L’intervento del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che ha chiesto scusa per la gogna mediatica a cui è stato sottoposto l’ex sindaco di Lodi, ha incrinato uno dei dogmi del Movimento 5 Stelle. Un passo inaspettato, quello dell’ex capo politico, che ha spiazzato buona parte della dirigenza del movimento e costretto il leader Giuseppe Conte a intervenire. Conte non ha potuto smentire il collega ma ha smorzato la portata politica del gesto: “Chi pensa che il nuovo Movimento possa venire meno a queste convinzioni o pensa di strumentalizzare questo percorso di maturazione, rimarrà deluso”, ha scritto in un post su Facebook.

Il senso è chiaro: nessuno si aspetti che dall’ammissione di colpa di Di Maio derivi un ammorbidimento delle posizioni del Movimento, in particolare sulla prescrizione. La rettifica di Conte ha anticipato il coro, levatosi in particolare da Forza Italia e Italia Viva, di chi chiedeva di allineare le posizioni parlamentari dei grillini alla svolta garantista di Di Maio, visto che quella della giustizia soprattutto penale è una delle più attese e controverse per l’attuale governo. Invece, proprio sul ddl penale i Cinque stelle non hanno intenzione di arretrare e le difficoltà rimangono tutte sulla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che è chiamata a elaborare la proposta di sintesi del governo per emendare il testo base.

Proprio la modifica della prescrizione voluta dai grillini, che prevede lo stop del decorrere del tempo per celebrare il processo dal momento della sentenza di primo grado sia di assoluzione che di condanna, è uno dei nodi più difficili da risolvere.

La proposta dei tecnici

La commissione Lattanzi ha elaborato e depositato due distinte proposte di riforma. La prima prevede che dopo la condanna in primo grado scattino due anni di sospensione della prescrizione e dopo la condanna in appello ne scatti uno. Se però in questo lasso di tempo non interviene una decisione del giudizio, la prescrizione riprende il suo corso.

La seconda, invece, è più drastica: la prescrizione si interrompe dopo l’esercizio dell’azione penale, ma il processo diventa improcedibile se i tempi superano i quattro anni in primo grado, tre in appello e due in cassazione (portati a 11 in tutto in caso di reati che prevedono la pena dell’ergastolo). In pratica, se il processo dura più del tempo previsto, si estingue automaticamente.

Entrambe le proposte, che introducono anche un aumento dei risarcimenti in caso di processo dalla durata non ragionevole, puntano all’obiettivo di ridurre i tempi dei processi e non permettere l’esito patologico che, senza la prescrizione, un processo possa durare un tempo indeterminato.

Il lodo Conte Bis

In questa situazione, rischia di saltare anche la mediazione trovata nel precedente governo. Movimento 5 Stelle, Leu e Partito democratico si erano accordati sul lodo Conte bis (dal nome del deputato di Leu Federico Conte), che è già inserito nel testo base del ddl e prevede di dividere il percorso: per gli assolti in primo grado la prescrizione continua a decorrere, si interrompe invece per i condannati. Ad oggi, l’unico gruppo che punta a mantenere questa modifica sarebbe Leu, con una aggiunta sempre a firma Conte che prevede, in caso odi condanna, una riduzione di 45 giorni di pena ogni semetre di ritardo rispetto ai termini di durata delle fasi previsti dal ddl. 

Rimane la Bonafede

Una parte dei Cinque stelle sarebbe disposta a mantenere questa proposta, ma è stato anche depositato un emendamento a prima firma dell’ex sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi che punta a tornare indietro eliminando la distinzione.

Un po’ a sorpresa, anche la Lega ha presentato emendamenti per eliminare il lodo Conte bis e ripristinare la Bonafede. Una scelta, quella leghista (che aveva avversato lo stop alla prescrizione quando era stato approvato) che potrebbe rientrare in un tentativo di incrinare l’asse giallorossa.

Prescrizione per fasi

Anche il Pd punta a superare il lodo, tanto che ha depositato un emendamento soppressivo. La nuova proposta dem, infatti, è per la prescrizione per fasi: eliminata la distinzione tra assolti e condannati, la prescrizione si interrompe per tutti dopo il primo grado ma, nel caso di superamento dei termini di fase sia in appello che in Cassazione, si dichiara l’improcedibilità in favore dell’imputato che viene assolto, la riduzione della pena di un terzo in favore dell’imputato la cui la condanna sia confermata o passi in giudicato, un equo indennizzo in favore dell’imputato che all’esito del giudizio di impugnazione contro una sentenza di condanna sia assolto. In questo modo, è la riflessione del Pd, si manterrebbe ferma la Bonafede cara ai grillini, ma si implementerebbe il principio della ragionevole durata del processo.

Torna la prescrizione

A puntare, con diverse sfumature, all’abrogazione della legge Bonafede sono Azione con Enrico Costa, Italia Viva e Forza Italia. Lo stesso vale anche per Fratelli d’Italia, unica forza di opposizione, che propone di abrogare il lodo Conte bis e di introdurre invece la prescrizione di un anno dopo il deposito della sentenza di condanna o proscioglimento, con una sospensione del termine di 6 mesi dopo il primo grado e 4 mesi dopo l’appello.

A fronte di questa frammentazione, il lavoro della ministra Cartabia è quantomai complicato. Gli emendamenti depositati sulla prescrizione sono 82 ed è difficile intravedere quale tipo di mediazione sia possibile. Tuttavia, un punto di convergenza dovrà essere trovato: la modifica della Bonafede era tra gli accordi presi con la nascita del governo Draghi e il ddl penale deve procedere nel suo corso di approvazione stabilito nel Recovery Plan, di cui è pilastro irrinunciabile. Del resto, nell’incontro delle scorse settimane con i capigruppo della maggioranza, Cartabia è stata chiara: le riforme sono necessarie e chiunque le ostacoli se ne assumerà la responsabilità. Un peso che ora

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