«In Campania il rischio non viene dalla destra, il rischio è che ci facciamo male da soli». Davide Baruffi, responsabile enti locali Pd, dice così e all’affollata assemblea convocata ieri al Pd regionale annuiscono tutti. Anche senza Vincenzo De Luca, il presidente ormai ufficialmente “uscente” – dopo che la Consulta ha sbarrato la strada al suo terzo mandato – il centrosinistra è favorito alle prossime regionali. Ma il passaggio dal potentissimo “viceré” al candidatissimo M5s Roberto Fico è roba da vuoto d’aria ad alta quota: se qualcuno sbaglia qualcosa, tutta la cristalleria va in pezzi.

De Luca, come Jep Gambardella, ha il potere di far fallire la festa. Con i capigruppo della sua maggioranza, ha avvertito: «Se vogliamo giocare a perdere, a quel punto uno può perdere da solo». Ma Elly Schlein in Campania deve vincere, assolutamente, per dimostrare che può fare a meno di «cacicchi e capibastone». A sinistra, il risiko delle coalizioni regionali è partito: nelle Marche il candidato Pd Matteo Ricci deve imbarcare i Cinque stelle (che ancora frenano); nella Puglia l’ufficialità della corsa di Antonio Decaro a nome dei giallorossi è una pura formalità.

In Campania la coalizione c’è, propiziata dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, e il candidato sarà M5s perché è l’unica regione in cui M5s ha un consenso solido. In Toscana al dem Eugenio Giani spetta un secondo mandato: ma solo sulla carta, e un po’ dipende dalla Campania. Domenica pomeriggio, alla prima del Maggio Fiorentino, una sontuosa e cruenta Salomé di Richard Strauss, il presidente ha stretto centinaia di mani. Tenendosi però molto alla larga dal tema regionali: che è altrettanto pulp.

L’incontro Schlein-De Luca

A Napoli, il post De Luca sta iniziando, ma con giudizio. Alla riunione-fiume convocata ieri dai due ambasciatori di “Roma”, Baruffi e Igor Taruffi, responsabile dell’Organizzazione, e aperta dal commissario del Pd campano Antonio Misiani, sono state sparse rassicurazioni a tutti i convocati: consiglieri regionali, segretari provinciali, eletti locali, parlamentari e europarlamentari.

Ci sarà la coalizione con M5s, ma «sarà valorizzato il lavoro di questi dieci anni», nessuno sarà tagliato fuori dalle scelte, neanche De Luca: se non esagera. Lui fin qui lancia avvisi, del tipo: «Non possono pensare che da Roma si mettono d’accordo, e decidono un candidato in discontinuità col lavoro di questi anni».

Ce l’ha con Fico, che non gli piace, almeno per ora. E del tipo: «Ho tre liste civiche». Il Pd si preoccupa, perché se farà l’«atto di generosità» di cedere al M5s il presidente, dovrà avere un peso specifico nella giunta e nel Consiglio. E l’«atto di generosità» s’ha da fare perché in Campania si imbullona la coalizione per le politiche.

Fico, alleanzista della prima ora, offre più garanzie di Sergio Costa, l’ex ministro che De Luca preferisce: se all’ultimo Conte volesse rompere l’alleanza nazionale, Fico avrebbe voce in capitolo, Costa no. A fine riunione parla solo Taruffi. Nelle scelte, dice, «i dirigenti campani avranno un ruolo importante in un confronto con il partito nazionale». È all’orizzonte un faccia a faccia fra De Luca e Schlein? «Auspichiamo che ci sia un confronto ma nessuno può porre condizioni».

Toscana in stand by

Se in Campania il Pd innesca la marcia lenta, per evitare passi falsi, in Toscana la marcia verso le regionali è sospesa. Giani è pronto per il secondo mandato, il Pd non ha motivo di non confermarlo. Ma una parte di M5s e Sinistra italiana, per entrare in coalizione, chiedono «discontinuità»: tradotto, un altro nome al posto di Giani.

Nulla di irrisolvibile. Se non fosse che la «discontinuità» in realtà è parola che circola anche negli ambienti vicini a Schlein. Il fatto è che di tutti i prossimi candidati presidenti, non ce n’è uno riconducibile all’area della segretaria: non Antonio Decaro in Puglia, non abbastanza Matteo Ricci nelle Marche.

Non è “della segretaria” neanche il presidente dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale. E quindi la segretaria preferirebbe un nome, almeno uno, riconducibile alla sua linea. In Toscana, che resta una comfort zone per la sinistra. Circolano i nomi di Marco Furfaro, pistoiese – di cui però non è chiaro se la segretaria voglia fare a meno a Roma, oltreché in parlamento – e soprattutto di Emiliano Fossi, segretario regionale dem.

Matteo Renzi potrebbe non mettersi di traverso, anzi, secondo alcuni potrebbe persino favorire il cambio in corsa, «coalizionista com’è diventato». Per ora comunque non si muove niente. Ma i riformisti del Pd, a taccuini chiusi, svolgono un ragionamento, perché segretaria intenda: se Conte si prende il candidato presidente in Campania, generosamente concesso dal Pd che lì fin qui ha vinto senza di loro, può acconciarsi a sostenere Giani in Toscana. Visto che anche qui il Pd può vincere anche senza M5s.

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