Deliberare senza conoscere

La Consulta perdona i parlamentari che non sanno quello che votano

LaPresse LaPresse
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Costretti a deliberare su un atto che non potevano conoscere perché secretato, alcuni parlamentari hanno fatto ricorso alla Corte costituzionale. Con un’ordinanza la Consulta ha stabilito a sorpresa che non è necessario che i parlamentari siano consapevoli di ciò che votano

  • Alla fine dell’estate di un anno fa Camera e Senato hanno approvato una norma che riguardava il passaggio da Alitalia a Ita Airways nella quale si faceva riferimento a decisioni della Commissione europea che erano state secretate dal governo.
  • Il senatore Gregorio De Falco, il deputato Stefano Fassina e altri hanno fatto ricorso alla Corte costituzionale sostenendo che quel modo di procedere ha menomato il diritto di ogni singolo parlamentare di conoscere prima di deliberare.
  • La Corte costituzionale ha emesso un’ordinanza (redattore il giudice Filippo Patroni Griffi) in cui a sorpresa viene stabilito il principio che se il diritto di conoscere è leso, non è il singolo parlamentare che può ricorrere, ma solo l’assemblea.

Approvereste a scatola chiusa una delibera condominiale che tratta un argomento di cui è a conoscenza solo l’amministratore? Domanda retorica e risposta obbligata: no di certo, non è una bella idea dire sì o no a una faccenda che non si conosce. Questa regola di banale buonsenso non vale per i parlamentari della Repubblica italiana. Alla fine dell’estate di un anno fa deputati e senatori sono stati chiamati a dare il loro voto a un articolo di un decreto legge che faceva riferimento a un docu

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