Al netto dell’economia del discorso, indirizzato a dire il vero più a smussare la polarizzazione «uguaglianza, libertà, fraternità» e «Dio, patria e famiglia» che a porsi come controcanto degli scempi linguistici e concettuali del ministro Lollobrigida, il discorso del presidente Sergio Mattarella davanti alla tomba di Alessandro Manzoni solleva, ad osservarlo con attenzione, più di una perplessità perché sembra sentirsi l’eco di una logica assimilazionista che appare responsabile di alcuni dei fenomeni degenerativi che stanno attraversando le nostre società democratiche, a volte con esiti drammatici.

Naturalmente, siamo tutti d’accordo con l’idea per cui, parafrasando il grande autore milanese, «è la persona a essere destinataria di diritti universali, di tutela e protezione. Non la stirpe, l’appartenenza a un gruppo etnico o a una comunità nazionale», ma il discorso inizia a diventare scivoloso se ci si interroga sul diritto delle minoranze a preservare la propria identità.

Tema ancor più urgente in un’Europa in cui chi non si adegua alla maggioranza non sembra vivere sonni tranquilli e dove, non solo ad est, sembra addirittura riaffacciarsi una logica imperiale in cui tutti sono ammessi, ma con la chiara presenza di un ceppo dominante portatore di diritti ad altri negati.

Grammatica ancora tutta da scrivere, ma già supportata da una retorica indirizzata a riesumare antiche glorie che si davano per estinte. Vedi l’Ungheria di Viktor Orbán. Un progetto politico rivolto non solo verso quei nuovi immigrati che servirebbero come il pane ad un’Europa in crisi demografica, ma anche verso culture (perdonerà la Treccani la nostra reticenza ad usare il termine etnie) che abitano il nostro continente da decenni o addirittura secoli.

È per lo meno dal 2009, anno in cui una strana alleanza fra gruppi animalisti e la destra identitaria di Geert Wilders presentarono una proposta di legge passata in una camera del parlamento olandese, che pratiche come la macellazione rituale e la circoncisione sono sotto attacco anche in virtù di un universalismo astratto ostile a qualsivoglia specificità.

Un percorso che ha avuto la sua legittimazione a fine 2021, quando la Corte costituzionale del Belgio ha confermato una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea secondo la quale gli stati membri possono vietare la macellazione rituale senza previo stordimento.

Tema tutto politico perché, per definizione, la scienza difficilmente può emettere pareri definitivi su parametri qualitativi come la percezione del dolore.

In secondo luogo, se il tentativo del presidente della Repubblica è quello di bilanciare il sovranismo al governo come ai tempi dell’alleanza gialloverde, non si può far notare che la destra identitaria si è da tempo impossessata dei valori rivoluzionari di autodeterminazione, libertà e uguaglianza contro la presunta invasione di forze oscurantiste che vorrebbero importare all’interno dei nostri confini pratiche abominevoli di vario tipo.

L’esempio più lampante è la strategia condotta da diversi anni da Marine Le Pen, ma anche da Meloni e, prima ancora dalla Lega di Salvini, a difesa dei diritti delle donne, d’un tratto sottratte al doloroso ruolo di genitrici per la patria e di custodi del focolare.

Naturalmente, non si chiede a un discorso presidenziale di risolvere l’eterno tema filosofico dei rapporti fra universale e particolare, ma bisogna richiamare l’attenzione sulla necessità di rivedere confini che davamo per consolidati se non si vuole ritrovarsi con fenomeni di resistenza identitaria che possono sfociare in separatismo interno, o, addirittura, in logiche terroristiche.

L’esempio della Francia  dell’ultimo decennio è sotto gli occhi di tutti. E qui si svela il pericolo di questo tentativo conciliatorio che appare segnare il secondo mandato di Mattarella.

Avvicinare i due estremi ha, storicamente parlando, portato l’uno ad inghiottire l’altro, alimentando quella rabbia sociale che ha riempito il serbatoio della propaganda sovranista. Un monito per tutti noi ad osservare le tendenze regressive presenti nelle nostre ideologie progressive. 

© Riproduzione riservata