«Quando chiamano Beppe, vuol dire che qualcuno non si vuole sporcare la camicia». A dirlo è un deputato critico verso il nuovo governo di Mario Draghi: ed effettivamente, la giornata gira tutta intorno al garante del M5s. Al suo arrivo trova dei gruppi irrecuperabilmente spaccati. A portare una calma almeno temporanea è la decisione di inserirlo nella delegazione che porterà avanti le trattative con il presidente incaricato. In mattinata si diffonde la notizia che anche Davide Casaleggio è a Roma: come presidente di Rousseau, ha la sua da dire su come affrontare questa decisione. «L’unico modo per avere una coesione del Movimento 5 stelle sarà quello di chiedere agli iscritti su Rousseau», ha detto.

Senato bloccato

La fenditura corre tra Camera e Senato e i senatori sono quasi interamente dalla parte di Alessandro Di Battista, che da fuori il parlamento continua a lanciare i suoi anatemi contro il sostegno a Draghi: «Ogni ora che passa, per quanto mi riguarda, si aggiungono ragioni su ragioni per dire No a Draghi». Seguono i suoi fedelissimi: in mattinata si espone la senatrice Barbara Lezzi. «Un governo con Berlusconi, Calenda, Renzi, Bonino e Salvini non è un governo politico ma un’attrazione fatale per il M5s e una sciagura per gli italiani». Appena più morbido Danilo Toninelli all’ora di pranzo scrive su Facebook «andiamo a vedere cosa ci propone il presidente incaricato Mario Draghi. Ma andiamo con la valigia piena di proposte imprescindibili per noi. E, poi, qualunque cosa accada, decidiamo tutti assieme. Con il voto degli iscritti».

Sono tanti i senatori che la pensano così. A metà giornata, uno dei parlamentari più addentro alle trattative spiega che a Palazzo Madama il gruppo è totalmente impermeabile a qualsiasi proposta. E che, in questo momento, se si provasse a fare i conti con i numeri della vecchia maggioranza, la fiducia sarebbe lontanissima.

Il punto più critico per tanti è Forza Italia. «Al massimo potremmo tollerare un appoggio esterno, oppure vedere qualcuno che sia disposto a condividere le nostre battaglie lasciare il gruppo e sostenerci», dice il deputato critico.

La consultazione

E poi, la questione Rousseau. «Sarebbe uno scandalo non consultare la base», dicono i critici. Per la fronda “pro-Draghi”, però, Rousseau va mantenuta più lontano possibile. «L’unico modo per uscirne è che si pronunci Beppe e rassicuri l’elettorato sulle questioni discusse con il presidente incaricato», dice ancora il parlamentare pontiere. Per ora, anche gli eletti locali raccolti nelle chat non sembrano disponibili a sostenere un esecutivo allargato guidato da quel che era uno dei simboli dell’establishment contro cui il Movimento delle origini si scagliava.

A nulla sono servite le uscite dei deputati che hanno raccolto l’apertura indicata dal presidente uscente Giuseppe Conte. Fonti del Movimento riferiscono che Beppe Grillo ha chiamato lui e molti parlamentari noti perché la delegazione Cinque stelle potesse affrontare le consultazioni in un clima più tranquillo. Pare ci sia stato anche un contatto telefonico con Draghi stesso, che avrebbe rassicurato numerosi parlamentari. Ma il totale ostruzionismo del gruppo dei senatori ha reso indispensabile che il garante venisse a Roma di persona. Oggi incontrerà, dopo un vertice con le prime file del M5s e Conte stesso il presidente al fianco di Vito Crimi, i capigruppo Ettore Licheri, Davide Crippa, Riccardo Ricciardi e Paola Taverna, voluta proprio dal capo politico, nonostante la sua posizione critica.

A questo punto i frondisti “pro-Draghi” devono riuscire a fare i conti entro la fine della prossima settimana. È ormai quasi certo che il presidente incaricato farà un altro giro di consultazioni a inizio settimana prossima. Se il nuovo esecutivo dovesse riuscire a giurare già mercoledì, giovedì e venerdì potrebbe già essere la volta della fiducia in parlamento: entro venerdì il Movimento dovrebbe quindi aver certezza dei propri numeri, soprattutto al Senato.

Una quindicina di addii sono già stati messi in conto: la conseguenza diretta sarebbe la necessità a questo punto inevitabile di coinvolgere Forza Italia, aspetto che potrebbe ulteriormente indispettire i gruppi. A meno che non arrivasse entro la data del voto il via libera da parte di Rousseau, una garanzia a cui nessuno potrebbe dire di no.  

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