Grillo è «provato e sconvolto», «ma non possiamo trascurare che in questa vicenda ci sono anche altre persone, che vanno protette e i cui sentimenti vanno assolutamente rispettati, vale a dire la presunta vittima». Dopo un giorno, e una notte, di incertezze e tentennamento, solo in serata Giuseppe Conte riesce a partorire qualche parola di commento all’ineffabile video in cui il suo sodale Beppe Grillo. Lunedì il fondatore del movimento che l’avvocato dovrebbe andare a dirigere aveva difeso il figlio Ciro dall’accusa di stupro di gruppo e si era ferocemente fatto beffe della ragazza che due anni fa lo ha denunciato, durante una vacanza nella sua villa a Porto Cervo, in Sardegna. Una denuncia arrivata a otto giorni dall’accaduto, cosa che Grillo sbandiera come prova provata della falsità dell’accusa, dimostrando di essere a digiuno di cultura giuridica e persino delle leggi votate e poi strombazzate dai suoi stessi parlamentari all’epoca del governo con la Lega. L’ex comico attacca i pm di Tempio Pausania che stanno per decidere se rinviare a giudizio il figlio e i suoi tre amici. Un pasticcio di giustizia mediatica, garantismo à la carte, accuse maschiliste. In sovrappiù il cortocircuito politico: l’avvocata che difende la ragazza è Giulia Bongiorno, ex ministra del governo gialloverde, e legale anche di Matteo Salvini nel processo sul caso Open Arms.

Ma l’ex premier si convince a fatica a prendere qualche imbarazzata distanza dall’amico. Ma qualcosa alla fine deve dire, perché il suo silenzio in giornata rischia di diventare un caso politico. E così lo fa, finendo per mettersi alla testa dell’imbarazzo di tutto il movimento: «Con il M5s mi accomunano da sempre queste due convinzioni», dice in un comunicato, «di ritenere indiscutibile il principio dell’autonomia della magistratura e di considerare fondamentale la lotta contro la violenza sulle donne, una battaglia che abbiamo sempre combattuto in prima linea, basti ricordare le norme sul codice rosso quando abbiamo condiviso la responsabilità di governo».

Nessuna vera una presa di distanza da Grillo. C’è giusto la presa d’atto «dell’angoscia» di un padre e un buffetto per non aver «rispettato» chi ha denunciato il figlio e la sua famiglia. È il massimo che riesce a fare per salvare non solo la faccia, ma anche l’alleanza con il Pd che in giornata aveva cominciato a traballare. L’indignazione universale scatenata dal video in poco tempo si è trasformata in una randellata alla futura coalizione giallorossa. Contro Grillo lunedì i dem avevano dato quella che alla sede nazionale viene raccontata come «una risposta corale». In realtà è stata la risposta delle donne più che degli uomini. Il segretario Enrico Letta aveva affidato poche parole a Repubblica: «Sono frasi inaccettabili».

Il Pd corre ai ripari

La notte porta consiglio. La mattina di ieri il caso approda anche alla camera. Le donne di Fratelli d’Italia attaccano Grillo. Tutta Forza Italia si unisce. Il Pd realizza meglio l’enormità dell’accaduto e decide di far parlare i due vicesegretari. «Le parole di Grillo sono inaccettabili e vergognose. Solidarietà alla ragazza, alla famiglia e alle vittime di ogni violenza. Non importa quando denunciate, cosa avevate fatto o indossato: non siete né complici né colpevoli», twitta Irene Tinagli. E Peppe Provenzano: «Le parole di Grillo sono inaccettabili, tutta la solidarietà alla ragazza denigrata. Il M5s acceleri la sua transizione e con la guida di Conte abbracci sempre e comunque garanzie e principi dello stato di diritto, in cui quel video è semplicemente inconcepibile e da condannare».

Ma il punto debole dell’atteggiamento del Pd sta nascosto proprio fra le righe delle parole dell’ex ministro del sud: è la nuova «guida» del movimento a sbandare. E sbandando dà uno scossone a tutto il lavoro sulle alleanze che Enrico Letta porta pazientemente avanti ogni giorno da quando è arrivato al Nazareno. La sparata di Grillo, da sempre protettore del matrimonio giallorosso, ridà fiato, dentro e fuori il partito, a quelli che non l’hanno mai mandato giù. Su Grillo, spiegano in molti, «ormai è scesa una pietra tombale» come facilitatore del rapporto fra le due forze politiche.

Grillo accusa la ragazza che accusa suo figlio di essere «consenziente». Ma anche Conte non esce bene dalla vicenda. E con lui il gruppo dirigente grillino, una manciata di maschi taciturni. Le parole tardive dell’ex premier mettono una toppa all’afasia generale dei Cinque stelle, ma non chiudono la questione. Letta dovrà tenerlo a mente il prossimo 29 aprile quando si confronterà con Conte nell’appuntamento pubblico organizzato da tempo da Goffredo Bettini, padre politico dell’alleanza giallorossa.

La bandiera della minoranza

Perché ieri per la prima volta da quando il nuovo segretario è arrivato al comando del Nazareno, la minoranza di Base riformista ha rotto la tregua e rialzato la sua bandiera contro l’alleanza. La vicenda è la dimostrazione che prima di parlare di alleanze ancora ce ne corre, anche se, spiega un dirigente di alto rango di questa corrente, «non c’era certo bisogno di questa prova per averne contezza». «La risposta di Conte lascia molte perplessità», conclude in serata Andrea Marcucci, ex capogruppo al Senato, «La violenza verbale di Beppe Grillo resta senza nessuna vera presa di distanza del M5s. Non c’è stato rispetto per la vittima, né per la magistratura. Un fatto gravissimo senza precedenti». Un assist fin troppo facile per Matteo Renzi, che ieri, dopo aver parlato di «video scandaloso» ha rivendicato di aver sempre pensato che l’alleanza fra Pd e M5s non s’aveva da fare: «Le parole di Grillo – e il contestuale silenzio di Conte e Di Maio – dicono molto su cosa è diventato il M5s. O forse è sempre stato così ma adesso se ne accorgono in tanti. Sipario».

© Riproduzione riservata