Alle 17 e 10 nell’aula del Senato esplode un applauso liberatorio, in molti della maggioranza finiscono fuori dai banchi. Da quelli del governo la ministra Teresa Bellanova guarda la scena senza convinzione. Dopo la grande paura la maggioranza ce l’ha fatta. Ieri lo scostamento di bilancio è stato approvato con 165 sì, 121 astenuti e tre voti contrari, e subito dopo la Nadef, la Nota di aggiornamento con gli impegni del governo sulla prossima legge di bilancio, passa con 164 sì, 120 no e tre astenuti. «Sta andando tutto bene», commenta il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, da lontano, «al Senato c’è stato un ampio riscontro della tenuta della maggioranza: abbiamo superato il quorum minimo richiesto». Che non è evidentemente un ampio riscontro. Più tardi alla camera i numeri sono più distesi: 325 favorevoli, 199 contrari, 6 astenuti. La maggioranza si impegna a «garantire interventi per il rapido riavvio dei cantieri e il completamento delle opere infrastrutturali», investimenti in direzione del Green deal, a stanziare «significative risorse per il sostegno all’occupazione e ai redditi dei lavoratori più colpiti dall'emergenza sanitaria» e finanziare «il taglio del cuneo fiscale sul lavoro dipendente». «È il libro dei sogni», replica l’opposizione.

La tensione per tutto il giorno si concentra a palazzo Madama. Durante il dibattito, per aspettare anche i ritardatari, la maggioranza allunga la discussione e iscrive sette senatori a parlare fuori programma. Allungano il brodo, attaccano le opposizioni «ma se avete inaugurato un precedente basta saperlo, lo utilizzeremo anche noi dell’opposizione», avverte il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo. La destra accusa il governo e maggioranza di non aver accolto nessuna delle proposte delle opposizioni. E poi si astiene compatta sullo scostamento di bilancio. Alla fine la maggioranza è autosufficiente, ma di misura. E c’è chi percepisce un clima che non dice nulla di buono per un governo che si avvia in un nuovo tunnel di contagi, durante il quale la collaborazione con le opposizione sarebbe più che auspicabile.

Nei giorni scorsi gli sherpa di Pd e Cinque stelle avevano fatto e rifatto i calcoli e si erano attaccati al telefono per conoscere lo stato di salute di ogni collega. Un gesto di cortesia insolito. Le quarantene, se non i contagi, piovono da un giorno all’altro, e possono fare la differenza. Ieri la paura di non arrivare al numero magico della maggioranza assoluta necessaria per approvare lo scostamento di bilancio, 161, ha consigliato i capigruppo a convocare i colleghi ben prima del voto. Anche perché, il giorno prima, le raccomandazioni del parlamento per il Recovery fund erano state approvate con appena 148 sì. C’è un’aria che ricorda, dicono i senatori di lungo corso facendo gli scongiuri, quel 2008 in cui per un pugno di voti Romano Prodi perse per la seconda volta palazzo Chigi. Anche perché in parlamento, anche fra i peones, si è diffusa la certezza che se mai il governo Conte due dovesse inciampare, comunque mai si andrebbe a votare.

Alla fine va tutto bene ma non benissimo. Con la maggioranza non votano i due senatori del Movimento associativo italiani all’estero, Adriano Cario e Riccardo Antonio Merlo, assenti per Covid-19, e quattro pentastellati: Cristiano Anastasi e Virginia La Mura sono malati, Tiziana Drago e Marinella Pacifico sono in dissenso. Drago ormai vota sempre contro e ieri non si è presentata. Come Pacifico, che non aveva votato nemmeno l’ultima fiducia. Dal misto arrivano quattordici voti. Ne mancano però alcuni dell’opposizione responsabile, quelli in ‘dialogo’ con la maggioranza, come Gaetano Quagliariello. Oltre a lui, alla fine si sono astenuti anche gli altri due vicini al presidente della Liguria Giovanni Toti: Paolo Romani e Massimo Vittorio Berutti. Proprio quelli in predicato di fare un gruppo nuovo con alcuni forzisti, sul quale la maggioranza potrebbe contare, con le dovute forme. E invece le voci dentro al Senato raccontano che il giorno prima il presidente del Consiglio, in aula per le comunicazioni in vista della riunione del Consiglio europeo, non abbia saputo e voluto cogliere l’occasione di un gesto di riconoscimento politico. Per quei senatori che, pur non della maggioranza, spesso ne hanno assicurato la navigazione tranquilla, che al Senato così tranquilla non è.

Infatti alla fine il risultato, salutato con il tifo da stadio e con le parole di Conte, lascia capire che la maggioranza così forte non è: oltre ai 161 voti giallorossi, sono stati necessari quelli dei senatori a vita Mario Monti ed Elena Cattaneo. Ma sono stati decisivi il neosenatore del gruppo misto Raffaele Fantetti, ex Forza Italia, e Sandra Lonardo Mastella, che in un’intervista dei giorni scorsi aveva spiegato che «votare no sarebbe una follia, un gesto di irresponsabilità contrario agli interessi nazionali».

L’obiettivo è il voto a distanza

E continuerà così nei prossimi mesi, causa appunto Covid-19. Almeno finché non verrà regolato il voto a distanza per parlamentari in isolamento. Al Senato su questo non c’è ancora nessuna decisione. Alla Camera una prima potrebbe arrivare stamattina dalla giunta del regolamento. Il costituzionalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti ha raccolto 108 firme sulla sua proposta di «parlamento a distanza», perché «al di là delle concrete formulazioni proposte, si tratta di consentire a tutti, anche e soprattutto a coloro che potrebbero essere impediti, di svolgere il proprio ruolo di rappresentanti. Un obiettivo che dovrebbe essere caro a tutti». Dovrebbe essere caro soprattutto alla maggioranza che persino alla camera due settimane fa ha rischiato la Caporetto per non essere riuscita a garantire il numero legale per due volte lunedì scorso, addirittura sulle comunicazioni del ministro della Salute Roberto Speranza.

Forza Italia, che pure altre volte aveva votato a favore dello scostamento di bilancio, con il resto dell’opposizione, e che su questi temi ha un atteggiamento più dialogante rispetto agli alleati nazionalisti, ieri ha lanciato un avviso, nella dichiarazione di voto di Dario Damiani: «Restiamo alla finestra a vedere se avete i numeri per andare avanti e guardare al futuro del paese».

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