Generazione Covid: il nome è lo stesso in tutti i Paesi, cambia il destino. Parliamo dei grandi perdenti della crisi post Coronavirus, i giovani adulti tra i venti e i trent’anni, tutti coloro che studiano all’università o si affacciano per la prima volta sul mondo del lavoro. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, i giovani italiani, già in difficoltà prima, ora se la vedono davvero brutta: il 10 per cento di chi studia teme di non riuscire a concludere i corsi accademici e il 50 per cento ha già subito ritardi sulla tabella di marcia. Intanto, uno su sei di quelli che un impiego già l’avevano lo ha perso, gli altri hanno visto il proprio salario ridursi del 23 per cento.

Una prospettiva che lascia un’intera generazione ai margini del mondo produttivo, rischiando di proiettarla verso la categoria dei Neet (Not in education, employment or training), come scrive anche Alessandro Rosina, professore di demografia all’università Cattolica di Milano, nel suo paper I Neet in Italia. Tra l’altro, non si tratta affatto di una dinamica unica: quella dei giovani era stata tra le fasce meno fortunate anche dopo la crisi del 2008, con un calo dell’occupazione di quasi 2 milioni di unità in cinque anni.

Una luce in fondo al tunnel, per ora, non è in vista. Non nel testo del Decreto Rilancio, almeno. Eppure, investire sulle generazioni future per poter disporre di forza lavoro qualificata e in parte già inserita nel tessuto produttivo sembra essere una priorità nella strategia per il post-Covid degli altri paesi europei, uno su tutti la Germania.

Anche i giovani tedeschi sono stati una delle fasce d’età più colpite dalla crisi, ma le prospettive per la ripresa sono molto diverse. Berlino ha già approvato un pacchetto di incentivi a fondo perduto per le aziende che manterranno attivi i posti di stage e tirocinio: la misura si rivolge in particolar modo alle piccole e medie imprese, per cui sono previsti trasferimenti una tantum di duemila euro per chi mantiene lo stesso numero di posti disponibili, tremila se addirittura dovesse aumentarli, il tutto finanziato con un fondo da 500 milioni di euro.

Per quanto riguarda invece gli universitari, è possibile ottenere un prestito fino a 650 euro dal Kreditanstalt für Wiederaufbau (l’equivalente della Cassa Depositi e Prestiti) privo di interessi per un anno. La ministra dell’istruzione, Anja Karliczek, ha anche previsto un fondo d’emergenza per oltre cento milioni di euro che andrà a finanziare contributi a fondo perduto fino a 500 euro per gli studenti meno abbienti. Le misure sono già state oggetto di critica, con le opposizioni che hanno chiesto di mettere a disposizione più denaro.

La generazione Covid, in Italia come in Germania, si sente dimenticata. Certo, di qua dalle Alpi a disposizione di chi dovrebbe essere uno dei motori del rilancio del post epidemia c’è davvero poco. In un paese in cui i giovani si scontrano quotidianamente con un sistema pieno di falle, logica vorrebbe che si sfruttasse l’occasione per colmare il divario con la media europea.

Nella sua ricerca, Rosina spiega come la carenza principale riguardi il raccordo tra domanda e offerta: spesso i ragazzi si confrontano con posizioni che richiedono competenze superiori alle proprie o, al contrario, la loro formazione è a un livello troppo elevato rispetto alle offerte a disposizione nella propria area di riferimento.

Nei decreti del governo non c’è traccia di politiche concrete che intervengano finalmente sulla transizione tra studio e lavoro. Dove un cambiamento strutturale potrebbe realizzare finalmente un ibrido efficace tra scuola o università e aziende, gli interventi a favore dei ragazzi tra i venti e i trent’anni sono noccioline.

Nell’ambito della ricerca si festeggiano i 4.500 nuovi borse di specializzazione in medicina, mentre per il resto sono previsti, in ordine, indennità di 600 euro per i lavoratori stagionali, spesso giovani, per i mesi di aprile e maggio, un ampliamento del credito d’imposta per le imprese del meridione da utilizzare anche per nuove assunzioni e venti milioni stanziati per sostenere chi a fronte di un Isee sotto i 15.000 euro deve pagare un affitto (si tratta però di un sostegno incompatibile con altri aiuti pubblici).

“Sono interventini, spalmature di piccole cose”, dice Lorenzo Fioramonti, ex ministro dell’Istruzione e oggi deputato del gruppo misto. “Manca un impulso d’insieme. È il colpo di grazia, lo schiaffo finale a una generazione che già si è vista sottrarre ogni risorsa da quelle precedenti. I ragazzi non hanno ricevuto nemmeno un segnale d’attenzione”.

Insomma, le prospettive sono tutt’altro che rosee, soprattutto per chi invece, secondo l’ultimo report Ocse, sarebbe da seguire con particolare attenzione: nella panoramica sull’occupazione si sottolinea infatti quanto sarà “cruciale” mantenere in vita i legami tra giovani e mercato del lavoro, magari resuscitando il programma della Garanzia giovani. Per evitare a tutti i costi che vada persa un’intera generazione, bloccata dall’indisponibilità di tirocini o dall’impossibilità di finanziarsi l’università in un’altra città.

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