Invernizzi: «Vannacci non c’entra niente con noi. Il Nord va staccato dalla Lega nazionale»

La Lega ribolle, soprattutto al nord, e le professioni di unità dal consiglio federale non sono bastate a chi imputa al segretario Matteo Salvini il tracollo al nord e considera Roberto Vannacci un estraneo, che però (e nonostante quanto detto dal segretario) nei giorni scorsi ha dichiarato che il suo “team” sta crescendo e che i membri, se vorranno, si candideranno nelle liste della Lega. L’unica strada, allora, è «una Lega confederata come la Cdu e la Csu», è la sintesi dell’ex deputato e storico esponente bergamasco della Lega Cristian Invernizzi, in polemica con la leadership attuale. Che Lega vede, dopo queste prime tre elezioni regionali? Una Lega che ormai da tempo è il terzo partito della coalizione e che ha bisogno di una spinta propulsiva dal Veneto, che speriamo arriverà grazie a Luca Zaia capolista in tutte le circoscrizioni. Il consiglio federale ha lasciato aperti i problemi sul tavolo e l’unica suggestione interessante rimane quella di creare una confederazione sul modello della Cdu-Csu in Germania. Lei lo sa che il segretario Salvini l’ha già bocciata pubblicamente. Ne prendo atto, ma rimane il fatto che a me e a tantissimi militanti del nord questo progetto scalda il cuore, perché risponde alle ragioni storiche alla base della nascita della Lega e che, a distanza di quarant’anni, sono ancora tutte lì. Cosa intende? Una cosa semplice: i problemi che ci sono a Bergamo alta non sono gli stessi di Reggio Calabria, quindi anche le soluzioni politiche devono essere diverse. Per esempio, il ponte sullo stretto di Messina piace parecchio ai calabresi, sinceramente a Bergamo non interessa a nessuno. Ancora: la retorica sul patriottismo italiano attecchisce forse in alcune zone del paese ma non certo nel Lombardo-Veneto, come dimostrano gli ultimi risultati elettorali. Vannacci snobba la Lega. E sul Veneto Salvini promette l’impossibile Sta dicendo che la retorica di Vannacci non funziona? Al contrario, io non seguo quelli che lo considerano una macchietta. Vannacci ha posto dei temi che sono sentiti da una parte dell’elettorato, ma non quello storico leghista. Io guardo al generale come a un fenomeno nuovo e anche di un certo interesse, ma personalmente sono su ben altre posizioni. Teme la scalata ostile alla Lega? Proprio nei giorni scorsi ha detto che i membri del suo team potranno candidarsi. Mi limito a dire che il team Vannacci non è una semplice associazione culturale e che contiene persone che con la La lega non hanno nulla a che fare. Persone che vogliono fare politica e che la faranno, come ha ribadito lo stesso Vannacci rispedendo al mittente lo stop pronunciato da Salvini durante il federale. Lo considera responsabile del flop in Toscana? Mi sembra evidente che la responsabilità sia sua: Vannacci ha fatto le liste e la campagna elettorale. Così come alle Europee la Lega sarebbe andata molto peggio senza Vannacci, alle regionali in Toscana la Lega con Vannacci ha raggiunto il suo minimo storico. Torniamo al nord e alla speranza veneta. Lei si è spiegato il no alla lista Zaia? Con facilità. Zaia è trasversale e la sua lista avrebbe sottratto una valanga di voti sia a Fratelli d’Italia che alla Lega, per questo entrambi hanno impedito che si facesse. Lui, da vecchio leghista e da uomo d’onore, non si è tirato indietro dal correre comunque capolista. Poi cosa farà in futuro lo deciderà lui, ma un purosangue difficilmente rimane fermo ai box. Salvini ha detto che la Lega in Veneto sarà il primo partito. Lei ci crede? Mi sarei stupito che non lo dicesse, visto che siamo in campagna elettorale. Ma è un fatto che in Veneto, in Lombardia e in tutto il nord Fratelli d’Italia ci sorpassa, e non di poco, da tre anni. Questo è il vero dato politico che andrebbe analizzato. Lo analizzi lei. La Lega di oggi è accreditata all’8-9 per cento a livello nazionale, percentuale simile alla vecchia Lega prima della svolta nazionalistica. Tuttavia all’epoca l’8-9 per cento a livello nazionale corrispondeva a un 20-25 per cento nelle regioni del nord, con un primato nelle zone più produttive del paese. Il cambio di strategia di Salvini ci ha portato a questo: pesiamo l’8-9 per cento in tutta Italia, Lombardia e Veneto comprese. É un successo? É l’errore che imputa a Salvini? A Salvini ho riconosciuto il merito esclusivo di aver portato la Lega al 34 per cento nel 2019, oggi gli riconosco la responsabilità oggettiva di averci portato a percentuali da piccolo partito nei nostri territori storici. Ad addolorarmi è che, in zone in cui il sentimento federalista era forte, oggi il più votato è un partito centralista come FdI. Questa è la dimostrazione che la Lega ha sbagliato qualcosa. La mossa di Zaia: candidato in tutti i collegi in Veneto. I dirigenti contro Vannacci A proposito di primato al nord, FdI rivendica il candidato presidente in Lombardia. In politica esiste la regola secondo cui un partito pesa in base a quanti voti ha e questa è la carta che FdI ha in mano, dopo averci lasciato il Veneto. Per la Lega perdere una regione che amministra dai tempi di Maroni sarà una ferita non indifferente, ma i numeri pesano. La domanda allora è: come si esce da questo pantano? Tornando a parlare dei temi che interessano al nord, con il modello Cdu-Csu: meno X Mas e Putin, più pragmatismo, commercio e lavoro. Le suggestioni di estrema destra nella Lega non hanno mai avuto grandi estimatori, la nostra forza è sempre stata quella di non essere ideologici, ma ben radicati sul territorio. Questa rivoluzione confederata ha bisogno di un leader? Le idee rimangono lettera morta se non camminano sulle gambe di qualcuno. E noi abbiamo parecchi profili. Faccia qualche nome: Zaia, Fedriga, Fontana? Loro tre sono i più quotati e rappresentativi di quel mondo leghista fatto di buona amministrazione e risposte chiare. Ci sono anche altri profili, ma i nomi non vanno fatti ora perché rischierebbe di essere il bacio della morte.