Sembrava solo un episodio grottesco ma marginale, eppure dopo l’imbarazzante intervista televisiva all’ormai ex commissario alla Sanità, Saverio Cotticelli, in Calabria si è scatenato un effetto domino. In poco più di una settimana è successo di tutto. Una girandola di nomi, di ipotesi e di scenari. Un mese fa era improvvisamente venuta a mancare la presidente della regione, la forzista Jole Santelli, e sembrava già un grosso danno, evidentemente destinato a non essere l’unico.

La bufera mediatica che ha travolto l’ex generale dei carabinieri, costretto alle dimissioni direttamente dal premier Giuseppe Conte, è stata seguita da altri video tra il tragico e l’esilarante del neo commissario Giuseppe Zuccatelli, che ha preso il posto di Cotticelli e si è insediato non senza polemiche nella giornata di ieri, non rilasciando alcuna dichiarazione. Zuccatelli un lungo curriculum da manager della sanità pubblica, già candidato Leu e uomo fidato di Bersani, era già commissario dell’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio e dell’Aou Mater Domini di Catanzaro.

La sortita autolesionista di Cotticelli appare ancora più misteriosa perché il 18 giugno scorso aveva già approvato il piano Covid che prevede un incremento di 134 posti letto di terapia intensiva e 123 di subintensiva, e lo aveva trasmesso il 20 al ministero della Salute. Il successivo 6 luglio il piano è stato poi inviato al Commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri, e dopo alcune integrazioni ha ricevuto l’ok del ministero della Salute il 16 luglio. Da lì però è iniziato un braccio di ferro tra commissario ad acta e presidenza della regione per la gestione delle risorse per implementare il piano.

Così Cotticelli ha chiesto un parere al ministero che, come si vede nella lettera mostrata nella famigerata intervista tv a ottobre, ha confermato la sua competenza e responsabilità nella gestione del piano da lui redatto.

Il decreto

Intanto però è entrato in campo un ulteriore elemento: il nuovo decreto Calabria, approvato una settimana fa dal consiglio dei ministri e, a quanto si apprende, rimaneggiato più volte fino alla stesura finale pubblicata in Gazzetta ufficiale.

Il nuovo decreto segue a ruota il primo voluto dall’ex ministra della Salute, Giulia Grillo, e prolunga il commissariamento della sanità di altri due anni prorogabili a tre. Previsto anche uno stanziamento di 180 milioni per il triennio 2021-2023 e altri 15 milioni per il sistema di programmazione e controllo della sanità regionale. Ma a preoccupare molti calabresi è la nuova super struttura commissariale composta da 25 unità per un costo complessivo di ulteriori 3,5 milioni che si sommano a tutto il resto e che peseranno sulle tasche dei cittadini.

La sanità della Calabria resta il malato cronico del Servizio sanitario nazionale con i suoi insufficienti livelli essenziali di assistenza, le strutture fatiscenti e la carenza cronica di personale sanitario. Eppure è commissariata in varie forme dal dicembre 2007 e oggi la regione si trova nella fascia rossa più per carenza di posti letto e di personale curante che per il numero di contagi.

Nonostante il valzer di commissari presenti e passati, nulla cambia. Cosa servirebbe? Per Ettore Jorio, professore di Diritto civile della salute e dell’assistenza sociale all’Università della Calabria e protagonista nel 2008-2009 del primo commissariamento voluto dall’allora governo Prodi e affidato alla Protezione civile, «la situazione è drammatica e non trova nei più recenti provvedimenti legislative le soluzioni idonee. È necessario uno strumento commissariale di qualità che conosca la Calabria e le sofferenze dei calabresi». Insomma il prossimo commissario dovrà avere competenze e capacità «ma dovrà anche essere affiancato da sub commissari capaci di ricostruire le macerie prodotte da 10 anni di commissariamenti distruttivi».

Intanto aleggia il nome di Gino Strada come super commissario per l’emergenza Covid, una specie di entità morale evocata prima da Sardine e una parte del Movimento 5 stelle e poi direttamente dal premier Conte che gli ha fatto una telefonata e sta studiando per il fondatore di Emergency un qualche profilo non tanto regionale, ma nazionale «ad ampio spettro». Su Strada è intervenuto a gamba tesa l’attuale presidente reggente, Nino Spirlì, che in televisione è sbottato: «La Calabria è una regione dell’Italia, non abbiamo bisogno di missionari». Ma sul medico milanese non c’è accordo neanche al governo. L’idea non piace a Italia viva e a parte del Pd, e persino nel M5s qualcuno non è entusiasta.

Difficile poi, qualora accettase davvero, immaginare una coabitazione tra Strada e Zuccatelli. Insomma la strada per il cambiamento della sanità in Calabria rimane in salita e piena di ostacoli al di là di dichiarazioni improvvide e decreti lastricati di buone intenzioni.

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