Il governo contro l’Ue, da cui incassa tanto spendendo poco

Fine anno è tempo di bilanci, anche per la sezione di Controllo della Corte dei conti, e i numeri cozzano con il racconto del governo rispetto al rilancio economico italiano. La magistratura contabile, infatti, ha pubblicato la relazione annuale sui rapporti finanziari dell’Italia con l’Unione europea e l’utilizzo dei fondi del 2024 e il bilancio smentisce le posizioni degli antieuropeisti, ma soprattutto mette in luce le responsabilità di una gestione tutt’altro che virtuosa. Dai numeri, infatti, emerge che l’Italia versa al bilancio Ue meno di quanto riceve indietro: per 15,7 miliardi versati (in diminuzione di circa 500 milioni rispetto al 2023), ne sono tornati 22,4 miliardi, di cui 9,4 dal Next Generation Eu. Eppure – nonostante una crescita dell’economia europea dell’1 per cento – in Italia la crescita «si attesta allo 0,7 per cento, con un debito in aumento» al 134,9 per cento e «stimato in ulteriore crescita». Ponte sullo Stretto e pensioni, il grande fallimento di Salvini Si spende poco Nonostante il flusso di denaro dalle casse europee a quelle italiane, infatti, «la politica di coesione mostra ritardi nell’attuazione dei programmi 2021-2027», mette per iscritto la Corte dei conti, «con livelli di spesa e impegno inferiori rispetto ai cicli precedenti». In altre parole, negli ultimi quattro anni (il governo Meloni si è insediato nel 2022) l’Italia è stata meno attenta a spendere il capitale a disposizione: se la cooperazione tra regioni europee con il programma Interreg (che finanzia attività organizzate a livello regionale tra regioni di diversi stati) persistono «difficoltà nell’attivare sinergie con gli altri fondi europei». Difficoltà di spesa riguardano anche i fondi rurali della Pac (la politica agricola comune) e «di coerenza degli interventi nei territori più fragili». Anche per quanto riguarda la politica marittima nel quinquennio 2021-2027 ci sono «ritardi legati alla sovrapposizione tra cicli e alla selezione dei progetti». In altre parole, l’Italia ha molti fondi a disposizione ma la spesa è ancora troppo farraginosa e più bassa rispetto al passato. Infatti - è la sintesi della magistratura contabile – «resta prioritario il rafforzamento della capacità amministrativa e della qualità della spesa». Nel nome di Almerigo Grilz, come la destra impone il revisionismo missino Il quadro fa il paio con un altro report della Corte dei Conti sullo stato di attuazione del Pnrr nel primo semestre 2025. Anche in quel caso, la sintesi è che il Piano che ha dato una determinante iniezione di risorse all’economia italiana, che ha tenuto la crescita sopra lo zero e che sta procedendo, anche se nei prossimi mesi servirà un’accelerazione. Con due punti di criticità a cui il governo dovrà prestare attenzione: i lavori pubblici, che rischiano di non essere completati, e la spesa ancora troppo ridotta per la transizione e l’efficienza energetica. Eppure, da ultimo proprio nel suo intervento alla Camera prima del vertice europeo di questi giorni, la premier Giorgia Meloni ha accusato l’Unione europea di spendere troppo e male: «Esigeremo la stessa disciplina finanziaria da parte delle istituzioni europee», ha tuonato, criticando un progetto di ristrutturazione di un palazzo a Bruxelles. Anche Matteo Salvini ha avvisato che i Patrioti intendono «tenere d’occhio i conti». Eppure, secondo la relazione della Corte dei Conti, l’Italia dovrebbe prima guardare in casa propria. Far arrabbiare Merz o Putin? I leader Ue in cerca di una via per finanziare Kiev