I migranti possono essere di destra, quel razzismo positivo della sinistra

Tra i tanti meriti di Zohran Mamdani – neo eletto sindaco di New York – c’è quello di aver reso accidentalmente famoso Moreno Marsetti, sindaco di Malo, un piccolo comune vicentino di circa 15.000 anime. Un luogo pacifico dove tutti si conoscono. Ma che c’entra il sindaco di una delle città più iconiche al mondo con quello di un minuscolo comune vicentino? Perché si parla di un giovane sindaco vicentino, la cui elezione fa scalpore con un ritardo di cinque anni? Il motivo è semplice, Marsetti è un leghista di religione musulmana. Costruire un’altra sinistra, la Grande Scommessa di Mamdani Il sindaco di Malo Nel 2020 non c’erano i presupposti per rendere utile la strumentalizzazione della sua religione, nelle ultime settimane una parte della sinistra lo ha chiamato in causa come simbolo dell’ipocrisia leghista che accetta candidati musulmani, ma solo quando stanno dalla loro parte. Ed è così che Marsetti, da anonimo primo cittadino si è trasformato nel «Mamdani in salsa leghista» o peggio «in quell’assurdo sindaco che, concettualmente, non dovrebbe esistere». Per molti commentatori infatti, il sindaco di Malo – musulmano, per metà marocchino e leghista – dovrebbe essere un ossimoro. E infatti viene percepito in questi termini, ovvero come un intreccio di identità che paradossalmente lascia basiti tutti. Ma soprattutto le persone di sinistra che non riescono a trovare un nesso logico tra l’essere leghista e, per metà, marocchino. E se vi dicessi che c’è qualcosa di profondamente razzista nel considerare “assurda” la possibilità che una persona con origini non bianche possa esprimere posizioni conservatrici o xenofobe? Noi cosiddette “seconde generazioni” di italiani comprendiamo il perché dell’esistenza di Marsetti. Ma l’Italia bianca, dichiaratamente progressista, no. Proprio non ce la fa e la ragione è una soltanto: il razzismo positivo. «Ciò che è radicale diventa virale», perché i giovani in Europa e nel mondo piace l’ultradestra Destra o sinistra Nel discorso pubblico italiano, gli immigrati e i loro discendenti non sono mai soggetti politici, ma categorie morali. La destra li usa come prova di degenerazione o, in alternativa, come “token”, esibiti per dimostrare di non essere razzisti. La sinistra invece li investe di una funzione opposta ma altrettanto paternalista: quella di certificare la propria superiorità etica con ricette simboliche quali per esempio il principio di “immigrato-risorsa”. In entrambi i casi, la persona razzializzata non è ascoltata, ma utilizzata e validata solo se disponibile a rendersi capitale spendibile per la nazione accogliente. Non si può rispondere alla deumanizzazione della destra con il mito del buon selvaggio che nella nostra contemporaneità è divenuto il mito del buon immigrato istintivamente di sinistra. Quando qualsiasi persona razzializzata sa con certezza che l’esperienza della marginalità è profondamente soggettiva e non produce coscienza di classe o antirazzismo per partenogenesi. La zavorra della burocrazia sulla qualità dell’inclusione a scuola Una coscienza radicale anticapitalista e antirazzista è una conquista, un viaggio controcorrente che spesso spinge le persone immigrate e i loro figli ad allontanarsi da posizioni morali e culturali talvolta conservatrici, religiose, comunitarie. È un lavoro politico, non un destino biologico. Nel mondo africano e asiatico, il conservatorismo sociale è un valore dominante; la religione struttura la vita pubblica; la famiglia tradizionale è il nucleo politico. Aspettarsi che la migrazione produca automaticamente orientamenti di sinistra significa proiettare su altri il proprio schema ideologico. Quando nel 2018 Toni Iwobi divenne senatore della Lega, una parte della sinistra percepì quella nomina come una provocazione. Gli venne dato del burattino, del pupazzo e addirittura del ne*ro da giardino. Io invece trovai il suo militare nella Lega sensato. Perché se non esistesse il razzismo a risvegliare le coscienze delle persone razzializzate, molte comunità africane e asiatiche condividerebbero visioni del mondo più vicine al conservatorismo europeo che al progressismo liberal. Le migrazioni all’interno del continente sono difficilissime. Gli stati africani spesso tendono ad avere politiche che rafforzano e militarizzano i confini. La razza non determina la politica. La discriminazione non produce automaticamente un orientamento solidale. Anzi, in molti casi innesca un forte desiderio di assimilazione all’interno della società dominante. Perché è facile stare con i più forti e assicurarsi l’accettazione della maggioranza attraverso la demonizzazione delle minoranze che non riescono a trarre benefici dal sistema capitalista. Destre e Mamdani: effetto “macachi” contro il diverso Muoversi nell’ambiguità La destra, oggi, ha imparato a muoversi dentro questa ambiguità. Da un lato alimenta la paura dell’invasione; dall’altro esibisce figure “fuori schema” come l’immigrato che parla di merito, la musulmana senza velo, il nero patriottico che urla stop all’invasione. «Siamo contro l’immigrazione di massa, non guardiamo al colore, ma ai valori». È una strategia di color blindness calcolata. La sinistra in Italia invece, continua a proporre un’inclusione simbolica e lenta, che privilegia la rappresentanza estetica alla relazione basata su fatti e scambi di vedute orizzontali. Entrambe le posizioni – di destra e sinistra – restano bianche nel linguaggio e nel potere, assolutamente incapaci di accettare la complessità dei soggetti che pretendono di rappresentare o peggio, di voler tutelare. Ridurre la persona razzializzata a funzione morale – che sia di riscatto o di minaccia – è la forma più persistente di essenzializzazione. Significa negarle la possibilità di essere soggetto politico autonomo. In un mondo ideale dove gli esseri umani non sono letti sulla base dell’intersezioni tra religione, classe di appartenenza e identità, il sindaco di Malo sarebbe considerato tutt’altro che un bug del sistema. Esistono musulmani socialisti e musulmani conservatori. Zohran Mamdani è un musulmano socialista. Marsetti è un musulmano leghista. Gli immigrati sono complessi. Ma la sinistra di questo paese non riesce ad andare oltre le allegorie e i simboli. Magari bastassero le discriminazioni a renderci dei rivoluzionari.