«Furbizie, bizantinismi, insomma un tentativo di dare una spallata al governo Conte? Sono certa che Zingaretti non parli a chi, come noi, esprime un no al taglio dei parlamentari nel merito e dopo un attento studio della riforma. Così come sono certa che Zingaretti non attribuisca retropensieri all’Anpi. Ma certo, Zingaretti parla di manovre, l’unica cosa che sanno fare i renziani, e io sono d’accordo con lui». La sardina Jasmine Cristallo, frontwoman della campagna “Così no” per il referendum del prossimo 20 e 21 settembre, dice che loro hanno «nella Costituzione un faro», sono «favorevoli alle riforme ma fatte con giudizio e senza penalizzare la rappresentanza dei cittadini», fanno «sin dall’inizio battaglie contro il populismo» e ora vogliono «smontare il repertorio populista del sì».

Il fatto però è che la situazione ha del paradosso: nato per fermare l’avanzata della Lega alle scorse regionali, il movimento ha dato una poderosa mano alla vittoria del centrosinistra in Emilia-Romagna. Ma oggi potrebbe trovarsi nell’incresciosa condizione di dare un altrettanto poderoso quanto involontario e inevitabile aiuto a una sconfitta in Toscana, una regione ugualmente – se non più – simbolica per quell’area politica. Eterogenesi dei fini, scherzi del destino. Per le sardine non è così: «Il nostro tour contro le destre nelle regioni che vanno al voto è passato anche per la Toscana: Marina di Pisa, Grosseto, e presto a Cascina».

Ma l’election day rischia di creare un cortocircuito fra il voto referendario e quello per le regionali. Colpa del Pd e del suo segretario, per Jasmine: «Sarebbe stato meglio se avesse lasciato libertà di scelta». Ma «libertà di scelta» Zingaretti non la può lasciare visto che – come ha scritto con una lettera a Repubblica il primo settembre – considera ipocrita «chi sostiene che perdendo le regionali» ma anche «vincendo il no al referendum, si potrebbe continuare tutto come prima, senza riflessi sulla tenuta del governo e sulla vita della legislatura».

E infatti alla direzione convocata per lunedì 7 settembre il Pd darà indicazione ufficiale per il Sì, nonostante gli autorevoli dissensi (fra gli altri Gianni Cuperlo, Luigi Zanda, Matteo Orfini, per non parlare di Giorgio Gori e Tommaso Nannicini, fondatori di uno dei primi comitati per il No). Un bel guaio. Proprio in Toscana, storico feudo rosso ormai ridotto a una – qualsiasi – regione in bilico. Proprio a Firenze le sardine stanno organizzando una delle rare manifestazioni in presenza, Covid permettendo, il 17 settembre.

Prima, il 12, però, terranno un’iniziativa contro le destre a Cascina, in provincia di Pisa. E però in quelle stesse ore parteciperanno anche a una manifestazione per il No a Roma, in piazza dei Santi Apostoli, luogo simbolico dell’Ulivo e delle vittorie di Prodi. E a Modena, alla festa nazionale del Pd, Mattia Santori, il volto più noto di tutto il movimento, sosterrà le ragioni del No. Alla vigilia del comizio finale di Zingaretti, in cui il segretario rilancerà la sua tesi: chi vota No, ed espone la maggioranza a una sconfitta, dà una mano alle destre proprio ora che la stella di Salvini si offusca.

Torniamo alla Toscana. Sempre il primo settembre il Sole 24 Ore ha pubblicato un sondaggio Winpoll-Cise secondo cui il margine di scarto fra il candidato di centrosinistra Eugenio Giani – fortissimamente voluto da Matteo Renzi e accettato con rassegnazione dal Pd – e la candidata della destra, la leghista Susanna Ceccardi, è di uno scarsissimo 0,5 per cento (43 contro 42,5). In regione circolano altri sondaggi, con dati assai più tranquillizzanti per il Nazareno. A cui però non dispiace la drammatizzazione del pericolo: spingerà il popolo della sinistra ad andare a votare per Giani. Anche turandosi il naso. E per dimostrare la tesi vengono ricordati sondaggi non meno drastici alla vigilia delle elezioni emiliane del 2019 che provocarono uno scatto di orgoglio.

Svelenire il clima

Andrà così anche stavolta? Stavolta però nella scheda toscana, lato sinistra-sinistra, c'è il nome di Tommaso Fattori per il quale Giani e Ceccardi «pari sono» (letterale: «Giani e Ceccardi sono d'accordo su tutto, sanità, autonomia differenziata, aeroporto, inceneritori e soldi alle scuole private»). Fattori è candidato della lista Toscana a sinistra, ha un profilo civico e alle regionali del 2015 ha preso un ragguardevole 6,28 per cento. All'epoca aveva appena scalfito il 48 per cento dell’allora vincitore Enrico Rossi contro il 20 del suo sfidante, il leghista no euro Claudio Borghi.

Oggi però quelle cifre sono lontane. E la coincidenza del voto regionale con quello del referendum non aiuta Giani. Per questo oggi l'uscente Enrico Rossi, pure schierato per il No, prova a svelenire il clima fra sostenitori di Sì e No a sinistra. Con Vannino Chiti, altro vecchio saggio del Pd toscano, per oggi pomeriggio ha organizzato una conferenza stampa a Firenze. «Non trasformiamo il referendum in un giudizio di Dio, in un voto che rischia di attizzare un conflitto e di dividere la sinistra dai Cinque stelle», dice Rossi.

«Io voto no, ma è legittima ogni scelta e non ci sono sul tappeto né tradimenti della Costituzione né pregiudizi contro le riforme. Dunque qualunque sia l’esito, cerchiamo di contribuire al dopo: se vince il Sì resteranno le riforme da fare, dalla legge elettorale ai regolamenti parlamentari. Ma lo stesso se vince il No: il taglio dei parlamentari era una riforma ormai matura nel centrosinistra».

Una linea che dà una mano al Pd, che ufficializzerà la sua lunedì, spiegano dal Nazareno: «L’indicazione è votare sì, ma la sommatoria fra il voto del referendum e quello per le regionali non c’è. Le due schede non sono sovrapponibili».

© Riproduzione riservata