura dall’area del centrodestra altri due tecnici che compongono la giunta, Edoardo Cosenza, presidente dell’ordine degli ingegneri e membro della giunta Caldoro, ora responsabile di Infrastrutture e mobilità, così come Vincenzo Santagada, presidente dell’ordine dei farmacisti, che avrà le deleghe a Salute e verde, e in passato era considerato vicino a Forza Italia.

Tante delle deleghe più pesanti restano poi in mano al sindaco, creando malumori: è il caso di cultura, porto, Pnrr, finanziamenti europei e coesione territoriale, grandi progetti, personale, organizzazione, decentramento, digitalizzazione e innovazione.

Bologna

LaPresse

Il capoluogo dell’Emilia-Romagna è stato tra le prime città ad avere una nuova giunta, anche perché il neosindaco Matteo Lepore aveva ottenuto l’incarico già al primo turno: la squadra, composta da cinque uomini e cinque donne, comprende sette politici e tre tecnici.

Inizialmente aveva colpito l’assenza nella giunta della rivale interna di Lepore, la candidata di Italia viva alle primarie Isabella Conti, che però dovrebbe ottenere la presidenza del Consiglio comunale con Caterina Manca.

Del resto, la ripartizione è stata relativamente semplice: al Pd sono andate quasi tutti gli incarichi di peso, fanno eccezione la vicesindaca Emily Clancy con delega alla casa, economia della notte, pari opportunità e diritti lgbt, capo della lista Coalizione civica, e Massimo Bugani del Movimento 5 stelle.

Il sindaco mantiene per sé le deleghe a sanità e cultura, ma le opposizioni hanno già criticato il fatto che siano state create otto nuove deleghe: per esempio, sottolineano da Fratelli d’Italia, c’è un conflitto tra la delega allo sport e quella «ai grandi eventi sportivi», affidata alla Sardina Mattia Santori, che pure non è riuscita a entrare in giunta.

Ci è riuscito invece Massimo Bugani, già consigliere a Bologna e capostaff di Virginia Raggi a Roma, il mediatore che ha realizzato l’alleanza giallorossa che ha sostenuto Lepore, invisa a molti attivisti del territorio.

In realtà anche in questa sfida il Movimento non aveva brillato, arrivando appena al 3,4 per cento, raccogliendo in tutto qualche migliaio di voti: Bugani era riuscito a concentrare su di sé 361 preferenze, che l’hanno portato dritto in giunta con la delega ai rapporti col Consiglio comunale, quella alla semplificazione e quella all’agenda digitale.

Calabria

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Tra le giunte più importanti uscite dalle ultime elezioni, all’appello manca solo quella della regione Calabria. Qui, il candidato di Forza Italia Roberto Occhiuto si è imposto con il 54 per cento dei voti lo scorso 3 e 4 ottobre. Ma ad un mese esatto dal voto, la regione è ancora senza assessori.

La responsabilità è solo in parte attribuibile ai bizantinismi della politica locale (Occhiuto aveva ben sette liste differenti a sostegno e tutte tranne una hanno eletto almeno un consigliere).

Ci ha infatti messo del suo anche la burocrazia regionale. La corto d’appello di Catanzaro ha impiegato ben 25 giorni per arrivare alla proclamazione di Occhiuto presidente della regione: dal 4 al 29 ottobre. Nel frattempo, restano in attesa di proclamazione la maggior parte dei consiglieri.

Anche se ci vorranno probabilmente ancora diversi giorni per arrivare alla definizione della giunta, negli ultimi giorni il lavoro di composizione ha avuto un’accelerazione. Questa settimana Occhiuto è stato a Roma per consultarsi con gli alleati. Ha incontrato Matteo Salvini e sta organizzando un incontro anche con Giorgia Meloni.

Si tratta di trattative fondamentali, ma quando arriverà il momento dell’assegnazione degli incarichi, Occhiuto e Forza Italia saranno in condizione di dettare le regole. Non solo Occhiuto è uno dei pochissimi candidati del centrodestra ad aver ottenuto una vittoria alle ultime amministrative, ma il suo partito in regione vale ancora quasi il 20 per cento e ha eletto sette dei venti consiglieri di centrodestra.

Fratelli d’Italia e Lega dovranno accontentarsi di ciò che rimane. Unico possibile piccolo inciampo riguarda proprio la Lega, che in regione ha eletto Nino Spirlì, il presidente uscente della regione, che aveva retto per breve tempo dopo il decesso del suo predecessore, la presidente Jole Santelli.

Spirlì, personaggio sopra le righe e difficile da controllare, aspira alla vicepresidenza della regione, ma Occhiuto e Forza Italia preferiscono una figura meno ingombrante. Visti i risultati raccolti alle elezioni, sembrano che non faticheranno troppo a imporre questa scelta.

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