Sul decreto energia, quello sulle misure urgenti contro gli effetti della crisi in Ucraina, il governo ha preso tempo, per ora almeno una settimana: per esaminare la montagna di emendamenti che è arrivata. Sulla delega fiscale si litiga ancora, e parecchio: prima di portare il provvedimento all’esame della commissione Finanze della Camera, la maggioranza deve risolvere il nodo della flat tax. I “tecnici” dei gruppi hanno incontrato i “tecnici” del ministero, ma non è ancora chiaro quando sarà convocata la riunione di maggioranza per far ripartire il confronto, dopo lo scontro sul catasto. L’approdo in aula era previsto per il 28 marzo ma slitterà.

Lo ha chiesto Luigi Marattin, presidente della commissione Finanze, al presidente della Camera Roberto Fico. Poi c’è il tormentato capitolo della giustizia. Lo stesso 28 marzo doveva arrivare in aula a Montecitorio la riforma del Csm, ma il presidente della commissione Mario Perantoni (M5s) ha chiesto una nuova data: arrivederci all’11 aprile, e non è detto che sia quella definitiva. Poi c’è Pasqua, chissà.

Anche in questo caso serve tempo al governo per esaminare emendamenti e sub emendamenti, 250. Per non parlare della valutazione da dare sulla stroncatura del testo fatta dallo stesso Csm. E poi c’è il caso della commissione Giustizia del Senato. Nel passaggio fra il governo Conte I e Conte II il suo presidente, il leghista Andrea Ostellari, avrebbe dovuto lasciare, e invece è rimasto al suo posto – il voto segreto ha impallinato il nuovo designato, Pietro Grasso, di Leu.

Ostellari ha un modo tutto suo di condurre la commissione, accelerando o più spesso frenando i provvedimenti meno graditi alla sua parte politica, vedasi l’amaro caso della legge Zan. (Aperta parentesi: il 27 aprile scadrà lo stop di sei mesi alla discussione del legge Zan contro l’omofobia votata dal Senato, il Pd promette di riprovarci, si accettano scommesse, chiusa parentesi).

Il 10 marzo scorso, durante il question time, Mario Draghi ha negato il pantano, rispondendo piccato a un deputato di Fratelli d’Italia che chiedeva di sospendere tutto: «Siccome c’è l’emergenza bisogna fermarsi, non fare, stare fermi, niente riforme, cambiamenti, sempre fermi. Ecco, questo non è il motivo per cui è nato questo governo, non per stare fermo».

Per colpa di chi

Se per quasi due anni la pandemia ha rallentato il lavoro del parlamento, un mese di guerra fra Russia e Ucraina rischia ora di arenarlo. I numeri e le statistiche che misurano l’andamento lento saranno pubblicati sul sito di Montecitorio la prossima settimana. Ma una prima valutazione spannometrica si può già fare: le camere sono spesso ingolfate, mettono in pausa tutto il lavoro per affannarsi nella conversione dei decreti, come sta accadendo in questi giorni al Senato per il provvedimento “Ucraina 2” che peraltro, viste le polemiche che ha scatenato, procede dritto verso la fiducia.

Alcune commissioni, nella sostanza, quasi non camminano. Colpa del conflitto bellico? O forse il conflitto fornisce un comodo, si fa per dire, e all’apparenza indiscutibile alibi per nascondere l’impossibilità di una maggioranza di procedere alle riforme, al netto dei provvedimenti per l’emergenza pandemica?

Il 3 febbraio scorso le camere in seduta congiunta si sono spellate le mani durante il discorso della rielezione di Sergio Mattarella. I parlamentari hanno apprezzato l’appello – indirizzato di fatto al governo – alla centralità del parlamento. Cinquantacinque applausi, praticamente uno per ogni passaggio che conteneva l’indicazione di una legge, dall’accoglienza alla giustizia, alle morti sul lavoro fino alla demografia. Quelli del Pd hanno preso in parola l’entusiasmo dei colleghi e hanno fatto fare agli uffici una ricognizione di tutte le leggi giacenti nelle camere, e di cui era possibile immaginare l’approvazione più o meno bipartisan.

Per qualche giorno era circolato anche un titolo suggestivo a questa operazione, “agenda Mattarella”. Ma alla prova delle prime riunioni dei capigruppo era già chiaro che, al netto della pandemia e dei provvedimenti legati al Pnrr, era difficile mettere insieme una maggioranza così sterminata e contraddittoria su provvedimenti che non fossero quelli per la raccolta dei rifiuti in mare da parte dei pescatori. Poi è arrivata la guerra. E tutto il film è finito con una dissolvenza.

Questione Pnrr

Ci sarebbe da affrontare la riforma della legge elettorale, ma ormai è convinzione generale che non se ne farà nulla. Ci sono le modifiche, obbligatorie, al funzionamento delle camere dovute al taglio dei parlamentari che sarà operativo nella prossima legislatura: serve rivisitare i regolamenti e mettere mano alla composizione delle commissioni. Tocca alle giunte per il regolamento, ma ancora siamo a carissimo amico: neanche convocate.

Vanno a rilento anche provvedimenti meno delicati e complicati. Ma anche qui non sarebbe serio attribuirne la causa al mese di guerra che abbiamo alle spalle.

Prendiamo la cannabis, ovvero la depenalizzazione della coltivazione domestica per uso personale. Il testo è stato depositato in commissione dalla fine del 2019. Un anno di audizioni, gli emendamenti sono stati presentati lo scorso ottobre. In commissione Giustizia di Montecitorio dovevano iniziare i voti mercoledì scorso. Poi giovedì. Poi è arrivato un nuovo rinvio. Forse, se ne parla la prossima settimana, ma forse.

Avverte Riccardo Magi, di +Europa, primo firmatario del testo: «È l’ultima e unica possibilità per il parlamento di intervenire sul tema in questa legislatura. La legge è sul tavolo, Pd e M5s hanno detto di volerla approvare. E i numeri ci sarebbero. Ma ogni settimana che passa diventa più difficile».

Poi c’è tutto il capitolo del Pnrr. La guerra ha fatto sballare i conti, ha spiegato il presidente del Consiglio Draghi direttamente alle camere il 23 marzo, stoppando indirettamente l’idea che faceva circolare il Pd, quella di un rinvio delle date. «Non occorre un ripensamento del Pnrr nelle sue scadenze e nei suoi obiettivi» ha detto, «ci sono però alcuni aspetti del Pnrr che vanno affrontati. Per esempio: quale è l’effetto dell’aumento dei prezzi delle materie prime, dei costi in generale sul Pnrr?».

La risposta arriverà dalla Commissione europea. Intanto la prossima settimana, dal 29 marzo, arriveranno a Roma gli ispettori Ue per verificare lo stato di avanzamento del Piano. Il ddl Concorrenza, per esempio, deve essere operativo entro fine anno, dunque deve essere approvato nei prossimi giorni. Ma, neanche a dirlo, la questione dei balneari è spiaggiata in commissione al Senato.

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