Nella sua intervista al Corriere della Sera del 16 marzo, Eugenia Roccella sostiene che i figli di coppie dello stesso sesso che provengono da maternità surrogata perdono il diritto all’origine, cioè il diritto di sapere da dove provengono.

Ciò accade, spiega Roccella, perché «il genitore biologico viene cancellato». Lasciamo perdere le questioni di fatto: il genitore biologico viene cancellato in che senso? Se ne perde memoria? Non se ne può parlare? Oppure il problema è che non esercita responsabilità genitoriale?

Da dove veniamo? Il diritto di saperlo

La cosa interessante è l’idea di un diritto all’origine, alla conoscenza della propria provenienza. La pulsione che questo diritto dovrebbe soddisfare è evidente. Tutti ci chiediamo da dove veniamo, come individui e come specie.

E la nostra mente e la nostra cultura sono piene soprattutto di storie, di miti, di spiegazioni che illuminano l’origine del mondo, delle cose, degli esseri umani, delle loro società. E tutti ci teniamo, in qualche senso, alla nostra identità personale, anche se non è chiaro di che cosa si tratti, né se abbiamo veramente un’identità univoca. Ma si possono distinguere vari elementi di tutto questo.

Il materialismo paradossale di Roccella

Le nostre origini, per esempio, per quanto importanti, non possono costituire la nostra identità, almeno in un senso non banale. Certo, ognuno di noi ha un certo patrimonio genetico, che è stato fissato in qualche momento durante il processo di concepimento.

La biologia, in questo senso, è un dato inevitabile. Ma è anche sufficiente? Due gemelli omozigoti sono la stessa persona? Le differenze di carattere che potrebbero separarli non contano? E la storia? Se i due gemelli hanno storie diverse, per quanto simili, questo non conta?

Non è l’identità di ognuno di noi il prodotto di tutti, o di molti degli eventi che abbiamo vissuti? Chi ci ha curato dopo la nostra nascita e come l’ha fatto sono fatti irrilevanti? E chi ci ha curato e come l’ha fatto ha qualcosa a che vedere con la relazione biologica eventuale che ha con noi?

Ancora una volta, Roccella è cieca di fronte alla realtà dei rapporti umani di cura, che prescindono quasi totalmente dalla biologia. Siamo di fronte a una posizione brutalmente materialista. Una posizione paradossale per una credente.

Le origini sono nella storia, non nella biologia

Ma torniamo alle nostre origini. Veramente le nostre origini sono tutte nella biologia? Sono tutte un affare di ovuli, materiali biologici e così via?

O non sono le nostre origini anche e soprattutto un fatto di intenzioni di chi ha fatto sì che venissimo al mondo e di chi ha voluto che continuassimo a restarci? Le nostre origini stanno nei progetti di vita di chi ci ha preceduto, nelle sue immaginazioni, nelle sue proiezioni, nei progetti di vita e nelle relazioni.

Le nostre origini stanno nella storia della nostra famiglia, di chi la componeva, di chi ha scelto di prendersi cura di noi. Le nostre origini stanno nei sentimenti e negli impegni di queste persone.

Queste origini possono andare molto più lontano di un concepimento biologico: possono spingersi alla storia di tanti individui, alle loro scelte di vita e agli eventi, magari anche casuali, che li hanno determinati.

Possono entrare nella storia di un paese, di una parte del mondo. Delle nostre origini possono far parte l’unità d’Italia, le scelte di politica economica dei governi italiani durante il boom economico: i nostri genitori si sono incontrati, magari, perché sono emigrati da una parte all’altra del paese, perché facevano lo stesso lavoro, e così via. E queste origini possono almeno in parte soddisfare la nostra ansia di sapere chi siamo e da dove veniamo.

Le origini non esauriscono l’identità

Solo in parte, naturalmente. Perché tante persone possono condividerle, origini del genere. Molti vengono da quella storia, da quelle scelte di politica economica. E tutti veniamo da un concepimento: le origini biologiche sono le più indifferenziate, almeno per chi non prigioniero di mitologie del sangue e della razza, per le quali avere certi presunti patrimoni genetici che si rivelano in tratti del corpo o del carattere è un valore. Ma questo è razzismo e genetica strampalata.

Le origini sono comuni, dunque, e non distinguono con precisione gli individui che le hanno. Eppure, io sono un individuo specifico, con una storia e tratti particolari, una variazione precisa della storia nazionale, o della storia del mondo. Ed è questo che fa la mia identità. E l’origine, quindi, non può esaurire l’identità. L’identità non può che derivare dalla mia storia specifica: ancora una volta, da chi mi ha accolto, mi ha curato, ha vissuto con me parti rilevanti della mia vita.

Che c’entra questo con la biologia? Che c’entra questo con il sesso o l’orientamento sessuale dei miei genitori? Perché l’identità di un bambino o di una bambina concepits da una madre e cresciuto da una coppia di padri, di comune accordo, con tutto l’amore possibile, dovrebbe essere problematica?

Francamente, talvolta, si vorrebbe che persone come Roccella si facessero una sana chiacchierata con i molti bambini e bambine in situazioni del genere, per constatare la saldezza sorridente delle loro identità.

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