Monopattini sì, colonnine per la ricarica delle auto elettriche no. E' strabica l'amministrazione comunale romana di Virginia Raggi con i nuovi sistemi meno inquinanti di trasporto. Non è l'unica. Da Milano a Napoli, da Palermo a Vicenza, quasi ovunque in Italia i comuni non smaniano dalla voglia di assecondare l'Enel e gli altri gruppi di distribuzione dell'energia elettrica che insistono per installare le colonnine sperando di guadagnarci quando il mercato avrà preso davvero l'abbrivio. Le amministrazioni locali sanno che la creazione della nuova rete va incontro alle esigenze dei cittadini, almeno in prospettiva, e non comporta costi per il bilancio comunale, ma non vogliono restare passivamente a guardare, vorrebbero ritagliarsi un posticino nel business con l'obiettivo di portare nelle casse pubbliche un po' di quattrini.

In teoria sembrerebbero superati gli impedimenti burocratici che fino a qualche tempo fa avevano reso difficile l'installazione dei punti di ricarica. Con il decreto semplificazione varato questa estate dal governo è stata per esempio accantonata la necessità di redigere la Scia, la Segnalazione certificata di inizio di attività, un documento burocratico ritenuto particolarmente complicato dagli stessi tecnici. Ora le colonnine vengono classificate «edifici semplici» e la loro realizzazione risulta sulla carta più spedita perché è sufficiente una semplice richiesta al comune e l'iter viene avviato. Ma in pratica le cose quasi mai vanno avanti spedite.

200 punti di ricarica fermi a Roma

A Roma il regolamento comunale prevede che per non intralciare il cammino dei pedoni le colonnine possano essere installate solo dove i marciapiedi hanno un'ampiezza superiore ai 2 metri e mezzo. L'intenzione è buona, ma la conseguenza è che i punti di ricarica non possono essere piazzati perché di marciapiedi di quelle dimensioni nel cuore di Roma ce ne sono pochi o punti. Ce ne sono a Ostia dove in effetti un po' colonnine sono spuntate. Il risultato è che a Roma centro restano fermi 200 punti ricarica già progettati (su un piano totale di 700) e pronti per l'installazione. A Palermo prima di concedere i permessi gli uffici del comune hanno bandito una sorta di asta informale riconoscendo un vantaggio alle società che offrono i benefici giudicati migliori per l'amministrazione. A Milano sono 250 le colonnine bloccate: qui il sindaco Beppe Sala vorrebbe che gli installatori pagassero la Tosap (la tassa sull'occupazione del suolo pubblico) sui metri quadri usati dalle auto in carica. Idem a Napoli e Vicenza. Non si tratta di grandi cifre, considerato che l'area necessaria per un'auto in ricarica è quella di un normale parcheggio, circa 5 metri per 2 e mezzo, in base d'anno la tassa sarebbe a spanne tra i 2.500 e i 3 mila euro.

Dopo una lunga fase di gestazione sembra ormai ci siano anche in Italia tutte le premesse perché il processo dell'auto elettrica non si fermi, anche se non è detto che avanzi spedito. I veti della Fiat dell'era Marchionne sono ormai solo un ricordo, mentre dal punto di vista della politica l'introduzione della mobilità elettrica incontra almeno a chiacchiere i favori dei partiti, un po' per convinzione e un po' perché va di moda. La tecnologia dei veicoli elettrici ha però ancora molti punti deboli, a cominciare dalla autonomia delle batterie che rimane modesta e non consente viaggi di centinaia di chilometri senza ricarica. L'auto elettrica resta per lo più un prodotto di nicchia, il secondo veicolo per spostamenti in città di pochi chilometri da affiancare all'auto principale di tipo tradizionale per chi se lo può permettere. Molto indicativa la pubblicità che passa spesso in tv e che sorprendentemente promuove un certo tipo di auto elettrica non per le sue doti, ma per i suoi difetti. La voce fuori campo dice in sostanza che non è necessario girare mezzo mondo per restare appagati, ma che può essere utile e divertente spostarsi di poco in città.

40mila veicoli in circolazione

L'installazione delle colonnine elettriche si è adeguata a questa dimensione che potremmo definire minimalista. In questo momento in Italia ci sono 15 mila colonnine e i veicoli elettrici 40 mila mentre il parco auto totale è di circa 39 milioni. La sproporzione è abissale, anche se il ministero dello Sviluppo economico prevede che a medio termine i veicoli elettrici circolanti saranno 6 milioni. Al momento i punti di ricarica sono di due tipi: quelli che trasferiscono l'elettricità attraverso la colonnina dalla rete alla macchina in un paio d'ore con una spesa di circa 20 euro per ricarica. E quelli più veloci in cui la conversione elettrica avviene nella colonnina con un tempo di ricarica da 20 minuti a un'ora e una spesa di 24 euro circa.

L'attore principale della nuova rete è il più grande produttore e distributore di energia elettrica, l'Enel che ha costituito una società ad hoc, Enel X con una divisione mobilità guidata da Federico Caleno. Enel X ha programmato 300 milioni di euro di investimenti dal 2017 al 2022 e ne ha già spesi la metà installando 11.500 punti di ricarica. Accanto a Enel c’è la società privata Becharge che dichiara 3.124 colonnine installate e l'obiettivo di piazzarne altre 27 mila per coprire il 100 per cento dei comuni italiani. Poi ci sono la genovese Duferco e le aziende multiservizi A2A, Hera e Iren.

Autostrade scoperte

Per le colonnine sulle autostrade l'Unione europea ha affidato ai concessionari il compito di creare la rete. Ma forse perché presi da altre incombenze sia Autostrade per l'Italia (Aspi) sia gli altri per ora se la sono presa comoda. Aspi ha piazzato con Enel due punti di ricarica sull'Autosole, a Flaminia Est nel Lazio e a Secchia Ovest nel modenese, ma per il futuro intende fare da sola dopo aver costituito una società apposita, mentre il gruppo Gavio (autostrade del nordovest) ha delegato a subconcessionari il compito di piazzare le colonnine. Altri progetti in corso includono l'Anas e prevedono l'installazione di punti di ricarica in ogni stazione di servizio sul Grande raccordo anulare di Roma e 4 punti sulla Salerno-Reggio Calabria.

Perfino chi si presume dovrebbe essere naturalmente diffidente verso l'elettrico come i produttori e distributori di carburanti tradizionali, benzina e diesel, non vuole restare escluso. Daniele Bandiera, amministratore delegato di Ip spiega: «Pensiamo di dotare la nostra rete sia di carburanti convenzionali sempre più avanzati sia di ricariche fast e ultrafast nelle aree di servizio così da permettere ai veicoli elettrici una carica veloce anche nelle zone extraurbane».

© Riproduzione riservata