I nuovi collegi, più grandi e meno rappresentativi, potrebbero almeno in parte favorire la corsa del centrodestra al prossimo voto. Sembra questo, a una prima analisi, l’esito della modifica dei collegi elettorali, ridisegnati dopo il referendum di metà settembre. Sempre che, sulla strada per il 2023, la maggioranza non trovi l’accordo su un sistema proporzionale (pronto alla discussione ci sarebbe il Brescellum che il Pd vorrebbe prendere in mano prima dell’estate, ma è tutt’altro che certo che andrà così).

Il risultato del lavoro della commissione tecnica guidata dal presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, nominato dal governo Conte I in quota Lega, è arrivato al Consiglio dei ministri a metà mese e nei giorni scorsi è stato adottato di peso e rinviato alle Camere, le cui commissioni competenti dovranno esprimere un parere entro il 4 gennaio, quando scade il termine previsto per rendere applicabile il Rosatellum. A quel punto, il testo tornerà a Chigi per il via libero definitivo tramite decreto legislativo.

I princìpi

Si tratta in realtà di una soluzione che verrà rivista di qui a pochi mesi a causa del censimento in programma per l’inizio del 2021, ma lo stato prevede l’obbligo costituzionale di disporre in ogni momento di una legge elettorale applicabile. Per ridisegnare i collegi, la commissione si è attenuta a parametri fissi, come un range di popolazione in cui far oscillare il numero di cittadini che comprende un certo collegio, oppure la coerenza del bacino territoriale. Vengono rispettate anche le unità amministrative e l’omogeneità economico-sociale, oltre alle minoranze linguistiche. I criteri non hanno però accontentato tutti: a Teramo si sono già alzate voci critiche, dopo che lo storico collegio uninominale alla Camera è stato cancellato e i voti saranno accorpati in parte a quello di Pescara e in parte a quello de L’Aquila. I politici locali hanno espresso il loro timore di non veder più rappresentate in maniera adeguate le esigenze del territorio.

Il risultato è un cambiamento drastico, che riflette il taglio netto voluto dai cittadini nel referendum del 20 settembre, quando è stato confermata la riduzione dei parlamentari da 945 parlamentari a soli 600 (400 deputati e 200 senatori). I deputati eletti nei collegi plurinominali passano da 386 a 245, mentre quelli votati negli uninominali saranno 147 contro i 232 attuali. I parlamentari eletti dagli italiani all’estero passeranno da 18 a 12 (otto deputati e quattro senatori). I senatori eletti nei collegi plurinominali saranno 122 invece dei 193 di oggi, mentre dai collegi uninominali ne emergeranno 74 (ora sono 116).

Le conseguenze

Il primo effetto è un ampliamento dei collegi. Alcuni, soprattutto gli uninominali del Senato, sono talmente grandi da comprendere intere province o addirittura regioni (non parliamo solo di Val D’Aosta e Molise, ma anche di Basilicata, Umbria, Friuli Venezia Giulia e Abruzzo, mentre Calabria, Sardegna e Marche sono divise in due collegi).

Una modifica che avrà grandi effetti sulle campagne elettorali: «Coprire territori così vasti alza i costi e riduce il rapporto diretto del candidato col territorio», dice Lorenzo Pregliasco di YouTrend. Un buon esempio sono le grandi città, dove un singolo candidato al Senato potrebbe ritrovarsi a rappresentare un intero centro di medie dimensioni. Per dire, a Roma i collegi uninominali per il Senato sono soltanto tre.

Un po’ l’opposto di quel che dovrebbe essere un collegio per come è inteso in realtà in cui le Camere sono interamente elette per collegi. Come nel Regno Unito dove il candidato ha un rapporto molto stretto coi suoi elettori. «Da noi il fatto di assegnare solo un terzo dei seggi con i collegi uninominali fa sì che siano enormi, sarebbe utile che se ne aumentasse il numero».

Un discorso ancora più valido per i nuovi collegi del Senato: «Sarebbe stato preferibile farli coincidere direttamente i collegi con le Regioni» dice ancora Pregliasco. Inoltre, il salto di qualità delle campagne elettorali italiane limiterà l’accesso dei candidati alla corsa: al di là dei fondi a disposizione dei partiti, solo chi riuscirà a raccogliere finanziamenti importanti potrà permettersi la competizione.

L’annacquamento dei collegi delle grandi città, le famose Ztl, sembrerebbe poi sfavorire il Centrosinistra. «Verrà meno l’effetto fortino e i quartieri diverrano più contendibili», dice Pregliasco.

Uno svantaggio che potrebbe però essere compensato dalla tendenza del Rosatellum a premiare le alleanze. La condizione è che il Centrosinistra decida di siglare un’alleanza coi Cinque stelle, riuscendo così a vincere la maggior parte dei collegi nel Centrosud. Resta il fatto che in base agli attuali sondaggi il Centrodestra si aggiudicherebbe circa la metà dei seggi proporzionali. Un punto di partenza forte, che si andrebbe a integrare con la potenza di fuoco della Lega al nord.

 

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