L’ex eurodeputato e già ministro all’Economia Roberto Gualtieri è stato il candidato ufficiale del Partito democratico alle comunali di Roma per appena una manciata di ore. Poi sono partite le smentite e i tentativi di gestire una comunicazione completamente sfuggita di mano. L’unico a rimanere sempre in silenzio è stato proprio il diretto interessato, ma non è bastato: la calma in casa Pd è durata appena 48 ore dopo l’insediamento del neo-segretario Enrico Letta. Poi subito la prima grana, proprio nella città più importante che andrà al voto amministrativo in ottobre.

Ripercorrendo i passaggi: dopo pranzo le agenzie scrivono che «Gualtieri è pronto a candidarsi come sindaco». Arrivano le prime reazioni: il candidato già in campo Carlo Calenda è furente: «Altro che tavoli e dialoghi, è evidente la scelta di rompere»; la grillina Roberta Lombardi, neo-assessora della giunta Zingaretti in regione Lazio, rimane spiazzata, dice che le sarebbero piaciute le primarie per unire le forze progressiste ma fa l’in bocca al lupo al candidato. La macchina dell’informazione si mette in moto alla ricerca di sondaggi e retroscena, visto che qualche giorno fa si vociferava di una candidatura dell’ex segretario Nicola Zingaretti.

Qualcosa, però, è andato storto: tre ore dopo la notizia, dalla sede del partito arriva la secca smentita: «Non c’è nulla di ancora deciso, il segretario Enrico Letta non ha ancora avuto il tempo di aprire il dossier delle elezioni amministrative». Del resto, altrettanto spiazzato dall’accelerazione inaspettata e improvvisa era rimasto anche il Pd di Roma, il cui segretario Andrea Casu nelle scorse settimane era tornato a ribadire la necessità di procedere con un percorso partecipato e con le primarie per selezionare il candidato migliore, meglio se nell’alveo del centrosinistra allargato.

Trappola o intoppo?

Certo, Gualtieri è da mesi nella testa di molti dem romani: avrebbe tutte le carte in regola per correre perché da ex ministro del Conte bis il suo nome potrebbe mettere d’accordo anche i Cinque stelle ed è stato eletto alle suppletive di Roma 1 meno di un anno fa. Però esisteva l’accordo non scritto di provare a far maturare la sua candidatura in modo condiviso. Lo stesso Gualtieri era stato sondato qualche giorno prima delle dimissioni di Zingaretti, sempre nell’ottica delle primarie, e lui stesso non aveva ancora dato la sua disponibilità ai vertici romani.

«La sua resta comunque ottima candidatura all’altezza della sfida» si ripete alla sede capitolina del partito, ma il pasticcio di questa falsa partenza rimane e mette in allerta soprattutto il neo-segretario dopo l’acclamazione plebiscitaria del 14 marzo. Lui in assemblea aveva parlato di voler rilanciare un partito aperto, partecipato dal basso e pronto a ripartire dai circoli, ieri si è ritrovato a dover gestire (e a dare mandato di smentire) la notizia di un’investitura dall’alto del candidato sindaco della capitale. E ora il lavoro sarà doppio. «Mi occuperò di Roma immediatamente, Gualtieri è un ottimo nome, un grande amico e lo vedrò al più presto possibile», ha detto Letta per ridimensionare la vicenda senza bruciare il candidato, mentre lo staff di Gualtieri ha confermato che «sta seriamente riflettendo sulla possibilità di mettersi a disposizione per la battaglia su Roma» e l’imminente incontro con il segretario. Trappola o intoppo comunicativo, il segnale è chiaro: al Nazareno il dossier delle amministrative scotta.

 

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