Matteo Salvini, dall’uscita dell’udienza del processo sulla vicenda Open Arms, lo attacca: «Il segretario del Pd per ricordare di esistere ogni giorno deve inventarsene una: dal voto ai 16enni allo ius soli, a Salvini che tiene in ostaggio un consiglio dei ministri». Matteo Renzi, dall’assemblea di Italia viva gli lancia la «sfida riformista»: «Siamo pronti al confronto su tutti i punti ma va spezzata la catena d’odio che la politica italiana ha creato in questi anni e che ha un grande responsabile: l’atteggiamento di Beppe Grillo».

La prima settimana dell’era Enrico Letta è un tempo troppo breve per un primo bilancio. Eppure già traspare la strategia del segretario per quello che lui stesso ha definito «il nuovo Pd». L’attacco al leghista sul decreto Sostegni («Bene i ministri. Male, molto male che un segretario di partito tenga in ostaggio per un pomeriggio il consiglio dei ministri (senza peraltro risultati») ha fatto saltare i nervi all’ex «capitano» che ormai lo tratta come il suo avversario numero uno.

Quanto al leader di Iv, fin qui arroccato in un atteggiamento di sufficienza verso i suoi ex compagni di partito, ora non può non fare i conti con la «novità» del Nazareno. Conti che gli costano parecchio: il suo partitino è valutato dai sondaggi al 2 per cento. L’affaire Riad resta devastante. La sua stella politica è in fase calante, quella dell’ex premier da lui defenestrato nel 2014 è in ascesa.

Letta, appena insediato, ha messo la quarta nella riorganizzazione del partito. Anche quella interna. Ha nominato i suoi vice (Tinagli e Provenzano) e la segreteria. Ha azzerato il pasticcio delle candidature romane e saldato i rapporti con il gruppo degli europarlamentari (dove siede Tinagli), pur lasciando al suo posto il presidente,Brando Benifei, che si era presentato alla discussione da dimissionario. Ha riaperto i canali di confronto con Carlo Calenda, fin qui molto sofferti, e incontrato il leader della Cgil Maurizio Landini. Anche la prossima settimana la sua agenda è zeppa di appuntamenti.

Rebus gruppi parlamentari

Martedì mattina vedrà i deputati, nel pomeriggio vedrà i senatori. Su entrambi gli appuntamenti il segretario non vuole mettere troppa enfasi. Ma è chiaro che i due confronti sono uno snodo cruciale del cambio di passo: a Bruxelles Letta ha annunciato agli europarlamentari il suo «fiato sul collo». A Montecitorio e a palazzo Madama ascolterà con grande attenzione il dibattito e ne rispetterà l’autonomia. Probabilmente i due presidenti si presenteranno dimissionari, come è prassi nel caso di cambio di segretario. Negli scorsi giorni è circolato il nome di Paola De Micheli alla guida del gruppo dei deputati; nella realtà l’ex ministra non ha nessuna chance. Nel gruppo del senato sarebbero pronti a «rientrare a casa» i renziani Leonardo Grimani e Eugenio Comincini, una carta che l’attuale capogruppo Andrea Marcucci potrebbe giocare per restare al suo posto. Che però risulta traballante. Circola il nome dell’ex ministra Roberta Pinotti e quello di Anna Rossomando, vicepresidente del Senato e nuova entrata nella segreteria che mercoledì verrà riunita per la prima volta. Il coordinatore sarà Marco Meloni, ex deputato, collaboratore da sempre del nuovo segretario e già direttore della Scuola di Politiche.

Ma è persino più importante la partita che Letta aprirà nei territori. In queste due settimane i circoli dem di tutta Italia discutono il «vademecum» con il nuovo programma politico e le «agorà democratiche» per aprire il partito all’esterno, in primis a quelli che lo hanno abbandonato, una morìa palpabile nel calo degli iscritti. Subito dopo Letta riunirà i segretari regionali e quelli cittadini per un primo confronto anche sulle amministrative. Dove comincerà a misurare, su scala locale ma con uno sguardo nazionale, la fattibilità della sua idea di coalizione di ispirazione ulivista ma allargata ai Cinque stelle. Renzi chiede una netta presa di distanza dal partito di Beppe Grillo, ma il peso di Iv sui territori è quasi ovunque trascurabile.

Le amministrative si svolgeranno in autunno, pandemia permettendo, in una data compresa tra il 15 settembre e il 15 ottobre. Andranno al voto venti milioni di italiani, oltre 1300 comuni, fra cui Bologna, Milano, Napoli, Roma, Torino e Trieste. Solo a Milano il candidato del centrosinistra è quello naturale, il sindaco uscente Beppe Sala. In tutti gli altri casi Letta utilizzerà il «metodo Roma», quello con il quale ha rimesso ordine alle brame delle cordate e stabilito che si azzera tutto e si ricomincia da capo con un altro metodo. Letta sa che la fase di prova del «nuovo Pd» finisce con le amministrative. E che dopo il voto unanime dell’assemblea di un partito senza alternative al declino, le grandi città saranno il primo vero esame della sua segreteria.

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