Il grande gioco strategico per le prossime elezioni europee si è messo in moto. Da mesi sono noti i contatti tra il Ppe, nella persona del suo presidente Manfred Weber, e i principali esponenti di governo di Fratelli d’Italia. L’idea di Weber è quella di offrire una sponda a Meloni per rafforzare il sempre più esangue consenso dei popolari. Weber può fornire una maggiore legittimazione istituzionale a Fratelli d’Italia, poiché da sempre il partito popolare governa l’Unione Europea, mentre il primo partito italiano può portare un fondamentale serbatoio di voti considerata anche la rilevanza dell’Italia sul piano dei seggi parlamentari.

Ma non è soltanto il partito del presidente del Consiglio a muoversi perché, quasi a sorpresa, la Lega ha avviato un dibattito interno per svincolarsi da Identità e Democrazia, gruppo che riunisce partiti sovranisti e no-euro.

D’altronde la Lega non è più quella di qualche anno fa quando era un partito anti euro, anti establishment, animato da una retorica aggressiva. La Lega ha scontato questa posizione nella crisi del governo Conte I nel 2019, quando Salvini ha capito che la linea euroscettica era indigeribile tanto per il Quirinale quanto per i mercati e le istituzioni europee.

Da allora è iniziata la metamorfosi leghista: l’adesione alla grande coalizione a sostegno di Mario Draghi prima, l’accettazione pacifica della leadership di Meloni poi, infine un programma di governo concreto, senza eccessi populisti, ligio alla disciplina di bilancio.

La bad company

Giancarlo Giorgetti è la mente e forse il principale artefice del cambio di linea della Lega, oramai trasformatasi in forza di governo con una linea socio-economica prudente. Gli elettori sembrano apprezzare e, dopo la caduta del 2022, i sondaggi sono tornati a registrare una crescita del Carroccio.

Il distacco dal gruppo di Identità e Democrazia è nella logica di questa evoluzione: abbandonare la bad company euroscettica e nazionalista del Front National e di AfD, tornare ad essere più determinanti in una prospettiva di governo dell’Unione europea, porre fine all’isolamento diplomatico in cui sono confinati i partiti no euro.

Ed è qui che le strade di Lega e Fratelli d’Italia potrebbero forse incrociarsi. Nessuno dei due partiti entrerà nel Ppe, dove Forza Italia presidia la posizione, ma l’idea è quella di fare un gruppo popolare allargato dove altre componenti possono aggregarsi pur senza entrare nel partito.

Ciò significherebbe costituire quello che probabilmente sarà il più grande gruppo del parlamento europeo e di conseguenza scegliere il presidente della Commissione e i suoi componenti più importanti. Meloni e Salvini hanno compreso l’importanza di influenzare maggiormente la politica europea, soprattutto quando si siede al governo, e si muovono in questa direzione. Naturalmente la costruzione di un accordo tra il Ppe e altre forze politiche non è facile ne scontato.

Molti partiti popolari centristi non vogliono rinunciare alla propria identità mentre la corrente che fa capo a Ursula von der Leyen, al contrario di Weber, è recalcitrante rispetto alle aperture politiche a destra.

Nuovo profilo

Ma anche Fratelli d’Italia e Lega si stanno confrontando internamento: i primi devono molto al gruppo dei Conservatori europei, che molto valorizzato Meloni e offerto al partito italiano incarichi di primo piano nel gruppo parlamentare; i secondo sono divisi tra l’anima più movimentista, euroscettica e sovranista e la Lega istituzionale, governista di Giorgetti e dei governatori. In entrambe le formazioni il ruolo dei leader è determinante, saranno pertanto Meloni e Salvini a tracciare la rotta nei prossimi mesi.

Sarà interessanti anche capire se ci sarà un coordinamento tra la presidente del Consiglio e il suo vice nel muoversi congiuntamente verso nuovi lidi europei o se, invece, prevarrà una logica competitiva che potrebbe condurre a scelte diverse. Ciò che invece è certo è che le forze politiche della destra italiana sono alla ricerca di un nuovo profilo da destra di governa, allineata ai popolari sulle questioni economiche, internazionali e di governance europea.

Se questa strategia camaleontica avrà successo a Bruxelles lo scopriremo nel prossimo anno, ma è evidente che sia per la Lega che per Fratelli d’Italia è in atto una mossa di smarcamento dal passato euroscettico.


 

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