«Stanotte avevo detto sei per cento... ma siamo al 7,3 in Campania! Terza forza politica dietro Pd (17), M5S (10) e davanti a tutte le forze della destra. Grazie a tutti i candidati, agli attivisti, alle persone che hanno lavorato senza sosta! Una forza davvero riformista».

Così Gennaro Migliore, deputato di Italia Viva, ha festeggiato il risultato campano del partito di Matteo Renzi. Sotto il Vesuvio i risultati del movimento, in effetti, sono notevoli. Soprattutto se confrontati con quelli disastrosi del Veneto (lì i renziani hanno preso lo 0,6 per cento), della Puglia (1,1 per cento), della Liguria (poco più del 2 per cento) e della Toscana, dove il partito guidato dall’ex sindaco di Firenze è stato votato da poco più di 12 mila persone, fermandosi a un deludente 4 per cento.

Il boom campano ha permesso oggi a Renzi e Migliore di gridare al miracolo e di parlare di “risultati straordinari”: quasi la metà dei voti presi dalle liste di Italia viva sul territorio nazionale sono infatti arrivati dalla regione che ha riconfermato Vincenzo De Luca.

Quello che, però, non dicono nè Migliore, ex Rifondazione comunista, né il leader di Rignano sull’Arno è come ha fatto Iv ha raggiungere, proprio sotto il Vesuvio, traguardi così ragguardevoli. Nei ringraziamenti hanno dimenticato di ricordare il ruolo decisivo di Armando Cesaro e famiglia, che hanno chiuso un occhio quando diversi loro fedelissimi (e i loro bacini elettorali) sono entrarti nelle liste del partito renziano.

I Cesaro sono dirigenti storici di Forza Italia e fedeli alleati di Silvio Berlusconi, ma alle ultime regionali sono stati vittime di una resa dei conti tutta interna al centrodestra. Il leader della Lega Matteo Salvini ha infatti sbarrato la strada alla candidatura di Armando, consigliere regionale uscente, a causa di un processo per corruzione a suo carico.

Papà Luigi, detto 'a Purpetta, è senatore di Forza Italia da lustri, e ha affrontato negli anni diverse inchieste giudiziarie, uscendone – a differenza dell’amico Nicola Cosentino – sempre indenne. È un fatto che sono stati riscontrati negli anni, in rapporti e informative investigative, contatti con esponenti della malavita (Raffaele Cutolo, capo della Nuova camorra organizzata, rinchiuso da anni al 41 bis, intercettato in carcere confidò di avere avuto Luigi Cesaro, all'epoca, anche come autista), ma mai nessuna condanna ha sporcato la fedina di Giggino.

Il figlio Armando, a causa del processo a suo carico per corruzione elettorale, è stato invece escluso dalle liste del centrodestra. Esclusione che ha un effetto forse non calcolato da Salvini e i suoi: la transumanza di dirigenti di peso verso Italia viva.

I renziani hanno formato, tra luglio e agosto, la loro lista. E hanno accolto a braccia aperte ex forzisti e politici locali vicini ai Cesaro. Tra i candidati c'era per esempio Pietro Smarrazzo, responsabile dei club “Forza Silvio” della Campania, berlusconiano doc e ombra di Armando Cesaro. Smarrazzo ha ottenuto quasi 6mila preferenze. Non è l'unico caso. In provincia di Napoli c'erano ex forzisti come Francesco Iovino, Gabriele Mundo ( per loro un passaggio anche in Dema) e Pasquale Bove, quest’ultimo in ottimi rapporti con la famiglia di Sant’Antimo. In tre insieme hanno portato ad Italia viva altri 26mila voti.

Tra i candidati renziani c'era anche Ernesto Sica, ex sindaco di Pontecagnano Faiano, comune in provincia di Salerno. Sica è finito nelle carte dell'inchiesta sulla P3 perché aveva contribuito alla diffusione di false notizie contro Stefano Caldoro, sfidante di De Luca anche alle precedenti tornate elettorali. Berlusconiano doc, Sica frequentava le feste dell’ex Cavaliere, ma poi ha abbandonato il carro perdente ed è diventato leghista. Con tanto di selfie di rito in compagnia di Salvini in occasione del compleanno dell'ex ministro dell’Interno.

Sica è stato processato e condannato in primo grado per diffamazione, proprio per il dossier falso che aveva l’obiettivo di infangare l'onore di Caldoro. Materiale inventato che parlava di incontri omosessuali, mai avvenuti, per provare a demolire l’immagine del candidato prescelto e rimettere in corsa Nicola Cosentino, raggiunto al tempo da un'ordinanza di custodia cautelare per rapporti con la camorra.

La vicenda è emersa, nel 2010, quando Caldoro era appena diventato presidente della regione Campania e, su indicazione dei vertici del partito e a malincuore, aveva nominato Sica suo assessore. A sparare contro Sica, per quanto emergeva sul suo conto, c'era l'allora leader dell'opposizione in consiglio regionale Vincenzo De Luca: «Una vicenda indegna di un paese civile». Caldoro, due anni fa, ha perdonato il suo ex assessore accettandone le scuse e De Luca ha accolto a braccia aperte il protagonista di quella vicenda finito nelle liste dei renziani.

Ecco: ieri Sica ha raccolto ben 4mila preferenze. Gli ex berlusconiani, numeri alla mano, hanno portato a Renzi una barca di voti, intorno ai 50mila consensi complessivi. Contando pure i non candidati passati dal centrodestra al partito renziano che hanno raccolto consensi sui territori, si tratta di quasi la metà di quelli raccolti in Campania dal partito.

Renzi e Migliore dovrebbero riscrivere il tweet con un grazie sentito ai Cesaro e a Forza Italia. Che hanno contribuito al successo campano del partito, e di vendere ai media percentuali nazionali utili a nascondere le debacle nelle altre regioni.

© Riproduzione riservata