Slitta di nuovo l’inizio della discussione del disegno di legge Zan contro l’omofobia. Il presidente della commissione giustizia, il leghista Andrea Ostellari, rimanda ancora il calcio d’avvio grazie a un appiglio formale miracolosamente rinvenuto nel regolamento. Prima, cioè prima di fare questa pensata, aveva fatto slittare per due volte fatto slittare la convocazione delll’ufficio di presidenza della commissione giustizia. Ieri l’ha riunito, ma per esporre la sua idea: congiungere al ddl già approvato alla camera e quindi in teoria avviato al sì definitivo,  gli altri quattro testi presentati (in tempi diversi) a Palazzo Madama sullo stesso argomento, cioè l’omofobia. Ma per riunirli tutti in un’unica discussione la presidente del senato Elisabetta Casellati dovrà riassegnare il ddl Zan, cambiando la forma della sede della commissione da «redigente» in «referente», come gli altri testi. La differenza sta che in questo secondo caso la commissione non solo esamina il testo ma lo vota anche, articolo per articolo. E in aula la legge arriva solo per il voto finale.

E’ solo una tecnica dilatoria, esibita senza complessi. Ma nella riunione dell’ufficio di presidenza, Pd Leu e Iv accettano. Non possono fare diversamente, anche se è una richiesta dell’ultima ora di Ostellari, che prende in contropiede i colleghi. «Fin qui la questione degli altri quattro testi non è stata mai posta» obietta il senatore Franco Mirabelli, capogruppo dem in commissione giustizia. Ma alla fine deve fare buon viso a cattiva sorte affidandosi al cielo: «Speriamo non ci siano più scuse dopo questo passaggio. Il presidente ritiene di dover mettere insieme tutti i provvedimenti che trattano la stessa materia. Serve un passaggio con la presidente Casellati, ci auguriamo possa essere fatto nella giornata di oggi o domani di modo che l’ufficio di presidenza possa calendarizzare il ddl Zan settimana prossima. Oggi è un piccolo passo avanti. Vediamo la settimana prossima di poter avviare il percorso».

Ma è chiaro che il presidente leghista proverà ancora a inventare una procedura fantasiosa al solo scopo di rimandare il voto della commissione. Dove la vecchia maggioranza giallorossa ha i numeri. Come in aula, almeno sulla carta, anzi in aula di certo si aggiungerà anche qualche voto a difesa dei diritti civili proveniente da destra.

In commissione il capogruppo della Lega è Simone Pillon, autore di una riforma del diritto di famiglia che era troppo misogina persino per Matteo Salvini. Il colpaccio, l’obiettivo vero delle destre, sotto la sua regia, è cambiare il testo, già approvato da Montecitorio lo scorso novembre (e dallo scorso governo), e quindi obbligarlo al ritorno a Montecitori per un terzo voto. Magari utilizzando a proprio vantaggio qualche dissenso sulla legge proveniente anche da sinistra.

Il Pd giura di voler portare a casa la legge contro l’omotransfobia. «Su ius soli e legge Zan sono le nostre bandiere, non le ammainiamo, porteranno il nostro paese nel futuro e ci toglierebbero dal Medioevo», ha promesso il segretario Enrico Letta. Presto però per i parlamentari dem e per il loro leader arriverà la prova dei fatti. Se il calendario non sarà condiviso, dovrà essere votato dalla commissione. Ma i tempi si allungano.

«Siamo sicuri che il presidente della Commissione sarà garante dei lavori. Noi siamo per la serenità», ironizza la senatrice pd Anna Rossomando, vicepresidente del senato ma anche titolare, nella nuova segreteria del Pd, della delega ai diritti. Meno in vena di ironie la collega Monica Cirinnà, “madre” della legge sulle unioni civili: «Le tecniche dilatorie messe in campo vantando richiami al regolamento non avranno il risultato sperato dagli oscurantisti», promette. E ai colleghi delle destre che continuano a chiedere di non discutere di «argomenti divisivi», soprattutto mentre l’aula discute dei ristori e di altri temi su cui le forze politiche sono legate a un vincolo di governo: «Non sono interessata a falsi appelli a tenere unita la maggioranza: ovviamente sui diritti civili resta in primo piano il parlamento e il suo primato legislativo, come sempre è accaduto sui diritti nella storia recente, grazie anche ai ripetuti richiami della Corte Costituzionale. Gli episodi di violenza sono continui e testimoniano l’urgenza di approvare questa legge anche al Senato, dopo l’importante lavoro svolto alla Camera». Dunque ora la prossima mossa sarà quella della presidente Casellati. Poi toccherà al presidente Ostellari riunire l’ufficio di presidenza e proporre un calendario e un «metodo di lavoro»: se qualcosa va storto la parola passa alla commissione. «Ostellari ha esaurito tutti gli alibi, il tempo è scaduto», secondo Alessandro Zan, il deputato primo firmatario della legge. Una settimana di tempo, secondo i dem, e si parte davvero. In teoria. 

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