Il cambio di denominazione dei ministeri nel governo Meloni è solo il primo passo verso l’apertura di un nuovo fronte interno. Nei prossimi giorni andrà definita l’attribuzione delle deleghe, che delimitano il campo d’azione di ogni ministro.

In uno dei primi Consigli dei ministri bisognerà approvare un decreto per comprendere effettivamente quali funzioni spettano ai ministeri nascenti, perché non è sufficiente un nome diverso per avere un quadro chiaro. Dal punto di vista politico l’obiettivo di Meloni sembra essere quello di depotenziare i propri alleati, a cominciare da Matteo Salvini, e proseguendo con gli esponenti di Forza Italia, facendo leva sugli uomini del suo partito, inseriti in posizioni decisive.

Pnnr a Fitto

Uno dei casi più significativi riguarda Raffaele Fitto, che è stato nominato ministro degli Affari europei e del Pnrr, creando sulla carta una struttura che nel governo Draghi non era presente. L’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza era stata affidata a ogni singolo dicastero, in base alle proprie responsabilità, con la semplice supervisione del presidente del Consiglio e del ministro dell’Economia, Daniele Franco.

Non c’era un ministero come quello che Meloni creerà a palazzo Chigi ampliando i compiti del dipartimento di Fitto. E qui comincia una sfida politica che si gioca sul campo tecnico: la delimitazione del perimetro delle deleghe per comprendere quali funzioni spettano al nascente dicastero del Pnrr.

Per sua natura, le mansioni sono diffuse: il Piano tocca vari ambiti di applicazione, dall’ambiente alle infrastrutture, passando per i trasporti, l’agricoltura e per l’innovazione tecnologica (che non è stata coperta da alcuna casella ministeriale). I bandi faranno sempre capo ai ministeri e una sostanziosa parte delle competenze saranno nelle mani di Salvini, ministro delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili (ha conservato la denominazione voluta dal suo predecessore Enrico Giovannini).

Dal Mims passano infatti centinaia di progetti finanziati dal Pnrr, molti dei quali finanziati con ingenti risorse. La sottrazione dei compiti tout court è missione improba, ma l’affidamento a Fitto di un ruolo di supervisione ha un significato prima di tutto politico, oltre che pratico. È a palazzo Chigi che bisogna rivolgersi. Al momento il Dipartimento, anche come organico, non sarebbe capace di gestire un dossier così corposo: sotto la guida di Enzo Amendola, gli Affari europei si sono occupati solo in fase iniziale del Pnrr.

Porti divisi

Salvini è tirato in ballo anche su un altro versante, quello della gestione dei porti. Durante il primo governo Conte, quello gialloverde, il leader della Lega, da titolare del Viminale, condivideva la responsabilità con il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli. E così ha potuto portare avanti la sua propaganda sul tema dell’immigrazione rilanciando lo slogan dei «porti chiusi».

A parti invertite, diventato ministro delle Infrastrutture, Salvini può giocare di sponda con Matteo Piantedosi, titolare dell’Interno e suo ex capo di gabinetto. Meloni ha voluto inserire un terzo incomodo: il ministero del Mare, affiancato a quello del sud, guidato dell’ex presidente della Sicilia, Nello Musumeci. Così, a meno che non sia una scatola vuota, le deleghe sui porti potrebbero essere in parte assegnate anche a questo dicastero. Un altro modo per “commissariare” l’alleato.

Altra delicata questione riguarda il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, affidato a Gilberto Pichetto Fratin (Forza Italia) che soppianta la transizione ecologica, finora guidata da Roberto Cingolani. In questo caso la condivisione di responsabilità è con l’ex Mise, ora ministero per le Imprese e il made in Italy, che sarà guidato da Adolfo Urso, altro nome di peso del partito di Meloni.

Energia e ambiente

Le deleghe sull’energia sono già state trasferite con la costituzione del ministero della Transizione ecologica e con il parziale svuotamento di quello dello Sviluppo economico. In particolare è stata spostata «la direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica» e la «direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari» con la relativa dotazione organica insieme ai profili dirigenziali.

Stando al nome assegnato, con il riferimento alla sicurezza energetica, potrebbe essere tutto confermato. Ma il nuovo governo può anche riaprire i giochi: Urso ha l’interesse di portare sotto il proprio controllo un dossier alquanto delicato, quello dell’energia, soprattutto nella fase storica che si sta attraversando. Anche perché all’ex Sviluppo economico fa ancora riferimento il Gestore dei servizi energetici. Che ne sarà poi dell’Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane? Dal 2020 le «competenze in materia di internazionalizzazione delle imprese» sono state trasferite al ministero degli Esteri. Urso chiederà di riaverle? 

L’ultimo capitolo riguarda il ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, che tuttavia da un punto di vista pratico non avrà bisogno dell’attribuzione di diversi compiti. Il principio alla base della definizione sarebbe quello di accorciare le filiere, favorendo produzioni locali. Ed è quindi una visione politica, che non necessita di un ufficiale ampliamento del raggio d’azione. E non significa che nulla cambierà sulla linea politica: solo che non occorrono atti ufficiali per potenziare l’azione.

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