Avviso al governo. Mattarella rilancia l’esercito europeo

Il 4 novembre, giornata delle forze armate, è stato il giorno del monito del Quirinale sulla difesa e il riarmo. Il tema è probabilmente il più spigoloso oggi per il governo, sia per ragioni economiche sia di politica interna e anche per questo le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sono state una scossa per chi ha voluto sentirla. Dopo un passaggio sui conflitti nel Mediterraneo, facendo riferimento «al pericolo di allargamento del sanguinoso conflitto scatenato dalla aggressione all’Ucraina da parte della Federazione russa», il Colle ha fatto riferimento alla necessità di «creazione di una comune forza di difesa europea che, in stretta cooperazione con l’Alleanza atlantica, sia strumento di sicurezza per l’Italia e l’Europa». Il messaggio, inviato come di consueto al ministro della Difesa Guido Crosetto (che gli ha fatto eco con un: «Oggi la pace non è più scontata»), è stato dirompente. Del resto, il contesto è quello di un governo alle prese con una complicata manovra finanziaria che prevede un aumento delle spese per la difesa di oltre 1,1 miliardi rispetto all’anno precedente, con un più 3,5 per cento secondo l’Osservatorio sulle spese militari italiane. Parallelamente, in Ue è stato approvato il “ReArm Europe” che prevede un aumento delle spese per la difesa nella Ue pari a 800 miliardi di euro nel periodo 2025-2030 prevedendo maggiore flessibilità finanziaria agli stati mentre sulla testa dell’Italia pende il nuovo obiettivo, concordato con Donald Trump e accettato nella cornice della Nato, di prevedere il raggiungimento del 5 per cento del Pil entro il 2035. Ecco perché parlare di «forza di difesa europea» per il Colle non è una scelta asettica, anche se l’attenzione lessicale garantisce equidistanza tra le forze politiche. Per l’opposizione, infatti, la difesa «unica» europea sarebbe l’obiettivo finale della sovranità dell’Unione. La linea del Quirinale è parzialmente condivisa da FdI, scettica sulla cessione di sovranità ma conscia della necessità di individuare sinergie. A osteggiarla, invece, è la Lega. In senso generale, la creazione di una «forza di difesa europea» è infatti uno dei punti del solido asse che unisce il ministro della Difesa, Guido Crosetto, al Colle. Il ministro già nel 2023 parlava del fatto che «nessuna nazione europea può difendersi da sola» e dunque «è necessario un sistema collettivo di difesa e sicurezza che metta a fattor comune le forze armate di tutti i paesi della Ue. Come è la Nato». Appena una settimana fa ha ripetuto che per difendere l’Europa serve «un insieme di forze nazionali» che agiscano «in cooperazione» e ci sono alcuni settori in cui «dobbiamo cercare un percorso comune». Pur precisando che è «impossibile immaginare una difesa europea unica se non in un arco di decenni», l’orizzonte del ministro non sembra lontano da quello del Colle. Anche la premier, in vista del Consiglio europeo di giugno sul tema del riarmo, aveva sottolineato come «sarebbe un errore una difesa europea parallela alla Nato» ma che «bisogna collaborare di più a livello europeo». La Turchia vuole più aerei, ma l’industria europea dei jet è in difficoltà Le frizioni con la Lega Ad avere invece una visione opposta è Matteo Salvini. Proprio su questo non è passato inosservato il battibecco tra la Lega e Meloni, durante il dibattito in Senato in vista dell’ultimo Consiglio europeo. Riferendosi alla prossima legge di Bilancio, Claudio Borghi aveva affondato il colpo, dicendo che «le spese militari devono cominciare dalla sicurezza interna» altrimenti «è difficile spiegare che nella manovra finanziaria non ci sono i soldi per l’ospedale e per un missile sì». A fare il paio con questa posizione è stato il segretario leghista, che proprio alla vigilia della festa di ieri ha detto che «sicuramente non possiamo andare avanti per altri cinquant’anni a mandare soldi e armi in Ucraina, questo è fuori dubbio». Come già noto, infatti, la Lega ha minacciato di opporsi a nuovi decreti per l’invio di armamenti a Kiev, anche a costo di creare un punto di frizione proprio con Crosetto, che in passato si è speso molto in questa direzione. Oggi il tasto è dolente: il ministro ha ufficializzato il dodicesimo pacchetto di aiuti, che sarà presentato a breve al Copasir, e sarà necessario smussare gli angoli della Lega. L’unica certezza in maggioranza, ora e soprattutto in vista della lunga marcia per l’approvazione della legge di Bilancio, è che sul tema della difesa e del riarmo bisogna procedere cauti e soppesando le parole. Se il fronte leghista freme ed è pronto a utilizzare l’argomento anche in vista delle prossime campagne elettorali, Meloni sa che ogni passo va ponderato per non offrire spunti all’alleato per prendere le distanze. Infatti in un giorno come quello di ieri, sempre celebrato diffusamente in casa Fratelli d’Italia, la premier si è limitata a uno stringato e asciutto post di onore al «sacrificio di chi, con coraggio e dedizione, ha difeso la libertà e l’unità della nostra Patria» e «a chi ha servito e a chi continua a servire l’Italia con valore, impegno e spirito di sacrificio». Fino a un certo, punto, però. A far emergere irritazione rispetto a distinguo percepiti come strumentali è stato lo stesso Crosetto in una conversazione con Repubblica, parlando di «ansia» che si è stancato di «gestire da solo, circondato da alcuni che non capiscono che i tempi sono molto difficili. Oppure lo capiscono e speculano sulla sicurezza dei nostri figli per quattro voti in più». Parole sospese, senza attribuire chiaramente un connotato a quegli «alcuni» che speculano. Alla maggioranza fa comodo immaginare che il riferimento sia all’opposizione, la sensazione invece è che le frizioni maggiori siano proprio da cercare in casa del centrodestra. Il caso dell’oleodotto transalpino Tal: smista fiumi di petrolio, ma ha un tesoretto di certificati per l’efficienza energetica