Il ministro del Turismo Massimo Garavaglia non è più indagato dalla procura della Corte dei conti della Lombardia per la vendita della sede della Ats- Agenzia per la tutela della salute Città metropolitana di Milano (Il Palazzo Beretta in Corso Italia) a Cassa depositi e prestiti a fine 2014, e da quest'ultima al gruppo immobiliare Beni Stabili solo poco tempo dopo. Un'operazione che aveva sollevato forti dubbi e per la quale era stato anche aperto un fascicolo penale poi archiviato.

Lo ha reso noto il procuratore regionale del capoluogo lombardo Luigi Cirillo durante la conferenza stampa organizzata in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario dei magistrati contabili.

La sortita del procuratore ha tolto, finalmente, ogni incertezza sulla posizione del neo ministro leghista in questo procedimento contabile che è partito nel 2016 e di cui si erano perse le tracce nonostante fosse stata anche emessa una formale «Contestazione di responsabilità e invito a dedurre», ovvero l'atto con il quale la procura chiede agli «indagati» - quattro in questo caso tra cui Garavaglia - di fornire le proprie spiegazioni sui rilievi emersi durante gli approfondimenti.

L’istruttoria

«Dopo le controdeduzioni del dott. Garavaglia e un'integrazione dell'istruttoria la procura si è trovata di fronte a profili di antigiuridicità e colpa grave ritenuti non sufficienti a sostenere la sua colpevolezza in giudizio» ha detto Cirillo rispondendo a una precisa domanda.

«Questo non vuol dire, comunque, che si neghino i risultati dell'istruttoria condotta per accertare i fatti» ha comunque aggiunto. In termini più comprensibili, la procura ha giudicato la condotta del ministro non manifestamente contraria alle norme sul danno patrimoniale e ha quindi deciso di non percorrere la strada del rinvio a giudizio per il politico che al tempo dei fatti era assessore regionale all'Economia, Crescita e Semplificazione. Strada che è stata azionata, invece, per gli atri tre protagonisti di questa vicenda.

Questa è la seconda notizia arrivata, ufficialmente, ieri. Il procedimento va avanti per gli altri tre indagati, a cominciare da Walter Bergamaschi, attuale direttore generale proprio dell'Ats Milano e al tempo della vendita del palazzo direttore generale dell'assessorato alla Salute della Regione Lombardia.

Il danno da 22 milioni

Gli altri due protagonisti sono Giacomo Walter Locatelli, al tempo dei fatti direttore generale dell'Ats poi passato dal 2016 all'Agenzia regionale sanitaria della Liguria in qualità di commissario straordinario, carica che ha lasciato a fine 2020, e Guido Bonomelli, ex vice direttore di Infrastrutture Lombarde, una società pubblica confluita ora nella società Aria, la centrale acquisti regionale. In altri termini la Consip della Lombardia.

I tre sono chiamati a rispondere, davanti ai giudici della Corte dei Conti, di un danno erariale da oltre 22 milioni di euro. Il maggiore, di gran lunga, tra quelli contestati negli ultimi anni dai magistrati contabili lombardi e molto vicino al prezzo pagato per acquisire il palazzo, comprato per 25 milioni da Cassa depositi e prestiti e poi rivenduto alla società Beni Stabili per 38 milioni di euro, generando una plusvalenza lampo da 13 milioni di euro.

I limiti alla procura

Con l'occasione dell'apertura dell'anno giudiziario i vertici della magistratura contabile milanese hanno fatto il punto sull'attività del 2020 e sulle sfide per il prossimo anno, a cominciare dal presidente della Sezione giurisdizionale Antonio Marco Canu e da Maria Riolo, a capo della sezione di controllo, che ha avvertito di un approfondimento iniziato sull'efficienza ed efficacia dell'attività della centrale Aria nei 18 mesi precedenti al giugno 2020.

Il procuratore Luigi Cirillo ha reso nota l'apertura di una serie di inchieste che riguardano le acquisizioni di materiale sanitario durante l'emergenza Covid, spiegando però che con le nuove norme di legge la procura è chiamata a perseguire solo in caso di dolo e non più per colpa grave.

Una modifica legislativa che rischia di spegnere la luce del controllo sul molte operazioni di spesa pubblica, secondo il magistrato, che rischia di avere effetti anche sull'utilizzo dei 209 miliardi di euro del Next generation fund.

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