Il Quirinale ha ottenuto di togliere dal dl Infrastrutture la norma che prevedeva i controlli in capo al Viminale. Il leghista polemico: «Non penso che il Colle sia contro organismi antimafia»
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato l’anniversario della strage di Capaci con le parole di Giovanni Falcone, «la mafia, come ogni fatto umano, ha avuto un inizio ed avrà anche una fine» e ha aggiunto come sia fondamentale «tenere sempre alta la vigilanza, coinvolgendo le nuove generazioni nella responsabilità di costruire un futuro libero da costrizioni criminali». Mai parole sono state più calibrate ma nello stesso tempo taglienti, all’indomani dello scontro tra il Quirinale e la Lega.
L’oggetto del contendere è il progetto a cui il vicepremier Matteo Salvini ha legato la sua legislatura: il Ponte sullo Stretto.
Nel decreto Infrastrutture approvato lunedì dal Consiglio dei ministri era previsto che i controlli antimafia sull’opera fossero affidati solo al ministero degli Interni: accentrati in un dipartimento del Viminale, proprio come accade con le Olimpiadi di Milano-Cortina.
Una deroga significativa ma passata sotto traccia, che normalmente viene prevista solo in casi di emergenza come catastrofi naturali oppure per l’organizzazione di eventi con tempi molto stretti. Nulla a che vedere con il ponte a cui Salvini (e molti prima di lui) sogna di legare il proprio nome, che è opera mastodontica con tempi previsti per il completamento nel 2032 e i cui cantieri lautamente finanziati saranno certamente al centro degli appetiti della criminalità organizzata mafiosa.
Di qui le perplessità del Quirinale, sentinella sempre attentissima su questo tipo di questioni, che ha fatto notare come la deroga sui controlli non fosse giustificabile.
Il suo intervento ha portato alla cancellazione dell’articolo in questione ed è avvenuto in modo plateale con una nota, in cui il Colle ha specificato che la procedura speciale proposta «autorizza anche a derogare ad alcune norme previste dal Codice antimafia» e ha sottolineato anche l’irritualità dell’inserimento dell’emendamento, che «non era contenuta nel testo preventivamente inviato al Quirinale, ma è apparsa poche ore prima della riunione del Consiglio dei ministri».
In altre parole, il sospetto è che si sia tentato di farla passare in sordina sperando nella disattenzione di Mattarella. Norma espunta e problema risolto nel merito, ma che ha sollevato una questione politica ineludibile: la tentazione di ridurre i controlli o comunque di portarli nelle mani dell’esecutivo.
Lo scontro
I rilievi del Quirinale, che ormai appare sempre di più come l’argine più attento all’azione del governo Meloni, hanno evidentemente irritato il vertice della Lega. Fonti del Ministero delle Infrastrutture, infatti, hanno fatto sapere che l’auspicio è che «il parlamento possa valutare l’importanza di alcune integrazioni, a partire dal rafforzamento dei controlli antimafia sul ponte sullo Stretto a cui hanno già lavorato i ministri Salvini e Piantedosi».
Fuori dal giro di parole, l’ipotesi è che la Lega punti a reinserire in via di conversione del decreto ciò che il Colle ha fatto eliminare. Con uno slogan: «Più opere e più controlli», scrive il deputato calabrese Domenico Furgiuele. Ma controlli che non ingolfino la macchina, sembra il sottinteso, visto che il tentativo di portarli sotto al Viminale – come si fa con le opere eccezionali da realizzare in tempi rapidi – avrebbe il senso di snellirne gli iter.
Se il ministro Piantedosi con mestiere ha dribblato la polemica dicendo che «la prevenzione antimafia è stata sempre l'interesse di tutti», pur aggiungendo che i controlli fatti dal ministero dell’Interno sono sempre stati «approfonditi, puntuali ed efficaci», il leader leghista non si è preoccupato di spegnere la polemica.
Nel confermare che è già pronta per l’aula una sua proposta per «aumentare al massimo i controlli e le certificazioni antimafia per tutti gli appalti» per il ponte, Salvini ha aggiunto: «Penso e spero che nessuno si opponga ad inserire più controlli, non penso che il Quirinale sia contro gli organismi antimafia».
Certo è che scontrarsi sui controlli antimafia sull’opera più costosa mai immaginata da molte legislature a questa parte – e farlo proprio nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci – è un’immagine che non giova al progetto simbolo di Salvini e il diretto interessato ne è cosciente.
E significativo è il silenzio degli alleati di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, senza il cui voto nessun emendamento leghista potrà essere inserito in sede di conversione.
Rimane un dato: il Quirinale appare ormai unico argine di richiamo per il governo al rispetto dei principi, dietro cui si è compattato il fuoco di fila delle opposizioni. Prima del decreto Infrastrutture, infatti, la voce di Mattarella si era fatta sentire anche rispetto ai punti più critici del decreto Sicurezza. In quel caso, tuttavia, la trasformazione del ddl in decreto ha aggirato alcune delle indicazioni del Colle.
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