I magistrati attaccano frontalmente il ministero della Giustizia. L’atto di accusa è contenuto in pochi paragrafi che fotografano la situazione della giustizia nei tribunali italiani al tempo del Covid-19, secondo la prospettiva delle toghe. «La pandemia avanza nei palazzi di giustizia e le istituzioni competenti sono a oggi silenti», scrive la giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati.

L’elenco delle carenze e dei disservizi è lungo e dettagliato: «Applicativi inadatti per celebrare udienze a distanza, con reti di connessione inefficaci; la trattazione scritta è consentita solo fino al 31 dicembre, con un procedimento per di più macchinoso; mancano le annunciate dotazioni informatiche per lo smart working del personale giudiziario; magistrati, avvocati, personale amministrativo e utenti continuano a utilizzare aule e spazi inadatti a ospitare le udienze in presenza».

La magistratura associata individua anche una chiara responsabilità: la colpa non è dei magistrati «che continuano a rendere il servizio giudiziario, senza timore di esporsi in prima persona» e «non intendono essere identificati come responsabili delle carenze diffuse nonché dei rischi cui vengono esposti gli operatori e gli utenti». La conclusione è secca e la responsabilità è «dell’assenza delle istituzioni cui la Costituzione affida l’organizzazione del sistema giustizia».

Le iniziative del ministero

Critiche circostanziate, ma soprattutto improvvise. Il ministero della Giustizia ha fatto sapere che sono allo studio misure per migliorare il più possibile il servizio nei palazzi di giustizia, con un pacchetto di interventi che dovrebbero bilanciare le esigenze di giustizia con quelle della salute pubblica. L’obiettivo cardine è quello della digitalizzazione e per questo si stanno vagliando anche misure di deposito telematico degli atti per gli avvocati. Poche settimane fa, via Arenula ha sottoscritto un accordo con i sindacati dei dipendenti pubblici proprio in materia di smart working, che prevede che i lavoratori da remoto possano utilizzare la cosiddetta “consolle” delle cancellerie, che permette di accedere a gran parte dei registri e di gestire i fascicoli. Perché questo fosse possibile, il ministero ha acquistato oltre 12mila pc portatili, a cui se ne aggiungeranno presto altri 8mila.

La giunta uscente

Sul fronte politico l’attacco dell’Anm ha suscitato reazioni discordanti anche tra le correnti. L’associazione viene da un periodo burrascoso di gestione quasi commissariale dopo lo scandalo Palamara e il 20 ottobre si sono concluse le votazioni per eleggere il nuovo comitato direttivo centrale. La nuova giunta esecutiva, che è l’organo direttivo, non è ancora stata nominata ma dovrebbe venire costituita il 7 novembre. Come confermato dai neoeletti, l’atto di accusa nei confronti del ministero è stato quindi firmato dalla giunta esecutiva uscente, presieduta dal leader di Area Luca Poniz (e primo degli eletti nella nuova elezione), che ha agito sul filo del limite di tempo massimo del suo mandato. Non c’è stato alcun confronto con i nuovi membri del sindacato, dove ancora non sono chiari i rapporti di forza. In Area, la corrente maggioritaria con 11 eletti e che punterebbe a una presidenza Poniz bis, il documento è considerato condivisibile nei contenuti, visto anche il malcontento che sta montando tra i colleghi per la situazione dei contagi in molti tribunali, tra i quali quello di Milano.

Stretto no comment, invece, sul fronte opposto di Magistratura indipendente, messa ai margini nella scorsa giunta ma che ha conquistato 10 eletti all’ultima tornata elettorale. Le toghe moderate hanno scelto di non ingaggiare da subito uno scontro diretto, ma l’iniziativa della giunta uscente è stata accolta con freddezza e col sospetto che sia un modo per marcare il territorio anche per i prossimi 4 anni.

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