A Reggio Calabria domenica andrà in scena il ballottaggio tra il sindaco uscente del partito democratico, Giuseppe Falcomatà, e il leghista Antonino Minicuci. Il leghista, avete letto e capito bene. La Lega sogna il colpaccio che riporterebbe la destra al governo della città affacciata sullo stretto di Messina. Impresa difficile, ma non proprio impossibile. Per Matteo Salvini sarebbe una boccata di ossigeno dopo i modesti risultati del voto in Toscana e Puglia.

E del resto Salvini è ottimista anche perché alle regionali di gennaio scorso in Calabria ha vinto con il centrodestra unito, ha contribuito a fare eleggere governatrice Jole Santelli e il suo partito sovranista, ex padano, ha ottenuto una storica entrata in giunta, ricevendo due poltrone per un solo uomo: Nino Spirlì, vicepresidente e assessore alla Cultura. Uno a cui piace esagerare, definito dai giornali di destra «intellettuale eccentrico».

Spirlì è gay dichiarato e anche molto cattolico. Leghista, però, duro e puro: «Userò le parole negro e frocio fino all’ultimo dei miei giorni, che fanno mi tagliano la lingua per impedirmelo?». È la sua articolata riflessione pronunciata a Catania durante un incontro organizzato dalla Lega a difesa di Matteo Salvini che dovrà affrontare il processo per sequestro di persona per il blocco della nave Gregoretti lasciata al largo delle coste italiane con centinaia di migranti a bordo.

Calabria ligure

Il candidato della Lega a sindaco di Reggio a differenza di Spirlì non si è fatto notare per particolari intemperanze lessicali. Da tempo al nord per lavoro, Minicuci è originario di Melito Porto Salvo, paese a pochi chilometri dalla città di cui vuole diventare primo cittadino. Non avrebbe mai immaginato di essere della partita e di poter addirittura diventare il primo conquistadores leghista di un comune del Sud sopra i centomila abitanti. Seppure estraneo alla politica, Minicuci ha sempre lavorato negli uffici governati dai politici che hanno amministrato province, regioni, comuni.

Il candidato della Lega ha svolto il ruolo di segretario generale in diversi comuni, l'ultima esperienza a Genova dove era direttore generale. Anche il solido rapporto di amicizia con Giovanni Toti, presidente della regione Liguria, lo ha agevolato nella candidatura, tanto che a Reggio è comparsa una lista “Cambiamo con Toti” a suo sostegno. Un legame particolare quello del governatore Ligure con i calabresi: uno dei finanziatori più generosi della sua fondazione Change è stato Giovanni Calabrò, un reggino residente a Montecarlo, condannato in via definita per bancarotta e amicizie con personaggi contigui alla ’ndrangheta.

«Non so chi sia Calabrò. Toti è un amico, così come Bucci, il sindaco di Genova, entrambi hanno avuto un ruolo importante nella mia candidatura», dice Minicuci. Al primo turno, 'Cambiamo con Toti' ha contribuito con il 4,39 per cento al complessivo 33,69 per cento ottenuto da Minicuci. Quattro punti in meno dal rivale, Giuseppe Falcomatà. Non tantissimi con un ballottaggio orfano di decine di liste escluse al primo turno.

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Ha fatto anche cose buone

Minicuci a Reggio ha già lavorato nella provincia all’epoca presieduta da Giuseppe Raffa. Alla fine Raffa è finito in disgrazia: sotto processo, coinvolto nell'inchiesta che ha messo alla sbarra uomini dei clan, politici e professionisti. Sul passato della città, Minicuci fa un parallelo con gli anni di governo del centrodestra. «In città, con Falcomatà, c'è il nulla assoluto. Quando c'era Giuseppe Scopelliti, almeno, c'era fermento e iniziativa». Un fermento che non ha portato bene a Scopelliti che è stato condannato, in via definitiva, a quattro anni e sette mesi di carcere per falso in atto pubblico per il mega buco di bilancio che dissanguato le finanze pubbliche della città.

Nel nome di Giorgetti

Ora Minicuci prova a riportare il comune a destra, come ai tempi di Scopelliti. E' stato scelto dai vertici del partito, dice al Domani, ma soprattutto da Giancarlo Giorgetti, il vice di Salvini ed ex sottosegretario, che ha conosciuto negli anni novanta, quando si sono fronteggiati per le frasi razziste di alcuni esponenti della Lega Nord. Il passato è passato e Minicuci nel frattempo ha abbracciato la causa del leghismo nazionalista.«La mia candidatura è stata suggerita da Giancarlo Giorgetti, che stimo molto». Un rapporto che nasce negli anni novanta. «All'epoca da giovane rappresentante regionale dei segretari comunali, ho combattuto una battaglia contro la Lega, e ho vinto, per un episodio di razzismo. Sono riuscito a far dimettere alcuni assessori della giunta di Rovato, in provincia di Brescia». Assessori rimossi per frasi razziste contro alcuni dirigenti non padani.

In quegli anni è maturata la stima per Giorgetti, che è durato nel tempo tanto da spingere Minicuci a passare da avversario a candidato della Lega. Di un partito non più anti meridionalista ma anti immigrazione: il nemico non è più il calabrese, il siciliano, il sardo, ma il «negro», per usare un termine tanto caro all’altro leghista, Nino Spirlì, vicepresidente della regione Calabria.

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