Il presidente della Camera Roberto Fico, rivolgendo ieri i tradizionali auguri alla stampa parlamentare, ha parlato anche del voto per il nuovo capo dello Stato. Sarà lui a convocare i grandi elettori nel parlamento in seduta comune, con tanto di delegati regionali. Ha confermato che manderà la lettera il 4 gennaio.

Se si rispetterà la prassi di un preavviso di 14 giorni, la prima seduta sarà proprio martedì 18 gennaio, come anticipato da Monte Cavallo. Calendario a parte, Fico si è limitato a lanciare un appello perché la legislatura arrivi comunque a scadenza naturale “a prescindere” da chi sarà eletto presidente: «Svincolerei la questione elezioni da quella del presidente della Repubblica: in questo momento di emergenza l'Italia non credo si possa permettere la campagna elettorale».

Roberto Fico (foto LaPresse)

È interessante l’uscita del presidente della Camera, perché probabilmente la pregiudiziale Fico è condivisa dalla maggior parte dei deputati e senatori: comunque vada non si scioglie e si arriva al 2023. Motivo? L’emergenza che non è per niente finita, per Omicron e non solo.

Uno degli argomenti contro l’opzione Mario Draghi presidente della Repubblica, ricordato spesso negli ambienti del centrodestra, è proprio quello che una simile scelta porterebbe ad elezioni anticipate. La pregiudiziale Fico tende invece a “svincolare” la scelta del Colle.

MELONI SPIEGA, MR. B SCEGLIE IL SILENZIO

Giorgia Meloni (foto LaPresse)

A proposito di centrodestra, Giorgia Meloni torna a parlare dopo la kermesse di Atreju per far capire che cosa intenda davvero per presidente patriota. Lo fa attraverso un’intervista con Venanzio Postiglione del Corriere in cui rispondendo di una candidatura Draghi osserva: «È chiaro che nell'attuale contesto sia una figura italiana autorevole, vista anche l'uscita di scena di Angela Merkel: potrebbe riequilibrare i rapporti di forza dopo lo strapotere franco-tedesco. L'Italia può difendere e rafforzare il suo peso in Europa. Mario Draghi giocherebbe questo ruolo oppure no? Non ho gli elementi per una risposta e credo che prima di tutto bisogna chiedere a Draghi che cosa intenda fare».

Quanto a mr. B, Meloni promette lealtà ma fa notare che i voti del centro destra da soli non possono bastare. Lui, Silvio Berlusconi, è lanciato: ha annullato addirittura la partecipazione all’ennesima presentazione pre-natalizia dell’ultimo libro di Bruno Vespa. Roba seria, serissima. Se la memoria non ci inganna, dobbiamo tornare all’autunno 2010, vigilia del voto di fiducia chiesto da Gianfranco Fini, per trovare una scelta simile.

Per il Cav il silenzio diventa una virtù quando si pensa di poter davvero vincere. Come il giocatore che ha vinto al Gratta e vinci e se lo mette in tasca tenendoselo stretto e facendo finta di nulla.

IL SONDAGGIO CHE PIACE A CONTE-LETTA

Letta e Conte alla presentazione del saggio ''La legge della fiducia'' di Tommaso Greco (LaPresse)

Patto di ferro fra Giuseppe Conte ed Enrico Letta che viaggiano all’unisono sul tema quirinalizio. Lo hanno fatto capire entrambi ieri alla presentazione a Montecitorio dell'ultimo saggio del professor Tommaso Greco, amico del segretario del Pd.

Fra i dem intanto si è appresso con soddisfazione del rapporto commissionato dall’associazione LibertàEguale, del costituzionalista pd Stefano Ceccanti, secondo cui gli italiani per il 70 per cento vorrebbero Mario Draghi ancora a Palazzo Chigi, mentre il 12 per cento preferirebbe la sua elezione a presidente della Repubblica.

Solo il 18 per cento vorrebbe che non rivestisse nessuno dei due incarichi. Dunque oltre l'80 per cento vorrebbe un suo ruolo guida. Ceccanti non ha mai fatto mistero di fare il tifo per il “congelamento” della coppia: Sergio Mattarella al Quirinale, Mario Draghi a palazzo Chigi.

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