«Non vogliamo più la pacca sulla spalla, non ci interessa che ci dicano bravi. Ma bravi cosa? Vogliamo vedere azioni, vogliamo vedere un cambiamento». La veemenza di Giorgio Brizio, 19 anni, attivista Fridays for future di Torino, illustra bene lo spirito con il quale il movimento scende in piazza oggi in Italia per lo sciopero nazionale per il clima, quasi un senso di esasperazione nei confronti di un dialogo con la politica che finora nel migliore dei casi è stato paternalista e nel peggiore greenwashing. Il 25 settembre c’era già stata una prima e più limitata giornata di mobilitazione italiana, allineata con lo sciopero globale.

Da noi i Fridays for future hanno scelto il secondo venerdì di ottobre invece dell’ultimo di settembre per il primo grande evento sul clima durante la pandemia, col doppio obiettivo di non pesare sulla riapertura delle scuole e di essere più politicamente prossimi alle decisioni che hanno maggiormente a cuore, quelle su come usare i fondi Next Generation Eu.

«Una quantità di soldi così importante non è mai arrivata e non tornerà mai più. È un’opportunità irripetibile per cambiare il futuro», è l’analisi di Alice Franchi, vent’anni, attivista e studentessa di economia dello sviluppo a Firenze. «Ci hanno sempre visto come i ragazzi un po’ ingenui con i cartelli in mano, ma quei cartelli hanno cambiato il modo in cui il mondo parla del clima. Ora però è il momento di passare all’azione».

La pandemia

La pandemia è stata un periodo di svolta per il movimento, durante il lockdown gli attivisti hanno collaborato con 300 scienziati e hanno messo a punto Ritorno al futuro, il piano che ha trasformato i cartelli degli anni passati in una proposta politica. 

Decarbonizzazione, riconversione energetica, transizione ecologica, abolizione dei sussidi ambientalmente dannosi, giustizia climatica e sociale, rafforzamento del ruolo pubblico nell’economia, potenziamento del Green deal europeo.

Fino al 2019 dei Fridays for future italiani conoscevamo bene i venerdì, ora c’è anche il futuro che chiedono, messo nero su bianco. Lo sciopero di oggi serve a presentarlo in piazza, ma il piano è noto da aprile. In questi mesi hanno ricevuto solo apprezzamenti verbali.

Dalla protesta alla proposta

«Il ministro dell’ambiente Costa ci aveva chiesto di passare dalla protesta alla proposta, noi le proposte le abbiamo fatte davvero. Abbiamo consegnato il piano nelle mani di Conte mesi fa. Il presidente del Consiglio sa, il ministro dell’ambiente sa, Fico e Casellati sanno, le istituzioni locali e regionali sanno, ma non c’è stata ancora nessuna reale interlocuzione», spiega Brizio.

La difficoltà nella conversazione sta nel fatto che i due interlocutori ragionano su due scale temporali diverse. Per il governo ci sono i due anni e mezzo che rimangono per la fine di questa legislatura. Il conteggio al quale guardano i Fridays italiani e di tutto il mondo è quello scandito dall’orologio che ora si trova a Union Square, New York, e che segna l’avvicinamento alla fine del carbon budget, le emissioni che al ritmo attuale ci possiamo ancora permettere per rimanere all’interno degli accordi di Parigi del 2015.

Da oggi mancano sette anni e una manciata di giorni, quando quel conteggio sarà arrivato a zero quasi nessuno dei Fridays for future avrà ancora compiuto trent’anni. Rischiano di diventare adulti in un mondo che non avrà più tempo per salvarsi.

Prospettive diverse

È anche da questa discrepanza nelle prospettive che nasce l’esasperazione di oggi: «Nel 2015, dopo Parigi, dicevano che il 2020 sarebbe stato l’anno fondamentale per l’azione climatica», dice Alice Franchi.

«Ora siamo nel 2020, è successo tutto quello che è successo, e la Cop26 di Glasgow non si è nemmeno fatta». I Fridays for future hanno visto i loro temi scivolare costantemente indietro nell’agenda: anche per questo hanno articolato una nuova proposta, che unisce il clima alla salute, alla sanità, alle battaglie per il lavoro, ai diritti, alla ricerca.

Sono fluidi, senza leader riconoscibili, quasi invisibili sui media tradizionali e con poca struttura. Oggi diventano un soggetto politico.

«Sono la persona meno radicale che possiate immaginare, ma non c’è nessuna alternativa a decisioni radicali sul clima», dice Giacomo Zattini, 24 anni, studente di Scienze internazionali e diplomatiche a Forlì: «Comprendiamo le difficoltà della politica, ma il governo Conte sarà colpevole di tutto quello che non farà per la battaglia climatica in questi due anni».

L’accusa di greenwashing

Ed è qui che arriva l’accusa di greenwashing, che rivolgono non solo alle aziende (Eni è già diventato un nemico consolidato) ma anche alla politica.

«Ci sono dei post del ministro Costa che sembrano scritti da un nostro attivista intrufolato nel suo profilo di soppiatto, sono perfetti nell’analisi e nella lettura delle cose, ma Costa non è un attivista, è il ministro dell’ambiente e dovrebbe fare altro che post sui social».

I numeri dello sciopero sono imprevedibili, non solo per la difficoltà di organizzare un evento nazionale rispettando le regole del distanziamento.

Nel futuro dei Fridays for Future c'è un'azione sempre meno simbolica e sempre più politica, «la nostra è cittadinanza attiva che nasce per colmare i gap di risposte che la politica non sa dare, come Black lives matter, le ong nel Mediterraneo, i braccianti guidati di Aboubakar Soumahoro. Il futuro è l'intersezionalità delle lotte».

© riproduzione riservata

© Riproduzione riservata