nella fine c’è l’inizio

I pieni poteri di Draghi segnano la strada dopo il voto

  • Il governo degli affari correnti sta strigliando la macchina amministrativa con decisioni di straordinaria importanza. Nel vuoto della campagna elettorale, il premier vive una stagione di serenità: sa che il suo ruolo sarà ancora decisivo.
  • La legittimazione di Meloni è in linea con l’antico patto tra chi possiede i voti, il consenso e chi rappresenta in Italia le istituzioni sovranazionali, a partire da quelle atlantiche e finanziarie. Dopo il voto il patto può essere riscritto, e allora, in tempi da stabilire, per Draghi tornerà a farsi concreta la prospettiva di una elezione al Quirinale, più ancora che il posto da segretario generale alla Nato o alla Commissione europea.
  • Nell’attesa il “lord protettore” avrà un potere di carattere informale e extra-istituzionale. Una debolezza dell’operazione è l’incognita della destra. Saprà la destra di Meloni superare sé stessa e accettare il compromesso. O si farà trascinare dalla sua natura?

Il 3 settembre Mario Draghi ha compiuto 75 anni, a quell’età i vescovi e i capi dicastero della curia vaticana sono obbligati a rimettere l’incarico, ma il premier romano che ha studiato da gesuita non sembra alla vigilia della pensione. A tre settimane dal voto vive una stagione di inattesa serenità. Lo scioglimento anticipato della legislatura lo ha messo al riparo da manovre parlamentari, voti di fiducia, trattative con i partiti, rotture e ricuciture, ma non gli impedisce la possibilità

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