Smartworking è diventata la parola chiave degli uffici pubblici in tempo di Covid-19. Per i dipendenti del ministero della Giustizia, tuttavia, la questione del lavoro agile è stata terreno di scontro da ogni lato: sul fronte del dipartimento dell’Amministrazione giudiziaria e su quello dell’utenza, avvocati in particolare. La ragione è chiara a chiunque sia entrato in un tribunale italiano o abbia avuto a che fare con la burocrazia richiesta dal processo. Dal punto di vista della gestione interna agli uffici, il tema centrale è l’accesso alla piattaforma intranet. Il ministero della Giustizia ha una sorta di rete riservata sulla quale finiscono gli atti giudiziari e sono attivi i registri, come per esempio quello delle notizie di reato nel settore penale. Si tratta di dati sensibili e riservati, il cui accesso deve essere gestito in modo sicuro.

Dal punto di vista degli operatori del mondo della giustizia, invece, la questione riguarda la gestione delle cancellerie: il deposito di atti sia civili che penali, la richiesta delle copie, la presa visione dei contenuti dei fascicoli continuano ad avvenire prevalentemente via carta, dunque con la necessità che l’avvocato si rechi fisicamente nel palazzo di giustizia.

Senza affrontare questi due aspetti problematici, lo smartworking per un cancelliere o per un membro del personale amministrativo è solo formale, perché tecnicamente non ha modo di svolgere la propria mansione al di fuori delle mura degli uffici. Eppure, il decreto legge 125/2020 ha prorogato lo stato di emergenza al 31 gennaio 2021 e confermato fino al 31 dicembre 2020 le udienze da remoto e la trattazione scritta dei procedimenti civili.

Pc e accesso per tutti

Il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria di via Arenula ha provato a risolvere almeno una parte del problema. Dopo due mesi di contrattazione, oggi è stato firmato con i sindacati di categoria l’accordo sullo smart working. Il testo sottoscritto prevede che i dipendenti che lavoreranno da casa avranno accesso alla cosiddetta “consolle” delle cancellerie, che permette di svolgere gran parte delle mansioni possibili dalla postazione nell’ufficio: ricevere e gestire gli atti attraverso gli applicativi, di gestire il contributo unificato, pubblicare i provvedimenti civili, notificare gli atti penali con il sistema Snt (sistema delle notifiche telematiche) predisporre gli atti e i provvedimenti, procedere all’istruttoria procedimentale e alla gestione dei fascicoli e alla potocollazione digitale degli atti amministrativi. Inoltre, il ministero ha annunciato che «Sono stati acquistati oltre 12.000 pc portatili, 3.000 dei quali saranno distribuiti nelle prossime settimane. Ulteriori dispositivi, per raggiungere un numero complessivo di circa 20.000 unità per il personale amministrativo giudiziario, saranno acquistati con ulteriori disponibilità̀ di bilancio». I dipendenti che lavoreranno da remoto, dunque, avranno in dotazione un pc portatile aziendale e un monitor per creare una postazione di lavoro in casa e accedere alla rete ministeriale in modo sicuro. 

«L’attività possibile da remoto nel settore giustizia è stata molto limitata per i problemi di accesso da parte dei cancellieri ai registri», ha detto la presidente del Consiglio nazionale forense, Maria Masi. «Ora prendiamo atto del protocollo e monitoreremo che venga implementato nel migliore dei modi: la nostra prima preoccupazione è che l’attività di difesa non venga compromessa o subisca ulteriori inaccettabili limitazioni».

L’accesso alle cancellerie

Questa, tuttavia, è solo parte della soluzione: rimane aperta la questione dell’accesso degli avvocati agli uffici giudiziari. «Continua a mancare la copertura normativa che consenta di depositare gli atti giudiziari da remoto con la posta elettronica certificata», dice Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali italiane. «Il ministero vuole fare il “videogioco” del processo penale», aggiunge riferendosi al fatto che oggi i processi penali si celebrano da remoto, con tutte le parti collegate via webcam, «ma noi continuiamo a dover andare in tribunale per poter depositare gli atti o chiedere copie, come abbiamo fatto anche in pieno lockdown».

Accedere alle cancellerie, però, è un’impresa. A Roma, il più grande ufficio giudiziario d’Europa, c’è solo un ufficio centralizzato per chiedere le copia e ogni giorno si forma una lunga coda davanti alla porta. La materiale organizzazione delle aperture degli sportelli, poi, non è omogenea sul territorio nazionale ma demandata ai vertici dei singoli uffici giudiziari. «Nei tribunali è tornata l’Italia dei granducati: ognuno a modo suo. In alcune cancellerie si continua a poter entrare, altre sono sempre chiuse, altre ancora chiedono che si prenda appuntamento. Noi avvocati siamo percepiti nel migliore dei casi come intrusi, nel peggiore come untori», spiega Caiazza.

Inoltre, la mancata presenza fisica di molti dipendenti ha peggiorato la situazione dell’apertura delle cancellerie, dato che il comparto amministrativo era già endemicamente sotto-organico, nonostante la nuova tornata di assunzioni prevista dal ministero.

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