Continua la moltiplicazione delle fattispecie penali. Dopo l’introduzione del reato di rave party, il decreto Cutro, con il “reato universale” di chi causi morte o lesione mentre fa entrare in Italia immigrati irregolari in Italia, la proposta per rendere “reato universale” pure la gestazione per altri, un nuovo disegno di legge sanziona l’istigazione a condotte alimentari idonee a indurre disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia e altri). Come per i reati citati, anche per questo sorgono diversi dubbi.

Il disegno di legge

Il recente disegno di legge è solo l’ultimo di una lunga serie in tema di disturbi del comportamento alimentare, poiché ricalca quasi alla lettera numerose altre proposte presentate nel corso degli anni, ma sempre sfociate nel nulla. A partire da quella di Beatrice Lorenzin, allora deputata del Pd, nel novembre 2008, fino ad arrivare a quella di Arianna Lazzarini, deputata della Lega, nell’ottobre 2022.

La nuova proposta introduce nel codice penale l’art. 580-bis, in base al quale chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, determini o rafforzi l'altrui proposito di ricorrere a condotte alimentari idonee a rafforzare o provocare disturbi del comportamento alimentare, e ne agevoli l'esecuzione, è punito con la reclusione fino a due anni e la sanzione amministrativa da euro 20mila a 60mila.

Se il reato viene commesso nei confronti di una persona in minorata difesa o di una persona minore di 14 anni o ancora su di una persona priva della capacità di intendere e di volere, si prevede l'applicazione della pena della reclusione fino a quattro anni e la sanzione amministrativa da euro 40mila a 150mila.

Negli altri articoli del disegno di legge si prevede l’istituzionalizzazione della giornata contro i disturbi alimentari, già ricordata ogni15 marzo con la giornata del Fiocchetto Lilla, un piano di interventi statali allo scopo di prevenire e curare tali disturbi e una relazione annuale del ministro della Salute alle camere con aggiornamenti sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche sulle malattie sociali.

Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge – firmatario Alberto Balboni, senatore di Fratelli d’Italia - si spiega come «attualmente nel nostro paese siano 3.000.000 i soggetti affetti da questi disturbi, circa il 5 per cento della popolazione italiana, di cui il 96,4 per cento sono donne. Ogni anno i disturbi alimentari provocano la morte di 4.000 giovani, collocandosi come seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali, e dopo la pandemia si è registrato un aumento del 40 per cento dei casi». Questo è il motivo per cui si reputa di intervenire normativamente.

Critiche all’iniziativa di legge

Sull’iniziativa di legge possono svolgersi alcune considerazioni. Innanzitutto, l’ambito di estensione. È vero che essa consentirà di perseguire i gestori di siti, blog e chat che diffondono comportamenti alimentari nocivi per la salute.

Tuttavia, essendo imputabile chiunque, con qualsiasi mezzo, istighi a pratiche idonee a provocare disturbi del comportamento alimentare, potranno essere incriminate ad esempio anche persone che siano a propria volta affette dai medesimi disturbi, dei quali esse non sempre sono coscienti.

Può trattarsi di ragazzi e ragazze che, al di là di qualunque strumento virtuale e organizzato, nella comunicazione quotidiana trasmettano messaggi che rischiano di portare i propri coetanei a disturbi alimentari, senza avere piena consapevolezza delle conseguenze che tali messaggi possono avere. La distorta percezione della realtà, del significato delle proprie condotte e delle loro eventuali ripercussioni, in termini giuridici può tradursi in una incapacità di intendere in modo pieno. 2

Dunque, l’approccio penalistico onnicomprensivo, da un lato, potrebbe colpire persone che necessiterebbero, invece, di un approccio medico su svariati piani, più che sanzionatorio; dall’altro, potrebbe portare ad escludere l’imputabilità dell’autore del reato, se a propria volta affetto dai disturbi in questione, anche perché il concetto di infermità recepito dal codice penale è molto ampio e, quindi, potrebbero esservi soggetti incapaci di intendere, nonostante non siano malati in senso stretto (Cass. pen. n. 19532/2003).

In secondo luogo, va considerato che i disturbi del comportamento alimentare non sono mai frutto di un’unica condotta, quella che si vorrebbe sanzionare.

Come spiegava la relazione di accompagnamento al disegno di legge sullo stesso tema, presentato nel 2014, si tratta di patologie «risultanti dalla complessa interazione di fattori biologici, genetici, ambientali, sociali, psicologici e psichiatrici. Alcuni insistono sull’influenza negativa che possono avere un eccesso di pressione e di aspettative da parte dei familiari o, al contrario, sull’assenza di riconoscimento e di attenzione (…). Altri sottolineano l’importanza di traumi vissuti durante l’infanzia, come le violenze e gli abusi sessuali, fisici o psicologici. Altri ancora condannano l’impatto che potrebbero avere alcuni messaggi veicolati dalla società: uno dei motivi per cui alcune ragazze inizierebbero a sottoporsi a diete eccessive sarebbe la necessità di corrispondere a determinati canoni estetici che premiano la magrezza, anche nei suoi eccessi».

Di tutto questo la nuova fattispecie penale sembra non tenere conto, prendendo di mira l’ultimo atto, quello dell’istigazione. Ma il medesimo atto di incitamento potrebbe avere un maggiore o minore impatto a seconda della situazione psicologica della persona cui è diretto. Situazione della quale l’autore della condotta, peraltro, potrebbe non avere contezza.

Individuare quale fattore induca il disturbo alimentare potrebbe essere non agevole, rendendo ardua la precisa valutazione della portata lesiva della condotta istigatrice considerata dalla nuova norma. Peraltro, è difficile tracciare la linea tra una condotta che può essere idonea a indurre un disturbo alimentare, passibile di essere sanzionata, e una condotta che non lo è.

Certe diete, a volte sbilanciate o estreme, pubblicizzate su social network lo sono? Le foto del prima e del dopo un percorso di personal training? Il principio di tassatività della norma penale richiederebbe maggiore precisione.

Infine, benché non vi sia nel nostro ordinamento il reato di istigazione all’anoressia, chi mette in pratica tale condotta è già oggi sanzionabile con l’applicazione di norme vigenti. La condotta, infatti, può ricadere in altri illeciti previsti dal codice penale. Spesso l’anoressia porta a sintomi depressivi che si manifestano anche con intenti di suicidio, e la malattia può evolversi in un lento lasciarsi morire.

Pertanto, chi induce all’anoressia potrebbe essere denunciato per istigazione a tale atto (art. 580 c.p.). Se non conduce alla morte, l’anoressia provoca lesioni (che possono essere gravi o gravissime), pure queste perseguibili penalmente (art. 583, cc. 1 e 2, c.p.). Dunque, anche se il nuovo reato non fosse introdotto, la condotta sarebbe comunque punibile, come la è stata finora.

Si potrebbe obiettare che la recente proposta di legge mira a focalizzare l’attenzione pubblica sui disturbi del comportamento alimentare, dei quali forse non si parla come servirebbe. Ma uno strumento normativo non può avere l’intento di “sensibilizzare” l’opinione pubblica.

Né serve una norma di legge per definire un piano di azione, ad esempio con iniziative di educazione sanitaria ed alimentare verso la popolazione e una formazione del personale sanitario e degli insegnanti, al fine di arrivare a diagnosi precoci dei disturbi alimentari, anche in un’ottica di prevenzione. Si tratta di interventi che possono essere disposti senza l’introduzione di un nuovo reato.

Un’ultima considerazione. Appena arrivato a via Arenula, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si era detto a favore di «una forte depenalizzazione, quindi una riduzione dei reati». Quale coerenza ci sia fra le affermazioni fatte da Nordio solo pochi mesi e l’inclinazione della maggioranza di governo a introdurre sempre nuovi reati non è dato saperlo.

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