«Molti oggi chiedono lo scioglimento di Forza nuova. Precisiamo: spesso la richiesta di scioglimento non ha grande audience perché è un percorso lungo, per ottenerlo ci vuole un provvedimento giudiziario e uno di carattere politico. E i pochi precedenti che ci sono dimostrano che lo scioglimento è un obiettivo da perseguire ma sapendo che può essere lontano. Io cerco di spiegare sempre che è giusto dire che certe organizzazioni dovrebbero essere sciolte perché sono incompatibili con la Costituzione, ma nel frattempo possiamo ottenere provvedimenti immediati, urgenti, di pronto intervento».

Carlo Smuraglia, classe 1923, durante la Resistenza era nel Gruppo di combattimento Cremona sotto il comando dell’Ottava armata britannica. È stato avvocato, docente di diritto del lavoro, senatore, componente del Csm e fino al 2017 presidente dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani d’Italia.

L’anno scorso ha curato il volume Antifascismo quotidiano. Strumenti istituzionali per il contrasto a neofascismi e razzismi (Bordeaux editore), scritto da giuristi ed esperti e indirizzato a tutti i cittadini «che intendono reagire agli atti di arroganza e di violenza con cui si cerca di portarci indietro nel tempo».

È stata una battaglia poco meno che solitaria per decenni, quella dell’Anpi contro la galassia delle organizzazioni neofasciste. Oggi invece «siamo tutti antifascisti», o quasi tutti, dopo il weekend romano dell’assalto di Forza nuova alla Cgil e al policlinico Umberto I. Il segretario del Pd, Enrico Letta, chiede che lo scioglimento di quell’organizzazione sia una richiesta di tutti i partiti.

Prima dello scioglimento

Ma nell’attesa ci sono altri strumenti, sostiene Smuraglia: «Sia la legge Scelba sia la legge Mancino contengono norme in virtù delle quali si può intervenire cautelativamente e molto più rapidamente. Per esempio sospendendo l’attività di un’associazione a carattere fascista. Il legislatore sapeva che ci vuole tempo per lo scioglimento, e che nel frattempo si poteva continuare ad agire indisturbati. È il caso recente di una procura della Repubblica che ha sequestrato una sede di Casapound perché c’era stata una manifestazione a cui alcuni esponenti avevano partecipato con i bastoni. E poi erano tornati nella sede. Un provvedimento temporaneo, efficace, in attesa di avere tutti gli elementi per perseguire l’obiettivo finale». L’obiettivo del suo libro del resto è «sottolineare cose che vengono trascurate. Come il passato. Il passato dovrebbe essere presente a tutti, per ricordare che i grandi eventi non cominciano tutti insieme, ma hanno segni premonitori, che crescono. Il fascismo non è nato impossessandosi delle istituzioni. Prima i fascisti avevano dato fuoco alle case del popolo. Un insigne storico ha detto che la storia non si ripete mai nello stesso modo, però dà dei segni. Dobbiamo essere pronti a coglierli».

Smuraglia questi segni li aveva colti, o per lo meno si aspettava – lo ha detto pubblicamente a suo tempo – un autunno caldo, con un rischio di infiltrazioni nel disagio sociale.

«Queste organizzazioni sono rimaste in silenzio, sommerse, come fa la mafia, che si sommerge quando pensa che non sia il momento, poi riemerge. Così avviene. C’è un disagio sociale, in cui si infiltrano per spingere più avanti contro la democrazia. Pensano che sia possibile modificare il cammino della democrazia incerta, ma sempre resistente a ogni attacco». Torniamo ai sequestri delle sedi e alle sospensioni temporanee. Smuraglia è giurista raffinato, e al quesito se provvedimenti del genere non rischino di impattare sulla libertà di opinione, e trasformare chi li subisce in vittime della libertà di opinione, chiarisce che «intanto sono provvedimenti che non riguardano la semplice manifestazione della volontà o del pensiero ma attività e azioni concrete. E comunque sono provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria, quindi con tutte le garanzie, e ampiamenti motivati». «La libertà va garantita a tutti, se si resta nei limiti previsti dalla Costituzione».

La sottovalutazione

Ma sinora per lo più agisce il meccanismo della «sottovalutazione». A vari livelli. Iniziamo da quello delle forze dell’ordine. Sabato la diretta tv era inclemente, mostrava un corteo romano che andava dove voleva, e chissà se una manifestazione di altro segno politico sarebbe stata lasciata scorrazzare per il centro della capitale.

«La sottovalutazione innanzitutto è da parte degli organi del governo. E poi delle forze dell’ordine. Se si vede una massa che si dirige senza autorizzazione verso la sede del maggior sindacato, mi sembra difficile non capire cosa stia per succedere. Il punto è prevenire la degenerazione. Sabato dopo l’attacco alla Cgil c’è stato l’assalto a un pronto soccorso. Perché mai li si è lasciati arrivare lì, e agire liberi, con la forza?», «Non è incapacità delle forze dell’ordine, ma sottovalutazione. Anche dei propri compiti», «E sia chiaro, non sono per la polizia che bastona, ma per quella che previene. E protegge chi sta per diventare evidentemente obiettivo di un’aggressione».

Matrice Giorgia

Poi ci sono le dissociazioni light di Giorgia Meloni, per la quale non è chiara «la matrice» dello squadrismo di sabato scorso. «Meloni si dissocia in qualche singola circostanza, ma spesso queste azioni Fratelli d’Italia le istiga direttamente o indirettamente. Altre volte contribuiscono a creare un clima antidemocratico, a incoraggiare. Poi in alcuni casi i dirigenti di Fdi sono presenti, e questo rinforza la percezione che queste azioni siano appoggiate e sostenute».

La delegittimazione dell’Anpi

Oggi, ripetiamo, «siamo tutti antifascisti». Ma quotidianamente c’è un antifascismo giovanile e «antifà» che colleziona sfottò. La stessa Anpi deve rintuzzare tentativi di delegittimazione quando si trova a subire le campagne sui «veri partigiani» (leggasi 2016, verso il referendum costituzionale sulla legge Renzi-Boschi).

«C’è una diffusa convinzione che il fascismo sia finito, e l’antifascismo sia una fissazione dell’Anpi. “Senza il fascismo l’antifascismo non serve”, mi viene detto. Ecco, un’altra forma di sottovalutazione. La democrazia ha bisogno di essere difesa sempre. Tutto ciò che in qualche modo la minaccia deve essere conosciuto e respinto. Il nostro antifascismo oggi non è nostalgia dell’antifascismo di allora. È quello di oggi: non si possono tradurre in azione le idee che tanto male hanno fatto all’Italia. Gli assalti di sabato alla Cgil ricordano quelli delle camere del lavoro degli anni Venti. Per questo una delle nostre missioni è far conoscere gli strumenti anche legislativi e giudiziari per reprimere ogni tentativo di riportare in campo ciò che la Costituzione nel suo complesso ha rinnegato in pieno. Abbiamo una Costituzione totalmente antifascista, non solo perché vieta la ricostituzione di un partito fascista. Bisogna essere quotidianamente e personalmente antifascisti tutti i giorni, nel senso di essere contrari a qualunque manifestazione che in qualche modo vada contro il sistema che l’Italia si è scelta dopo la Liberazione, e che è la democrazia. Che non consente nulla che sia violenza, sopraffazione, uso della forza». Tutti devono essere antifà militanti? «Tutti devono essere affezionati della democrazia. Forti, perché quel passato è sconfitto e tramontato».

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