Due cose sono successe oggi: i seggi aperti per il voto e la prima giornata del campionato di calcio. L’ordine di importanza è soggettivo, a seconda di quale fede – quella politica o quella calcistica – pesi di più. In Campania, regione dove si vota per eleggere il nuovo presidente, un altro presidente ha provato a incrociarle, le due fedi. A urne aperte e a pochi minuti dal fischio di inizio di Parma-Napoli, il presidente del club partenopeo Aurelio de Laurentiis ha twittato: «Cari campani, il Napoli sostiene la candidatura di Vincenzo De Luca per il secondo quinquennio di presidenza della Campania. Oggi è l’unico politico che può risollevare le sorti della Regione a livello nazionale e internazionale. Non abbiate dubbi. E’ lui l’uomo migliore del momento».

L’endorsement al candidato di centrosinistra ha fatto schizzare il nome di De Luca tra gli argomenti più commentati di Twitter e scatenato le polemiche: chi si è indignato perché «il Napoli rappresenta in modo trasversale e unico i suoi tifosi e la città»; chi invece non perdona a de Laurentiis di essersi espresso per un non napoletano (De Luca è di Salerno), per di più in odore di simpatie juventine.

Allo sfidante di centrodestra Stefano Caldoro, il tweet di de Laurentiis deve aver mandato di traverso il prepartita: nel 2010, anno in cui venne eletto presidente della regione Campania, l’endorsement del presidente del Napoli era stato in suo favore. In un’intervista a una radio locale, de Laurentiis aveva detto: «Stimo molto Caldoro. De Luca è un'altra persona che stimo, solo che non è tifoso del Napoli e quindi non lo posso appoggiare». A dieci anni di distanza, l’argomento è stato ribaltato.

Del resto, a Napoli il Napoli è una cosa seria ed è stato citato più volte in campagna elettorale da Caldoro: nato a Campobasso, nemmeno lui vanta un pedigree napoletano doc ma ha fatto della sua fede calcistica per il club un argomento politico. Di più, un punto da rivendicare contro De Luca, che nel 2015 si rifiutò di andare a un dibattito televisivo con scrivendo che: «Meglio Ronaldo e l’Apache che il dibattito che ammosc’», riferendosi alla semifinale di Champions League tra Juventus e Real Madrid. De Luca, invece, è sempre stato cauto sull’argomento calcistico e non ha mai sciolto il dubbio sulla sua squadra del cuore: non ha commentato gli attacchi politici in quanto juventino ma non ha nemmeno mai smentito l’ipotesi che tifi per la squadra della sua città, la Salernitana, divisa dal Napoli da un odio storico.

Che il calcio sia argomento politico, tuttavia, non è una novità e chi lo ha sfruttato al meglio è stato Silvio Berlusconi, doppio presidente: del Consiglio, ma anche del Milan. Se la campagna elettorale si sovrapponeva con il calciomercato, Berlusconi era pronto a mettere mano al portafoglio per l’acquisto di un fuoriclasse - lo fece con Roberto Baggio nel 1995, Rivaldo nel 2002 e Mario Balotelli nel 2013 - oppure a ritardare la vendita di un campione: nel 2009 le trattative per la cessione di Kakà vennero interrotte per le elezioni europee e la vendita al Real Madrid fu confermata solo due giorni dopo la vittoria del Popolo della libertà. Se invece le elezioni si incrociavano con il campionato, il suo elicottero raggiungeva Milanello, centro sportivo della squadra, anche tutte le settimane. Con foto di rito, giornalisti e dichiarazioni fuori dallo spogliatoio.

Oggi, tuttavia, l’appoggio di de Laurentiis a De Luca ha un sapore diverso: il candidato di centrosinistra, infatti, è già considerato il vincitore delle regionali e al patron del Napoli un amico in regione, anche se non tifoso, può sempre fare comodo.

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